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Escludere la prima casa dal calcolo Isee è possibile? Ecco le agevolazioni per gli italiani nel caso di approvazione

Una speranza economica

Escludere la prima casa dal calcolo Isee è possibile? Ecco le agevolazioni per gli italiani nel caso di approvazione

Economia - di Villy de Luca - 20 Ottobre 2025 alle 15:09

Nel cuore della prossima legge di bilancio, una delle novità più significative potrebbe essere l’esclusione della prima casa dal calcolo dell’Isee fino a un valore catastale di 100mila euro (che corrisponde, mediamente, a un valore di mercato tra i 300 e i 400mila euro). La misura mira a correggere una distorsione di lungo periodo nel sistema di valutazione della condizione economica delle famiglie italiane. L’Isee, acronimo di Indicatore della Situazione Economica Equivalente, è un indice sintetico che misura la condizione economica di un nucleo familiare combinando tre elementi: redditi, patrimoni e composizione del nucleo. Il valore finale viene calcolato sulla base della dichiarazione sostitutiva unica (DSU) e serve alle amministrazioni pubbliche per modulare l’accesso alle prestazioni sociali e ai benefici fiscali in modo proporzionale alla capacità economica del cittadino.

La possibilità di escludere la prima casa dal calcolo Isee

Il problema è che, nel computo patrimoniale, l’Isee considera anche la prima casa di abitazione come un bene al pari di immobili dati in locazione o di strumenti finanziari, nonostante essa non generi reddito effettivo. Un paradosso: chi ha risparmiato per acquistare la casa in cui vive si trova spesso penalizzato rispetto a chi dispone di un reddito più alto ma vive in affitto, risultando così “più povero” agli occhi dello Stato. La casa di abitazione, soprattutto se acquistata con un mutuo o mantenuta con difficoltà, rappresenta un costo e non una rendita. Secondo i dati di Confedilizia e Censis, la spesa media annua per il mantenimento di un immobile – tra imposte, utenze, manutenzioni e rate di mutuo – supera i 6.000 euro per famiglia.

Nel frattempo, oltre il 72% delle famiglie italiane vive in un’abitazione di proprietà (Istat 2024), e per la metà di esse la casa è l’unico patrimonio significativo. Tuttavia, a parità di reddito, il valore catastale dell’immobile può far aumentare l’Isee anche del 20-25%, determinando l’esclusione da agevolazioni quali bonus energetici, riduzioni tariffarie o sostegni all’infanzia. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha stimato che, per un appartamento di 90 metri quadrati con valore catastale di 90mila euro, l’incidenza sull’Isee può pesare fino a 4.000 euro in termini di “ricchezza figurativa”, falsando l’immagine reale della capacità di spesa.

L’Italia destina buona parte della spesa pubblica al welfare

L’Italia destina circa il 56% della spesa pubblica complessiva al welfare, pari a circa 540 miliardi di euro nel 2024 (fonte: Ragioneria Generale dello Stato). Di questi, oltre 140 miliardi riguardano trasferimenti assistenziali e agevolazioni legate proprio all’Isee: dai bonus sociali alle detrazioni universitarie, fino al reddito di inclusione. Tuttavia, uno studio della Corte dei Conti (2023) ha segnalato che fino al 18% delle erogazioni legate a indicatori Isee finisce a famiglie che non si trovano in effettivo stato di bisogno, proprio per effetto di parametri distorti come la valutazione della prima casa.

Escludere l’abitazione principale fino a una soglia ragionevole – 100mila euro di valore catastale, come propone il governo – avrebbe dunque un duplice effetto: ridurre le distorsioni distributive e razionalizzare la spesa pubblica, concentrando gli aiuti su chi è realmente in difficoltà. Secondo stime interne al Mef, il costo netto dell’intervento sarebbe inferiore ai 600 milioni di euro l’anno, ma migliorerebbe l’efficienza redistributiva del welfare di oltre il 10%. La misura oggetto di discussione nella manovra da 16 miliardi per il 2026, trova il sostegno di gran parte della maggioranza e il via libera politico della premier Giorgia Meloni, che ne condivide l’obiettivo: tutelare il potere d’acquisto della classe media senza aumentare la spesa pubblica complessiva.

Una scelta di buon senso

In un contesto economico segnato dal caro mutui e da una pressione fiscale ancora elevata, l’idea di non equiparare la casa in cui si vive a una rendita finanziaria rappresenta una scelta di buon senso e coerenza economica. Non è una misura assistenziale, ma una correzione strutturale: allineare l’Isee alla realtà, riconoscendo che la prima casa è un bene di uso, non di reddito. In sintesi, la riforma non mira a “premiare i proprietari”, ma a ripristinare la verità economica: la casa in cui si abita non arricchisce, ma costa. E uno Stato moderno deve basare il proprio welfare non su valori catastali fittizi, ma su dati concreti di reddito e capacità di spesa.

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di Villy de Luca - 20 Ottobre 2025