
L'ultima prova di forza
Leoncavallo, s’alza il solito grido: blocchiamo tutto, ma non il centro sociale. E minacciano una nuova occupazione (con “mamme” al seguito)
Sgomberati eccellenti? I leoncavallini sfrattati e in crisi, rilanciano la minaccia di altre okkupazioni e pretendono dal Comune una nuova sede bonificata e ristrutturata a spese pubbliche, snobbando bandi, ignorando debiti e legalità. E la domanda sorge spontanea: si risolverà tutto in un nuovo abuso, o in un regalo immobiliare del Comune?
«Blocchiamo tutto», gridano (metaforicamente in questo caso) a viva voce dalla loro pagina Facebook (e non solo) i leoncavallini, tra un inneggiare ai pro-Pal e una rivendicazione autoreferenziale. E l’ennesimo slogan aggiornato allo sgombero: quello che punta ad affermare con veemenza la necessità di «esistere e resistere degli spazi sociali». Bloccare tutto intimano allora, sia chiaro: ma non il centro sociale. Da reclamare a costo zero. Bonificato e ristrutturato. E sul quale, scrive Libero in edicola oggi, non è esclusa – anzi è altamente probabile – una nuova occupazione.
E nel frattempo, prima di un presumibile nuovo blitz, in giornate che tra monitoraggi del territorio e richieste (pretese?) in attesa di risposta, il destino del Leoncavallo e dei inquilini pretenziosamente abusivi sembra essere a un bivio: partecipare al bando per un capannone in periferia che gli ex abusivi hanno già bollato come una “discarica”. O rimanere senza un tetto “sociale” e gratis sopra la testa: e quindi ri-occupare…
Leoncavallo: l’ennesima sfida allo stato di diritto e la pretesa di impunità economica
Ma procediamo con ordine. Dunque, a seguito dello sgombero dalla storica ubicazione di Via Watteau del 21 agosto, il centro sociale Leoncavallo è in cerca di una nuova dimora. Ma le sue posizioni svelano una preoccupante sfida all’autorità pubblica e alle più elementari regole del diritto. Gli esponenti del gruppo, insieme all’associazione “Mamme del Leoncavallo”, non escludono infatti alcuna ipotesi per il futuro insediamento. Compresa la ri-occupazione abusiva di un’altra struttura. L’idea di un nuovo abuso viene apertamente definita da Marina Boer, portavoce delle Mamme, come uno «strumento di lotta», lasciando pertanto intendere una persistente volontà di operare al di fuori del perimetro della legalità.
L’offerta del Comune respinta al mittente?
Infatti, l’offerta del Comune di Milano di partecipare a un bando pubblico per un capannone in disuso in Via San Dionigi 117, nei pressi di Chiaravalle, è stata accolta dai suoi destinatari con estrema reticenza. I quali, sebbene si mostrino disposti a inoltrare la domanda di assegnazione, hanno subito posto un veto inaccettabile di natura economica: i militanti hanno categoricamente dichiarato di non possedere i fondi necessari – e di non poterli o volerli comunque investire – per gli ingenti lavori di ristrutturazione e per la cruciale bonifica dall’amianto. Operazioni essenziali per rendere agibile l’immobile.
Leoncavallo e leoncavallini, la richiesta (pretesa?) di utilizzare un bene pubblico a costo zero
Questa pretesa è la spia di una mentalità inaccettabile: la richiesta di utilizzare un bene pubblico a costo zero, delegando alla collettività e all’amministrazione i costi e le responsabilità della messa in sicurezza. Il centro sociale, già gravato da debiti milionari non saldati (si parla di 3 milioni di euro verso il Ministero e 800mila euro di Tari mai versata al Comune, spiega sempre Libero), mira quindi sostanzialmente a ottenere un regalo immobiliare già risanato. Un atteggiamento di chi esige un diritto, senza accettare alcuna assunzione di dovere.
Dal centro social(e) l’annuncio di una «grande assemblea cittadina»
In questo contesto, allora, arriva dai social l’annuncio di una «grande assemblea cittadina» in calendario per il 22 ottobre, per discutere di come «esistere e resistere». Un annuncio che suona come una provocazione e un tentativo di mobilitazione ideologica per esercitare pressione sulla politica. E in questo senso, l’ostinazione della Boer nel continuare a considerare Via Watteau come l’unica vera sede identitaria del Leoncavallo, è un chiaro segnale che l’obiettivo resta il ripristino di una zona franca di illegalità.
De Corato: stop ai centri sociali fuorilegge
A tal proposito, allora, l’esponente di Fratelli d’Italia Riccardo De Corato – da sempre in prima linea sulla vicenda – ha inquadrato la situazione con la necessaria lucidità, definendo l’eventuale nuova occupazione un «episodio gravissimo»; emblema di una stagione di illegalità che il Leoncavallo dovrebbe definitivamente archiviare. L’ex vice-sindaco bolla pertanto le richieste del centro sociale come il segno di una palese disperazione, derivante dall’incapacità di accettare il fatto che lo Stato di diritto non può – e non deve – tollerare simili pretese di privilegi da dispensare a gratis.
In sintesi, la vicenda potrebbe configurarsi a ragione non proprio come la lotta ingaggiata da una meritoria associazione filantropica. Bensì come l’arrogante richiesta politica di un centro sociale che, dopo decenni di occupazione abusiva, pretende ora di essere sovvenzionato. E di ottenere la sanatoria de facto della propria posizione debitoria. Scaricando oltretutto i costi sul contribuente. E con tanto di rivendicazione dell’abuso a sostegno della quale potrebbe mettersi in atto l’ultima minaccia di una nuova occupazione. Cosa che rappresenterebbe un’ulteriore ferita alla legalità. E alla comunità cittadina.