
L'analisi del Dpfp
Manovra, Giorgetti è Capitan Futuro: dai “buchi” lasciati in eredità da Fanfani e Conte ai conti “in sicurezza”
L’intenzione è nobile, ma soprattutto inedita: non scaricare sulle future generazioni, e sui futuri governi, il peso del debito pubblico e i “buchi” di gestione corrente che si scaricano sui conti futuri, come accaduto, tanto per fare un esempio, con il superbonus 110% del governo Conte, a cui forse si riuscirà a mettere una pezza solo tra tre anni. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in questo senso si è da tempo meritato l’appellativo di Capitan Futuro visto che ha saputo proteggere i bilanci dello Stato dagli attacchi degli speculatori, blindando i rating e allo stesso tempo garantendo per gli anni a venire un piano di sobrietà che dovrebbe consentire all’Italia di poter utilizzare la “leva” delle spese militari, imposta dalla Nato, nel modo più efficace per i conti. Nei prossimi tre anni il governo è pronto a mettere 12 miliardi di euro sulla Difesa e ad investire su fisco, scuola e sanità: questa la sintesi del Dpfp che approda in Parlamento. Sedici miliardi di investimenti, questo il target individuato dalla “manovra” per il 2026.
La manovra che guarda avanti e il Giorgetti fiducioso
Le nuove stime macro-economiche contenute nel Documento programmatico di finanza pubblica approvato ieri dal Consiglio dei ministri e approdato in Parlamento, la vecchia manovra, per intenderci. dicono infatti che già a fine anno l’indebitamento tornerà dentro il parametro europeo del 3%, in anticipo di un anno. E questo dovrebbe aprire la strada al processo di uscita dell’Italia dalla procedura con 12 mesi di anticipo rispetto a quanto ipotizzato un anno fa, quella procedura disavanzo aperta nei confronti di altri otto paesi della Ue, Francia compresa. In più, nei prossimi anni l’indicatore si terrà costantemente sotto l’asticella del 3% come chiesto dalle regole comunitarie, posizionandosi al 2,8% nel 2026, al 2,6% nel 2027 e al 2,3% nel 2028. Il Documento Programmatico di Finanza Pubblica (Dpfp conferma l’andamento dell’indebitamento netto previsto dal Piano strutturale di bilancio (Psb) e ribadito nel Documento di finanza pubblica (Dfp) dello scorso mese di aprile (2,8% per l’anno 2026, 2,6% per l’anno 2027 e a 2,3% per l’anno 2028) e consente di rispettare il percorso della spesa netta concordato a livello europeo in quanto è coerente con la traiettoria. Il rapporto deficit prodotto interno lordo (Pil) si attesta per il 2025, al momento, al 3% mentre il Pil 2025 allo 0,5%. Le notizie sul fronte della crescita sono abbastanza positive, considerato il contesto internazionale.
Il Pil in crescita, ma con stime prudenziali
Il tasso di crescita del valore del Pil programmatico si attesta per il 2026 allo 0,7%; nel 2027 allo 0,8%; nel 2028 allo 0,9%. Il tasso di crescita tendenziale risulta pari allo 07% nel 2026 e nel 2027 e allo 0,8% nel 2028. Ma accanto al rigore nel Dpfp c’è anche tanta roba sul fronte sviluppo e fisco. “Con la manovra di fine anno il governo sdarà luogo a una ricomposizione del prelievo fiscale riducendo l’incidenza del carico sui redditi da lavoro e garantirà un ulteriore rifinanziamento del fondo sanitario nazionale. – è scritto nel Documento – Al fine di dare continuità agli interventi approvati dal Governo, saranno previste specifiche misure volte a stimolare gli investimenti delle imprese e a garantirne la competitività. Si procederà nel percorso di incremento delle misure a sostegno della natalità e della conciliazione vita-lavoro”. Le risorse verranno attinte con una combinazione di misure dal lato delle entrate e di interventi sulla spesa. I l quadro programmatico, che tiene quindi conto anche delle misure che saranno inserite in manovra, conferma l’espansione dell’economia del prossimo anno allo 0,7%, calcolando che il pil crescerà dello 0,7% nel 20.
Il lontano ricordo della Prima Repubblica e l’Italia di oggi
Sono lontani, dunque, i governi della Prima Repubblica italiana che hanno contribuito alla creazione del maxi debito pubblico dal 1946 fino al 1992, con un accumulo complessivo di circa 795 miliardi di euro, i governi di Andreotti, Craxi, Moro, Fanfani (nella foto in alto). E sono lontani anche i tempi delle “voragini” grilline.
“Il DPFP 2025 fotografa un’Italia che, nonostante le tensioni internazionali e le incertezze globali, continua a crescere e a mantenere solidi i suoi fondamentali economici. Significa che i conti pubblici restano sotto controllo, il deficit è in riduzione, il debito inizia un percorso di discesa e l’inflazione è stabilizzata: elementi che rafforzano la credibilità del Paese sui mercati e in Europa. È il risultato di una strategia economica coerente, che mette al centro la fiducia, la stabilità politica e la serietà nella gestione della finanza pubblica. Mentre altri rallentano, l’Italia prosegue su un percorso di crescita prudente ma solida, capace di coniugare sviluppo e responsabilità”, dice una nota il Senatore di Fratelli d’Italia Nicola Calandrini, presidente della 5a Commissione Bilancio.