
L'ultima beffa
Omicidio Regeni, nuovo stop del processo e atti alla Consulta. Accolti i rilevi dei difensori dei quattro imputati
La Prima Corte di Assise accoglie la questione di costituzionalità avanzata dalla difesa e invia tutto alla Corte Costituzionale. Il ricercatore italiano è stato rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016
Sospeso il processo per il sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni. Sciogliendo la riserva, la Prima Corte di Assise ha accolto la questione di costituzionalità sollevata dai difensori dei quattro 007 egiziani in merito al diritto di difesa e in particolare sull’impossibilità del gratuito patrocinio per la nomina di consulenti tecnici. I giudici ritenendo la questione ”non manifestamente infondata” e ”rilevante” al fine della definizione del giudizio, hanno disposto l’immediata trasmissione degli atti alla Consulta.
Con un ordinanza di 22 pagine la corte dubita della legittimità della norma
Nelle 22 pagine di ordinanza la Corte d’ Assise dubita della legittimità costituzionale della norma che ”laddove consentendo alle parti private la nomina di un consulente tecnico a spese dello Stato, rinvia alla disciplina sul gratuito patrocinio, segnatamente all’art. 102, che, a sua volta, condiziona la nomina e la conseguente liquidazione quale spesa anticipata dall’Erario all’avvenuta ammissione al patrocinio, non consentendo la nomina del consulente tecnico con anticipazione a carico dell’Erario da parte del difensore d’ufficio che assista un imputato, dichiarato assente”. I giudici scrivono che ”A un processo straordinario, nel senso della sua instaurazione in deroga agli ordinari criteri del processo in assenza posti dall’art. 420 bis. commi 1 e 2 c.p.p., devono conseguire adattamenti di istituti concepiti sulla base di presupposti diversi”. ”Né può sottacersi che, nell’eventualità di condanna di uno o più degli imputati, risulterebbe di fatto impossibile per il difensore la proposizione di un’impugnazione volta a riesaminare i temi di prova”, viene riportato nell’ordinanza.
Corte di Assise: norme censurate non conformi ai principi del processo penale
”Ogni qualvolta, dunque, il difensore non sia posto in condizione di confutare efficacemente tramite propri esperti le conclusioni dei consulenti dell’accusa vi è violazione del diritto alla parità delle parti e alla possibilità di confutare adeguatamente ogni elemento di prova a carico: valori tutelati a livello sovranazionale quale profilo specifico del diritto di difesa e dell’equo processo convenzionale”, concludendo che ”tutto quanto argomentato porta alla conclusione secondo cui le norme censurate, vietando di fatto ai difensori, nei termini illustrati, il libero esercizio di una facoltà loro spettante, in quanto insita nei diritti inviolabili di difesa e di parità della armi nonché del principio di uguaglianza, idonee a limitarne il pieno esercizio quale garantito dagli ambiti costituzionali e sovranazionali richiamati, risultano non conformi ai principi fondamentali che governano il processo penale”. Da qui l’invio degli atti alla Consulta e la conseguente sospensione del processo per il sequestro e l’omicidio del ricercatore friulano, ucciso in Egitto nel 2016.
Il difensore dell’imputato: “Soddisfatti per l’invio alla Consulta. Violazione del diritto di difesa”
”Siamo molto soddisfatti della decisione della Corte d’Assise che ha accolto la nostra richiesta. La Corte Costituzionale nella sua prima sentenza ha creato la figura dell’imputato formalmente assente ma nei fatti irreperibile. Ciò ha comportato una stortura del sistema che su questo, come su molti altri aspetti, non può che sollevare sospetti di violazione del diritto di difesa”. A dirlo all’agenzia di stampa Adnkronos è l’avvocato Tranquillino Sarno, uno dei difensori dei quattro 007 egiziani imputati nel processo per il sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni, dopo la decisione dei giudici della Corte di Assise di accogliere la questione di costituzionalità sollevata dalle difese e inviare gli atti alla Consulta sospendendo cosi il processo. ”Oltre al caso sollevato, si pensi ad esempio all’impossibilità, in caso di condanna, di presentare impugnazione ai sensi delle modifiche legislative apportate dalla riforma Cartabia”, sottolinea il penalista.