
Diserzioni eccellenti
Elly a pezzi, anzi perde i pezzi. Tra politici e giornalisti schierati, da Gentiloni a Formigli, è corsa a mollare la segretaria
Da Franceschini a Ranucci, dagli esponenti dem alla stampa d'opposizione, sono molti i big rossi pronti a scaricare la leader del Nazareno (o che lo hanno già fatto). Ecco l'elenco
Il Nazareno non è mai stato così silenziosamente in subbuglio. E non per meditazione strategica. Forse è più un silenzio imbarazzato – o il dissentire apertamente o tacitamente, a seconda dei casi – di chi assiste al parlare a ruota libera della segretaria Pd. Del resto, a parlare un po’ per tutti, ma sempre con gli stessi (premier e governo) ci ha pensato lei, Elly Schlein, che in un misto di accuse iperboliche quanto datate che rendono la sua retorica sempre più radicale e volta a disegnare l’Italia come una democrazia sull’orlo del baratro, non solo non fa proseliti. Ma sta creando una vera e propria diaspora intorno alla leader Pd.
Un allontanamento progressivo posizione della segretaria, almeno a livello di dichiarazioni, quello in corso, che non investe semplici militanti, ma figure chiave del mondo dem: menti lucide che, con chirurgica precisione, si smarcano dalla sua linea.
Elly a pezzi, anzi perde i pezzi
A cominciare dal commissario europeo Paolo Gentiloni, l’uomo che sussurra all’Europa, che dopo giorni di comunicazione “freddina” ha scelto il salotto di In mezz’ora, tanto per cominciare ha messo un punto calmierante sul caso Ranucci, lanciando un monito che ha il peso specifico di un decreto-legge. Solidarietà al giornalista? Sì, ma senza isterismi. Argomentando poi: «Abbiamo bisogno di giornalismo di inchiesta. Ranucci e Report non si faranno intimidire. Ma, dobbiamo stare su questo punto, è dirimente per la democrazia», ha affermato, mettendo subito le mani avanti per frenare l’onda emotiva cavalcata lancia in resta da Elly Schlein al grido dell’ultimo allarme lanciato da Amsterdam.
Dai politici dem ai giornalisti schierati in molti le voltano le spalle
Il vero affondo, però, arriva sulla linea di politica estera del Pd: «Non voglio abiure o rotture», ha tuonato l’ex premier. «Voglio che sia netto a dire sì alla difesa europea e al sostegno all’Ucraina». Un messaggio a nuora perché suocera intenda – ossia diretto espressamente alla segretaria Schlein – che fatica a tenere il punto su questi temi, strizzando l’occhio alle frange meno atlantiste. Un monito indirizzato insomma alla battagliera Elly, che vede l’Europa come un campo di battaglia ideologico, salvo poi sentirsi dire dal suo stesso partito che la priorità è la chiarezza atlantica, non la crociata contro la destra…
L’affondo (con monito) di Gentiloni
E se Gentiloni è storia recente, potremmo considerare il ben servito di Franceschini alla Schlein il capitolo che ha aperto la strada alle defezioni illustri, più o meno slatentizzate. Sì, perché il tempo della pazienza per l’ex ministro della Cultura dem è finito da un pezzo. Proprio lui, regista principale dell’elezione della segretaria al soglio politico del Nazareno ultimamente si è più volte detto stufo – con toni e modi diversi a seconda della circostanza – della deriva identitaria di un partito spostato sempre più a sinistra, presente nelle piazze a capo di tutte le proteste e duro negli slogan contro gli avversari.
Il ben servito di Franceschini alla Schlein maturato da un po’
Solo a titolo meramente esemplificativo basterà ricordare un colloquio “informale” con Il Foglio di questa estate dove la bordata sferrata dall’ex ministro dem non poteva essere più forte, a proposito di strade sbagliate imboccate 8e di rotta da invertire urgentemente). «Ha scelto di stare a sinistra», ha detto secco Franceschini, sottolineando come per vincere davvero serva «guardare al centro». Un colpo durissimo, che rafforza le voci (e la reale assenza strategica) di Dario Franceschini, l’abile tessitore che, pur non parlando, ha già espresso la sua posizione: la linea “radical chic” della segretaria non può reggere l’urto centrista.
Dai centrini l’ultimo affondo: picconata di Ruffini alla segreteria Pd
E a proposito di centro è tornato a esprimere dubbi sulla linea del Pd e sulla consistenza dell’alternativa al centrodestra Mister Fisco Ernesto Ruffini. L’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, e uomo vicino alle anime moderate, ha espresso senza mezzi termini il suo dissenso sulla strategia di coalizione, che vede il Pd ridotto a una “quercia” circondata da “cespugli”. «Ho un’idea molto diversa» da Elly Schlein su «come costruire la coalizione», ha detto Ruffini. «… Il centrosinistra non si costruisce in un laboratorio, ma nel Paese, tra la gente». E ricordando lo «spirito che ha dato vita al progetto originario dell’Ulivo e dal quale è poi nato il Pd», e concludendo severamente che «oggi invece il Pd, per come lo abbiamo conosciuto, sembra non esserci più»…
Formigli: “Bomba a Ranucci? Non l’ha messa Giorgia Meloni”
Ma non è solo la politica a scaricare Elly Schlein. Anche il mondo dell’informazione, spesso spalla naturale dell’opposizione, comincia a prendere le distanze. O meglio: non solo non la segue (e non vuole sentirla arrivare), ma la bacchetta. Pertanto, se della sconfessione di Ranucci abbiamo già scritto, oggi è toccato a Corrado Formigli, in collegamento con Omnibus, mollare la presa. E dopo aver analizzato la situazione del giornalismo d’inchiesta, ammettendo che le difficoltà sono “cominciate da prima del governo Meloni, con Renzi e Beppe Grillo anche”, si è soffermato sul caso specifico all’ordine del giorno: l’attentato a Ranucci e alla libertà di stampa.
E dopo Ranucci, la segretaria perde un altro pezzo…
Come? Respingendo al mittente l’esplicita accusa di Schlein alla destra, che ad Amsterdam l’ha portata a dire ai compagni socialisti che “la democrazia e la libertà di parola sono a rischio quando l’estrema destra è al governo”. E dopo averla rispedita indietro, bollandola anche come controproducente: «Dire che la bomba a Ranucci l’ha messa Giorgia Meloni è sbagliato», ha sentenziato Formigli.
Insomma, anche il giornalismo d’opposizione la scarica: slogan e propaganda urlata, sigillo e ceralacca della retorica schleiniana, non attecchiscono più. E allora, se è vero, come scrive Antonio Polito oggi sul Corriere della sera, Elly Schlein «ha varcato il Rubicone» della polarizzazione estrema, quanto pare, lo ha varcato da sola. Il partito, i centristi e persino i media di riferimento la guardano da lontano, in attesa che torni indietro, o che, semplicemente, si stanchi di sparlare da sola…