Riforma della giustizia
Mantovano: “Il vero rischio per la democrazia è l’aggiramento per via giudiziaria delle scelte politiche”
Nessuna ricaduta sul governo dal referendum. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio avverte: i paventati rischi per la democrazia non sono nella riforma ma nel fatto che troppe scelte politiche arrivano attraverso provvedimenti giudiziari
“Il governo ha sempre dichiarato di non legare le proprie sorti all’esito del referendum sulla riforma della giustizia, “in primo luogo per rispetto istituzionale verso un Parlamento che ha espresso quattro volte il suo favore”. In una lunga intervista al Corriere della Sera il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, fa il punto sulla riforma a poche ore dal varo definito della legge che rovina i sonni alle sinistre e all’Anm.
Mantovano: il referendum non avrà ripercussioni sul governo
“I paventati rischi per la democrazia non sono nella riforma – mette in chiaro il sottosegretario, ex magistrato – ma nel fatto che troppe scelte politiche arrivano attraverso provvedimenti giudiziari. Penso al lavoro del governo sulle infrastrutture. La decisione della Corte dei conti che ha bloccato di nuovo il Ponte sullo Stretto costituisce un’immotivata invasione nelle scelte del governo e del Parlamento. La politica dell’immigrazione sembra esser fatta più dalle sentenze che non dalle scelte del governo. Quindi c’è un aggiramento per via giudiziaria delle scelte del legislatore e della sovranità popolare. Questa è una minaccia per la democrazia”.
L’aggiramento per via giudiziaria delle scelte politiche è una minaccia per la democrazia
Mantovano osserva che i fatti mostrano che l’invasione giudiziaria riguarda chiunque governi. Basta prendere il caso Milano. “Quindi il problema è di tutti, vogliamo partire da qui? “. Poi entra nel merito dell’architettura della riforma Nordio. “Con la separazione delle carriere si completa un percorso avviato nel 1989 quando il pm divenne una parte totalmente distinta rispetto al giudice. La riforma – spiega Mantovano – incide sul possibile tasso di condizionamento del giudice da parte delle Procure, soprattutto del gip, che ha un ufficio strutturalmente più debole. Si migliorano dunque sia efficienza che garanzie”.
La separazione delle carriere chiude un percorso iniziato nel 1989
E ancora: “L’Alta corte disciplinare avrà una ricaduta di efficienza poiché finora l’appartenenza correntizia è stata una sorta di assicurazione per il magistrato non ligio al dovere. Questa cosiddetta assicurazione scomparirà. Se io concorro a eleggere il mio giudice disciplinare in base a logiche di appartenenza correntizia, come avviene oggi, mi aspetto poi il corrispettivo al momento giusto. Un giudice disciplinare scelto in modo diverso, con il meccanismo del sorteggio, fa fare un passo in avanti verso una maggiore oggettività nella verifica degli illeciti disciplinari. Questa è una cosa che vogliono tanti magistrati”.
Certe proposte erano già nella Bicamerale di D’Alema
Nei fatti – prosegue Mantovano – la separazione esiste già dalla riforma Castelli e in modo ancora più profondo dalla riforma Cartabia, che vieta più di un passaggio da una funzione all’altra. Si dà dunque forma compiuta a qualcosa che esiste già. Il problema è che il Csm è rimasto unico e ha conservato il vulnus delle correnti. Ma le precedenti riforme, e il filo rosso che le lega a questa, dicono che non siamo di fronte all’apocalisse. Queste proposte erano anche nella Bicamerale di D’Alema”.
L’Anm non rappresenta tutta la categoria, i magistrati sono 10mila
Anche le rumorose proteste dell’Anm non rappresentano le istanze dell’intera categoria. “Segnalo che i magistrati sono 10mila. Con la riforma, sulle correnti prevale il merito”. Il sindacato dei magistrati potrebbe cambiare idea? “L’Anm quando è stata chiamata al confronto da Giorgia Meloni ha detto che la riforma è inemendabile. Forse la Cgil potrebbe insegnare qualcosa, perché anche nella critica più dura non abbandona i tavoli”.
Almasri, “rifarei tutto, c’erano a rischio 500 italiani”
Sul caso Almasri, dice infine Mantovano, “rifarei tutto, in quelle ore complicate 500 italiani in Libia erano a rischio. In questi tre anni ho cercato di rendere il sistema stesso funzionale, per evitare sovrapposizioni, e per far sì che le due Agenzie lavorassero nel modo migliore. E credo che questi passi avanti siano stati fatti. L’attestazione più gratificante l’ha data il capo dello Stato, ricevendo l’intelligence ed esprimendo apprezzamento e riconoscenza”.