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Il ministro Nello Musumeci

L'intervista

Musumeci: «Per la prima volta un governo ha acceso i riflettori sulla realtà delle Isole minori»

Il ministro fa un bilancio degli Stati generali che si sono svolti a Lipari: «Questi territori sono ricchi di potenzialità, ma vanno affrontati gli aspetti critici con cui per la loro natura si devono misurare. Noi lo abbiamo reso un obiettivo programmatico». E già si guarda alla prossima edizione: appuntamento nel 2027

Politica - di Giovanna Ianniello - 14 Ottobre 2025 alle 16:27

Ministro Musumeci, qual è il bilancio della tre giorni degli Stati generali sulle Isole minori, che si è appena conclusa a Lipari?

Indubbiamente è un bilancio positivo, un successo andato ben oltre ogni previsione. E mi piace sottolineare, innanzitutto, che per la prima volta in Italia dal dopoguerra un governo ha ritenuto di dovere accendere i riflettori sulla complessa e singolare realtà territoriale rappresentata dalle Isole minori, o piccole isole, se si preferisce. Una settantina di realtà, singole o in arcipelaghi, con una popolazione complessiva di 220mila abitanti. Mai come adesso i sindaci dei 35 Comuni isolani hanno avvertito la vicinanza del governo centrale con fatti concreti e non solo a parole. La tre giorni di Lipari aveva il compito di focalizzare tanto le criticità quanto le potenzialità di questi territori per raggiungere un obiettivo essenziale: evitare lo spopolamento, che appare inesorabile se a breve e a medio termine non si adottano i necessari rimedi. In caso contrario, non è esagerato pensare che fra quindici, vent’anni su quelle isole resteranno soltanto gli operatori turistici, ma solo per cinque mesi l’anno ovvero nel periodo estivo.

Quali sono le ragioni emerse dagli Stati generali che potrebbero essere causa del temuto spopolamento?

Sono molteplici. Innanzitutto il diritto degli isolani alla mobilità, alla accessibilità ai loro territori. La natura insulare, come si può facilmente immaginare, non sempre consente i collegamenti marittimi. A causa delle proibitive condizioni del mare, può capitare che si resti non collegati con la terraferma anche per una settimana. Il secondo tema è legato alla difficoltà di accedere ai servizi sanitari, da quelli della emergenza a quelli ambulatoriali. Il personale medico non vuole lavorare sulle isole e questo, talvolta, determina paurosi vuoti nel fornire le prestazioni ai pazienti. Un malato oncologico deve ogni volta raggiungere i centri specializzati del Penisola per sottoporsi alla chemioterapia. È assurdo. Terzo problema, la difficoltà nel formare una classe per l’istruzione primaria a causa del bassissimo numero di scolari, a causa della denatalità galoppante. Per fare un esempio, abbiamo appreso che nell’isola di Ustica in un anno sono nati cinque bambini a fronte di 15 decessi: un saldo nettamente negativo, comune a molte altre isole. E poi, la fragilità dei territori insulari, la necessità di realizzare presidi di sicurezza per far fronte alle crisi naturali, alle crisi di origine meteo, rese ancora più pericolose dal cambiamento climatico.

Quali i rimedi, assieme alle potenzialità?

Le isole minori sono dei piccoli paradisi sulla terra, possono diventare poli culturali, laboratori a cielo aperto di studi di ricerche, affidati al mondo accademico e alla comunità scientifica. La sola crescita turistica, che deve comunque obbedire a criteri di razionalità e sostenibilità dal punto di vista ambientale e sociale, non può essere il destino di queste terre. Va rilanciato il tradizionale settore agricolo, con produzioni di nicchia, di qualità. Pensi che a Pantelleria, da sempre culla di capperi apprezzati in tutta Italia, quest’anno non si trovava manovalanza per raccogliere l’ambito frutto dell’arbusto. Analogo ragionamento va fatto per la pesca e per l’artigianato. Gli addetti a questi ultimi tre settori ormai sono sempre meno, alcuni lasciano per sempre la loro isola, altri impegnati in una corsa verso i servizi turistici. Quello che si delinea è un modello economico imperfetto e precario. I settori tradizionali di contesti fortemente identitari vanno migliorati e innovati, ma mai abbandonati. Il turismo, peraltro, che da alcuni anni costituisce una buona ricaduta sulla economia locale, al di là di ogni buona volontà legata ai tentativi di destagionalizzazione, si può fare nelle isole soltanto quando il mare è calmo. E quindi bisognerebbe escludere almeno sei mesi d’anno.

In sintesi, cosa dovrebbe fare il governo per invertire la rotta?

Potremmo dire che l’obiettivo è quello di rendere le isole minori quanto più indipendenti dalla terraferma. E questo vale per la fornitura di servizi essenziali, ma vale anche per la promozione di attività culturali, di aggregazione sociale, del tempo libero, per le attività formative E per la prevenzione dai rischi naturali. Servono infrastrutture sicure, a cominciare da quelle portuali. E naturalmente, la modifica di alcune norme che dovrebbero consentire il rapido raggiungimento di questo obiettivo.

Possiamo accennare alle iniziative del governo Meloni per le isole minori?

Innanzitutto questo governo ha posto il tema come obiettivo programmatico. E lo ha fatto assegnandomi, nella delega per le Politiche del mare, la competenza per le piccole isole marine. Abbiamo inserito il tema isole nel “Piano del mare”, che è il primo strumento di coordinamento e di programmazione sulle politiche marittime in Italia. E, poi, abbiamo già cominciato a destinare le prime significative risorse a quei territori. Penso ai 100 milioni per la messa in sicurezza di strutture pubbliche che il mio ministero ha già messo a disposizione dei Comuni isolani con due bandi, ormai in fase di espletamento. Abbiamo lavorato, col collega Calderoli, a un disegno di legge organico per rimettere ordine alla materia e presto lo porteremo all’esame del Consiglio dei ministri. Per la verità, va anche detto che negli ultimi anni non sono mancate risorse significative a disposizione delle piccole isole. Non soltanto con l’Fsc (Fondo di sviluppo e coesione, ndr), con la politica di Coesione, ma anche con il Pnrr. In giro – non dico per esagerazione – credo ci siano circa 900 milioni di euro destinati alle piccole isole, da vari fondi. Il tema è capire se i soggetti attuatori saranno nelle condizioni di cogliere questa straordinaria opportunità in termini di progettualità e di gestione delle procedure. Lo sapremo nel mese di dicembre, quando sarà possibile tentare un consuntivo. Dagli Stati generali è emersa soprattutto la specificità del tema insulare, che non può essere sempre affrontato con le stesse leggi applicate nel continente. Vivere su questi territori non è assolutamente compatibile con la vita di chi abita sulla terraferma. Lo hanno detto a chiare lettere gli invitati al nostro appuntamento, soggetti pubblici e privati: 11 ministri, il vicepresidente della Commissione europea Fitto, decine di sindaci delle isolette e ben 80 relatori in 12 panel. Non abbiamo tralasciato alcun aspetto concreto. La sfida è già iniziata da qualche anno, ma siamo ormai in condizioni di poter dire che l’inversione di tendenza è già stata operata.

Che tempi prevede perché si possa dire scongiurato il pericolo della marginalizzazione e della desertificazione di questi territori?

Difficile dirlo. Si tratta di un processo complesso, articolato, che deve mettere assieme più amministrazioni centrali e che deve coinvolgere appieno gli enti locali e le popolazioni che vi abitano, alcune delle quali spesso restano refrattarie, disincantate, rassegnate di fronte alla concreta possibilità che un governo possa occuparsi finalmente di loro in maniera organica e costante. Col governo Meloni lo stiamo facendo e i risultati cominciano a essere sotto gli occhi di tutti.

Quando i prossimi Stati generali?

Per la loro complessità, gli Stati generali non hanno lo stesso valore di un convegno e, quindi, non possono essere convocati ogni anno. Penso che la seconda edizione possa essere fissata per la primavera del 2027, in un’altra isola. E quell’appuntamento servirà a mettere a fuoco le cose che nel frattempo avremo detto e fatto, a cominciare dagli impegni di Lipari. Serve un monitoraggio costante, senza veli, senza omissioni, con assoluta trasparenza, affinché diventi uno stimolo per tutte le amministrazioni coinvolte, a qualsiasi livello. Questa nuova stagione di governo, che vede al centro del proprio programma anche e finalmente la sorte delle piccole isole italiane, deve costituire un’iniezione di speranza e di ottimismo non solo per chi ci vive sulle isole, e deve essere trattenuto, ma anche per chi deve sentirsi attratto ad andarci a vivere. La risorsa umana è la prima ricchezza che serve a questi territori, bellissimi ma altrettanto fragili, malati di carestia d’amore.

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