
Delitto, castigo o strategia?
Omicidio Cecchettin, colpo di scena, Turetta alza bandiera bianca, rinuncia all’appello e scrive una lettera: sono pentito, accetto l’ergastolo
La decisione del giovane condannato in primo grado al massimo della pena solleva dubbi e interrogativi che spaziano dall'effettiva motivazione interiore addotta nella missiva in cui annuncia la rinuncia al ricorso, alla possibilità di una scelta conseguente alla pressione subìta in carcere, e non solo...
Filippo Turetta rinuncia formalmente a ricorrere in appello. Nessun ulteriore dibattimento, dunque, accettando di fatto la condanna all’ergastolo inflittagli in primo grado per il brutale femminicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. La decisione, annunciata dal giovane in una lettera indirizzata a Procura Generale, Procura ordinaria, Corte d’Assise e Corte d’Appello, rappresenta un colpo di scena giudiziari, che arriva a poche settimane dall’udienza di Appello prevista per il 14 novembre.
Sì, perché l’avvio del processo di secondo grado era previsto intorno alla metà di novembre. I legali del ragazzo avevano impugnato la sentenza di primo grado contestando il capo d’accusa della premeditazione, con l’argomentazione secondo cui Turetta – avevano detto i suoi difensori – non avrebbe progettato l’omicidio. Ma avrebbe agito d’impeto. I giudici della Corte d’assise che l’hanno condannato, invece, hanno affermato in sentenza che il delitto venne preparato con cura. E che Turetta scrisse anche una lista delle «cose da fare» in vista del piano omicidiario. Come noto, infine, e suscitando non poco clamore e sgomento, era stata esclusa l’aggravante della crudeltà.
Omicidio Cecchettin, Turetta rinuncia all’appello contro l’ergastolo
Riavvolto in nastro, però, si arriva alla missiva di cui si è avuta notizia in queste ore. Nella lettera in oggetto, il 24enne reo confesso dell’omicidio, ha scritto di essere «sinceramente pentito». Tuttavia, dietro la rinuncia – che per legge rende definitiva la condanna di primo grado – potrebbero celarsi motivazioni complesse che vanno oltre il mero riconoscimento della pena. Non a caso, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, la decisione di «alzare bandiera bianca» sarebbe legata al clima ostile che si è creato in carcere (e non solo) intorno a Turetta sin dal suo arresto nel novembre 2023. Tra le ragioni più impellenti figurerebbero allora «l’aggressione subìta in carcere da parte di un detenuto», le minacce e la pressione mediatica. E, ma forse non per ultima, la difficoltà di intraprendere un percorso di riabilitazione.
Le possibili motivazioni dietro la scelta
Un ulteriore elemento di peso, allora, potrebbe essere rappresentato dal rifiuto, per il momento, da parte del padre di Giulia, Gino Cecchettin, di accogliere l’istanza di giustizia riparativa avanzata da Turetta. Dunque, in questo contesto di isolamento e forte pressione, la rinuncia all’Appello sembrerebbe configurarsi anche come un tentativo di porre fine all’esposizione mediatica del caso, chiudendo definitivamente il dibattimento sulla sua responsabilità penale.
Con questa mossa, Filippo Turetta accetta il massimo della pena, lasciando che il processo di primo grado diventi il verdetto definitivo sul femminicidio che ha scosso profondamente l’Italia e che un intero Paese non ha ancora metabolizzato.