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Una foto d’archivio di una manifestazione pro-Pal in cui viene fatto il gesto della P38; nel riquadro, Emanuele Fiano

La mente agli anni di Piombo

Il gesto della P38 contro gli studenti: Fiano racconta la violenza comunista, anche se non la chiama così

L'ex parlamentare Pd spiega di essere rimasto scioccato per quel «gesto di minaccia così antico fatto da mani così giovani» e non esclude il rischio di un ritorno della violenza politica: «Dipende se ci sono in giro cattivi maestri»

Politica - di Federica Parbuoni - 29 Ottobre 2025 alle 11:04

Emanuele Fiano fa ancora fatica a identificare i militanti che gli hanno impedito di parlare a Venezia come «di sinistra». Perché, dice in una lunga intervista al Corriere della Sera, «non si può essere di sinistra se si lotta per la libertà di qualcuno prevaricando quella di qualcun altro». E, dunque, necessariamente quel tipo di violenza deve essere «fascista», appellativo con il quale si è rivolto a uno degli esponenti del Fronte della gioventù comunista che hanno fatto irruzione dell’aula in cui era stato chiamato a parlare di “Pace in Medio Oriente: due popoli, due Stati”, dall’associazione studentesca Futura. Assodata la difficoltà di Fiano a chiamare alcune cose con il loro nome, però, l’intervista offre comunque spunti di riflessione importanti, specie sul clima che si respira in Italia.

Fiano racconta il gesto della P38 fatto dai pro-Pal agli studenti

I militanti di sinistra si sono scagliati contro l’ex parlamentare Pd ed esponente di spicco della comunità ebraica, accusandolo di sionismo. Fiano ha riferito che, nonostante i tentativi di spiegare la sua posizione critica nei confronti di Netanyahu e lo spazio lasciato ai pro-Pal per «farli sfogare», «non ci hanno lasciato». «Non c’è stato nulla da fare», e di fronte alle proteste del pubblico «che voleva mandarli via», «alcuni tra i ragazzi hanno rivolto al pubblico il segno della P38».

«Mi ha colpito molto vedere un gesto di minaccia così antico fatto da mani così giovani»

«Mi ha colpito molto vedere un gesto di minaccia così antico fatto da mani così giovani, più giovani di quelle dei miei figli. Ma io non potevo farmi mandare via. Lo dovevo a mio padre», ha detto ancora Fiano, parlando con Aldo Cazzullo, che firma l’intervista, e ricordando che il padre «a tredici anni era stato cacciato da scuola, in quanto ebreo. Così ho avvertito che non me ne sarei andato. Sono arrivati i commessi a mandarci via: l’università alle 19 chiude. Ho risposto: “Non mi faccio sbattere fuori da quelli, aspetterò che se ne vadano prima loro”.
Non potevo accettare anche quella prevaricazione». Dall’altra parte però niente, sono stati irremovibili: per loro Fiano non poteva parlare.

Il pensiero corso al padre e agli anni di piombo

«Ero scioccato. Pensavo che avrebbero parlato e poi mi avrebbero lasciato proseguire. E poi quel gesto della P38. Quegli occhi di ghiaccio, senza alcun patimento, con cui mi dicevano: tu qui non puoi parlare. Ho ripensato agli anni bui. Agli anni di piombo. Al 1938. E mi sono commosso pensando a papà. A quando il preside gli disse: Nedo Fiano, tu te ne devi andare», ha proseguito l’ex parlamentare Pd, raccontando poi la storia del genitore, ragionando di «sinistre» e antisemitismo e avvertendo che, sì, «ce n’è anche» lì, sebbene «non nella mia sinistra. Non nel Pd e negli altri partiti». «Ma occorre essere molto attenti con la categoria dell’antisemitismo: criticare il governo Netanyahu è ovviamente lecito; cancellare il diritto del popolo ebraico ad avere uno Stato diventa antisemitismo».

Un ritorno della violenza politica? «Dipende se ci sono in giro cattivi maestri»

«Vede il rischio del ritorno alla violenza politica?», ha chiesto quindi Cazzullo. «Osservo – ha risposto Fiano – che il conflitto mediorientale ha una sua particolarità, un tale grado di violenza, un tale numero di morti a Gaza, una tale ferocia come quella del 7 ottobre, che questo livello di violenza viene esportato nel dibattito politico occidentale. Il conflitto russo-ucraino non ha generato episodi come il mio. Abbiamo visto striscioni inneggianti al 7 ottobre, definito il giorno della resistenza. Abbiamo visto sventolare bandiere di Hamas. Abbiamo sentito giustificare le esecuzioni sommarie. Un simile livello di estremismo criminale fa sì che i giovani siano presi in una spirale. Dove si arriva, questo non lo so, dipende se ci sono in giro cattivi maestri. Certo, che Liliana Segre, senatrice a vita e superstite di Auschwitz, debba girare con la scorta, la dice lunga su quanta violenza ci sia in giro».

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di Federica Parbuoni - 29 Ottobre 2025