Non solo contro Meloni
L’Anm ha fatto 13: sono tutte le riforme della giustizia boicottate dalle toghe
La riforma della giustizia è come i cavi dell’alta tensione: chi tocca muore (politicamente). Chi ha dei dubbi di vada a rivedere le 13 volte in cui i governi italiani (di tutti i colori politici) hanno tentato di cambiare le regole dell’ordinamento giudiziario italiano e hanno fallito miseramente, osteggiati dall’Anm. L’Associazione nazionale magistrati ha sempre respinto ogni ipotesi di riforma.
Non conta il colore politico: le toghe dicono sempre no
Non sono tanto i governi di centrodestra le cartine di tornasole, con i governi Berlusconi e il ministro Cesare Previti dipinto da alcuni giornali come una sorta di gangster che voleva avviare un mezzo colpo di Stato, un raffinato giurista come Filippo Mancuso descritto come un tipo da “scolapasta in testa” per finire con Carlo Nordio. Magistrato e giurista dalla reputazione inattaccabile fino a quando non ha oltrepassato la soglia di via Arenula. Diventato ministro, è stato fatto oggetto di sberleffi e ironie che meriterebbero l’alcoltest per chi le ha scritte o pronunciate.
Tutte le volte in cui l’Anm ha detto no a una riforma della Giustizia
I 13 no dell’Anm sono raccontati in maniera esaustiva da Filippo Facci sul Giornale, noi prendiamo un caso su tutti. Forse il più emblematico perché riguarda un esecutivo non certo accusato di essere antidemocratico o fascista. Il governo Prodi. Quando Clemente Mastella avviò la riforma della Giustizia, poco dopo si è ritrovato la moglie arrestata e lui con il più classico degli avvisi di garanzia. L’allora Guardasigilli (nel 2008) reagì dimettendosi all’arresto della moglie Sandra Lonardo, disposto proprio nell’ambito dell’indagine. L’allora leader dell’Udeur con le dimissioni fece cadere anche il governo.
L’esempio di Mastella: da Guardasigilli indagato con la moglie arrestata. Nove anni dopo tutti assolti
Quelle contestazioni si riferivano a presunte pressioni per le nomine in alcuni incarichi. Fra queste anche quella ipotizzata sul dem Antonio Bassolino, all’epoca presidente della Regione Campania, per una nomina alla Asl di Benevento. Pressione smentita dallo stesso Bassolino, ascoltato in aula. Come si concluse quell’inchiesta? Inutile dirlo: con l’assoluzione per tutti. Molto più grave invece il quando. Il primo grado ben 9 anni dopo. Un po’ come la sentenza della Cassazione che ha escluso collegamenti tra Silvio Berlusconi e la mafia: arrivata con il Cavaliere morto da oltre un anno e dopo 30 anni di linciaggio mediatico e politico nei confronti del leader di Forza Italia.
Palamara: Cossiga aveva ragione sullo sconfinamento delle toghe in politica
Insomma, la riforma della Giustizia è come i cavi dell’alta tensione. Lo sapeva bene Francesco Cossiga. Alla vigilia del secondo governo Prodi girava voce che Clemente Mastella avrebbe assunto la funzione di ministro della Giustizia. «Ero a casa sua – ha scritto Andrea Cangini sull’Huffington Post – quando la voce giunse all’orecchio di Cossiga. Il presidente emerito della Repubblica si fece chiamare Mastella e, dopo aver cercato inutilmente di scoraggiarlo dall’assumere tale incarico, rassegnato, scandì: “Però, Clemente, una sola cosa non ti azzardare a fare: una riforma seria della Giustizia”». Cossiga aveva visto giusto: come quando metteva in guardia su certe dinamiche dell’Anm e sull’allora presidente dell’Anm, Luca Palamara. Il quale, solo a distanza di tempo, ha riconosciuto: Cossiga aveva ragione.