
L'informativa in Senato
Consiglio Ue, ecco il discorso integrale di Giorgia Meloni in Senato: sostegno all’Ucraina, pace a Gaza, clima, casa e migrazioni
La premier, forte della ritrovata stabilità del Paese, affronta il Consiglio Europeo spingendo per la soluzione a due Stati in Medio Oriente con il disarmo di Hamas, ribadendo il sostegno all'Ucraina (senza invio di truppe) e rilanciando le sfide su clima e migrazione
Pubblichiamo il testo integrale dell’informativa al Senato della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo che si svolgerà nei giorni 23 e 24 ottobre.
1) Consiglio Ue, il discorso di Giorgia Meloni. Contesto e posizione italiana
Grazie Presidente, Onorevoli colleghi,
il Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre si terrà ancora una volta in un frangente internazionale estremamente complesso.
L’Italia si presenta a questo appuntamento al compimento del terzo anno di questo governo, forte di una stabilità politica rara nella sua storia repubblicana, di un ritrovato protagonismo internazionale – che le viene riconosciuto da tutti – e di indicatori economici e finanziari solidi, che la rendono apprezzata dagli analisti e attrattiva per gli investitori.
Il riconoscimento del Fondo Monetario Internazionale e l’ultima valutazione sul rating dell’Italia da parte dell’agenzia DBRS, riportano finalmente l’Italia dove merita di stare, cioè in serie A, e dimostrano la correttezza della strategia di sviluppo e delle politiche di bilancio messe in campo da questo governo, confermate anche con la legge di bilancio varata la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri. Tutto questo consente all’Italia di presentarsi con autorevolezza al tavolo del Consiglio europeo, per contribuire, con le sue posizioni, a scelte che necessitano di pragmatismo, di visione e di ambizione.
Naturalmente anche questo Consiglio europeo partirà dalle gravi crisi internazionali che stiamo vivendo, sia per i continui e deliberati attacchi russi nei confronti degli obiettivi civili in Ucraina, l’ultimo questa notte con 6 vittime di cui 2 bambini, sia per la grave situazione in cui tuttora versa la Striscia di Gaza.
2) Medio Oriente e Gaza
Il recente accordo sul piano in 20 punti presentato dal presidente Trump – e firmato a Sharm el Sheikh – sulla crisi mediorientale, ha rappresentato uno sviluppo estremamente positivo e concreto, ed è frutto di un lungo e complesso lavoro diplomatico, al quale l’Italia ha contribuito con costanza e pragmatismo.
Siamo molto grati a tutti i mediatori per gli sforzi diplomatici che hanno reso possibile questo importante passo in avanti: mi riferisco ai governi di Egitto, Qatar e Turchia, ma mi riferisco soprattutto al presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha dedicato energie straordinarie per raggiungere quello che è un suo indiscutibile successo.
Dopo molto tempo ci troviamo di fronte a una prospettiva credibile verso una pace giusta e duratura in Medio Oriente.
L’entrata in vigore del cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi, la ripresa degli aiuti umanitari, sono i punti imprescindibili da cui ripartire, ma chiaramente costituiscono soltanto i primi passi di un percorso che sarà lungo e faticoso. Le vicende delle ultime ore dimostrano quanto l’equilibrio sia fragile e sottoposto a rischi quotidiani, e la comunità internazionale è chiamata a disinnescare quei rischi, con determinazione e con pazienza. La violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas dimostra ancora una volta chi sia il principale nemico dei palestinesi, ma la conseguente rappresaglia israeliana concretizzatasi in nuove vittime civili e nell’interruzione del transito degli aiuti umanitari rappresenta un’altra scelta che non condividiamo.
Tuttavia, quello intrapreso con la firma della tregua è l’unico percorso che valga la pena di essere perseguito, l’unico che possa portare alla realizzazione della soluzione a due Stati. Il Piano del Presidente Trump riconosce, infatti, l’aspirazione all’autodeterminazione del popolo palestinese, la cui realizzazione, insieme alla sicurezza di Israele, costituisce la pietra angolare della nostra azione per garantire un futuro di pace, di stabilità, di prosperità alla regione.
Ma per giungere a questo obiettivo, Hamas deve accettare di non avere alcun ruolo nella governance transitoria e nel futuro Stato palestinese, e deve essere disarmato, per impedire che continui a rappresentare una minaccia per la stabilità regionale. Abbiamo avuto, anche in questi giorni, prova della ferocia di questa organizzazione anche nei confronti degli stessi palestinesi, in una pericolosa serie di esecuzioni sommarie che consideriamo inaccettabili.
Sono queste le precondizioni necessarie anche per il riconoscimento da parte dell’Italia dello Stato di Palestina, come anche da indicazione di questo Parlamento. Il Governo è pronto ad agire di conseguenza quando queste condizioni si saranno materializzate.
Il ruolo dell’Italia per Gaza
L’Italia esorta tutte le parti a cogliere l’opportunità fornita da questo spiraglio di pace rispettando i termini del Piano. E, ovviamente, è pronta a fare la sua parte da protagonista. Nell’immediato è centrale la ripresa degli aiuti umanitari a favore della popolazione di Gaza, con un rinnovato ruolo centrale delle Nazioni Unite. In questo ambito, l’Italia continua a svolgere un lavoro intenso, che la pone al primo posto tra le Nazioni occidentali, ed è ovviamente pronta a incrementare i suoi sforzi.
Vale la pena di ricordare il lavoro che la nostra Nazione ha portato avanti in questi mesi, perché da troppe parti – soprattutto per interesse – si finge di non vederlo o addirittura si tenta di negarlo.
Nell’ambito dell’operazione umanitaria Food for Gaza abbiamo inviato nella Striscia oltre 2 mila tonnellate di farina e oltre 200 tonnellate di altri aiuti.
Così come siamo in prima fila nelle evacuazioni sanitarie da Gaza, con un totale di 196 persone, tra bambini che avevano bisogno di essere curati nei nostri ospedali e relativi accompagnatori. Siamo stati i primi a creare dei “corridoi universitari”, che hanno sinora consentito di accogliere in Italia 39 studenti universitari beneficiari di borse di studio. Perché non c’è modo più efficace per aiutare la nascita dello Stato di Palestina se non sostenendo la formazione della sua futura classe dirigente.
Questo sforzo, ribadisco unico tra le Nazioni occidentali, fa giustizia delle polemiche e delle troppe menzogne che abbiamo ascoltato in questi mesi e mi rende orgogliosa di rappresentare una Nazione nella quale la maggioranza dei cittadini sa ancora distinguere tra il cinismo sbandierato a favore di telecamera e la solidarietà vera e silenziosa.
E mi consente di ringraziare il Ministro Tajani, la Farnesina, la Difesa, i tanti funzionari, i militari, i volontari che in questi mesi si sono prodigati nel silenzio, raccontando ancora una volta quale sia il volto più bello dell’Italia.
Sforzo umanitario, impegno su sicurezza e transizione politica
Intendiamo continuare – ovviamente sulla base di adeguate garanzie di sicurezza – in questo sforzo umanitario, sia intensificando le iniziative rivolte alla sicurezza alimentare, sia sul fronte sanitario, continuando con le evacuazioni dei malati verso i nostri ospedali, ma anche intervenendo sul campo con apposite strutture sanitarie. Fattispecie per la quale tanto la Croce Rossa, quanto la Protezione civile e la sanità militare sono state attivate.
Anche sul piano della sicurezza e della transizione politica il nostro impegno sarà deciso. Siamo pronti a fornire tutto il sostegno necessario all’Autorità Nazionale Palestinese, anche sul piano della formazione dei quadri dirigenti, affinché essa possa presto assumere piene responsabilità di governo all’interno di confini riconosciuti. Siamo pronti a contribuire con i nostri Carabinieri, già da anni presenti a Gerico, per la formazione della polizia palestinese, e nella missione UE per Rafah, il cui numero siamo pronti ad aumentare. Lo ribadirò di persona al Presidente Abbas, con cui mi sono data appuntamento a Roma per i primi di novembre.
L’Italia è allo stesso tempo pronta a contribuire attivamente al “giorno dopo”, anche partecipando – qualora le fosse richiesto – ai lavori del “Board of Peace”, l’organo di governo provvisorio per la Striscia.
Sulla ricostruzione, ripartenza, sviluppo
Siamo pronti a fare la nostra parte sul piano del ripristino delle infrastrutture essenziali a Gaza, specialmente quelle sanitarie. Abbiamo inoltre espresso la nostra piena disponibilità a essere co-organizzatori della Conferenza sulla ricostruzione della Striscia di Gaza, che si terrà al Cairo dopo il cessate il fuoco. Un momento che sarà cruciale per coordinare gli sforzi della comunità internazionale finalizzati a una nuova stagione di sviluppo per la Striscia.
Manteniamo alta l’attenzione sulla Cisgiordania, dove una politica dei “fatti compiuti” e la violenza dei coloni rischiano di compromettere le prospettive della statualità palestinese. Abbiamo condannato i piani di espansione degli insediamenti israeliani e riteniamo inaccettabili le dichiarazioni violente di alcuni esponenti delle istituzioni israeliane. Ed è la ragione per la quale siamo pronti a sostenere misure restrittive individuali europee nei loro confronti.
Dal punto di vista della sicurezza, infine, siamo pronti a partecipare a una eventuale Forza internazionale di stabilizzazione e a continuare a sostenere l’Autorità nazionale palestinese nell’addestramento delle sue forze di polizia e nel rafforzamento delle loro capacità operative. Dobbiamo ancora definire i dettagli del nostro contributo, ma ritengo fin d’ora opportuno un passaggio parlamentare su queste materie e avremo quindi modo di approfondire insieme. E sono certa che, trattandosi di contribuire realmente e concretamente alla pace in Medio Oriente, tutte le forze in Parlamento non mancheranno di dare il loro sostegno convinto.
Naturalmente al Consiglio europeo si parlerà anche di Ucraina, come avviene ininterrottamente dal 24 febbraio 2022.
Lo faremo, a maggior ragione, partendo dai nuovi colloqui svolti dal presidente Trump sia con Vladimir Putin che con Volodymir Zelensky.
3) Sull’Ucraina
Sull’Ucraina, la nostra posizione non cambia, e non può cambiare, davanti alle vittime civili, alle immagini delle città, delle case, delle stazioni elettriche e di stoccaggio del gas sistematicamente bombardate dai russi, con il solo e preciso intento di rendere impossibile la vita alla popolazione civile, che resiste eroicamente da quasi quattro anni a un conflitto su larga scala. Lasciatemi notare che questo cinismo non si è fermato nemmeno di fronte ai convogli umanitari delle Nazioni Unite che trasportavano beni di prima necessità. Anche questi, la settimana scorsa, sono stati bersagliati senza alcun ritegno dai droni russi. Anche se la cosa, per ragioni a me oscure, non ha destato lo stesso moto di indignazione che abbiamo visto per altri scenari.
L’ho ripetuto a Volodymyr Zelensky a margine del Consiglio europeo informale di Copenaghen, e ancora al telefono qualche giorno fa: il nostro sostegno al popolo ucraino resta fermo, determinato, nell’unico intento di arrivare alla pace. Tale pace deve però essere giusta, e non frutto della sopraffazione. Il che implica una soluzione equa, frutto di un percorso negoziale credibile, nel quale, chiaramente, nessuna decisione sull’Ucraina può essere presa senza l’Ucraina e nessuna decisione sulla sicurezza europea può essere presa senza l’Europa. Assicurare la difesa dell’Ucraina è interesse dell’intera Europa perché, se venisse consentita l’invasione di una Nazione europea, dal giorno dopo nessuno potrebbe sentirsi veramente al sicuro da aggressioni esterne.
Per questo, contiamo di proseguire il lavoro che stiamo conducendo, insieme agli Stati Uniti – che, come ho sempre detto, devono essere parte integrante di questi sforzi – per definire garanzie di sicurezza robuste, credibili, efficaci nella loro chiaramente capacità di deterrenza, per Kiev e per tutti noi. Deterrenza che si basa innanzi tutto sulla forza dell’esercito ucraino, che ad oggi è uno degli eserciti principali del Continente. Ma gli altri due perni su cui questa architettura di sicurezza si deve reggere, dal nostro punto di vista, prevedono una componente politica, con un meccanismo di assistenza modellato sull’articolo 5 del Patto Atlantico; e una componente di rassicurazione prevista dalla cosiddetta coalizione dei volenterosi.
La conferma: l’Italia esclude l’invio di propri soldati in territorio ucraino
Su quest’ultima però, lasciatemi nuovamente e nettamente ribadire la posizione del Governo: ciascuna Nazione contribuirà a questi sforzi nella misura in cui potrà e riterrà necessario. L’Italia ha già chiarito che non prevede l’invio di propri soldati in territorio ucraino. Quest’estate, dopo l’incontro in Alaska tra il Presidente Trump e il Presidente Putin abbiamo accarezzato l’idea che fossimo finalmente all’inizio di un percorso negoziale. Purtroppo, poche settimane dopo, la Russia ha nuovamente gettato la maschera, portando avanti tattiche dilatorie, ponendo condizioni impossibili per una seria iniziativa di pace. Mosca chiede, infatti, che l’esercito ucraino si ritiri dalle regioni che la Federazione Russa ha formalmente annesso ma che non controlla sul campo e che non riesce a conquistare. Non dobbiamo dimenticare che, da novembre del 2022 ad oggi, Mosca è riuscita a conquistare appena l’1% del territorio ucraino, peraltro a costo di grandi sacrifici in termini di uomini e mezzi.
Sicurezza e difesa europea
Ed è esattamente questo stallo però che oggi può rendere possibile giungere ad un’ipotesi di pace. Non possiamo considerare accettabile l’atteggiamento ambiguo di chi promette impegno negoziale e poi bombarda costantemente obiettivi civili. Per arrivare al tavolo delle trattative serve, quindi, anche incrementare la pressione su Mosca, come stiamo facendo con il 19° pacchetto di sanzioni europee, che stiamo approvando e che contribuirà a ridurre ancora di più le risorse che Mosca può destinare allo sforzo bellico. Perché giova ripetere un concetto importante: le sanzioni economiche non sono contro il popolo russo, ma contro il regime che trasforma la ricchezza della Russia in armi e distruzione. Ogni risorsa che la Russia accumula oggi non serve a costruire scuole, ospedali o a generare lavoro, ma serve a finanziare la guerra, e la distruzione di scuole, ospedali o lavoro in Ucraina
È noto, inoltre, che stiamo discutendo con i partner UE e G7 di ulteriori possibili misure relative ai beni congelati russi, rispetto alle quali tuttavia riteniamo – e non siamo i soli – che sia necessario rispettare il diritto internazionale e il principio di legalità; tutelare la stabilità finanziaria e monetaria delle nostre economie e dell’area euro; garantire la sostenibilità di ogni passo che dovesse essere intrapreso.
Sempre in tema di sicurezza europea, le recenti violazioni dello spazio aereo europeo hanno dimostrato, una volta di più, l’attualità del percorso di rafforzamento della prontezza europea di fronte a possibili minacce. Insieme agli altri Leader europei, discuteremo la proposta della Presidente della Commissione von der Leyen e dell’Alto Rappresentante, Kaja Kallas, su una Roadmap per la prontezza europea nella difesa, che raccoglie le proposte su come unire le forze degli Stati Membri per colmare alcune lacune nella nostra capacità difensiva. La Commissione, inoltre, proporrà alcuni progetti di interesse europeo, i cosiddetti “Flagship projects”.
In questo quadro l’Italia intende soprattutto ribadire l’importanza di assicurare che questi progetti siano mirati a garantire la sicurezza di tutti i Paesi dell’Unione. È evidente, ad esempio, che tutti i confini dell’Alleanza hanno la stessa rilevanza, e che la prontezza europea nella difesa deve essere sviluppata a 360°. Tutti conosciamo e supportiamo la necessità di proteggere il fianco Est dell’Europa e della NATO ma non possiamo consentire che si perda di vista il fianco meridionale dell’UE: la sicurezza dei confini esterni dell’Alleanza è indivisibile. Dobbiamo essere pronti anche di fronte alle minacce alla nostra sicurezza portate dai conflitti e dall’instabilità nel Medio Oriente, in Libia, nel Sahel, nel Corno d’Africa. Sappiamo che i nostri competitor sono molto attivi anche in questi quadranti, così come conosciamo molto bene i rischi che possono derivare dal terrorismo e dalla strumentalizzazione delle migrazioni. Il ministro Guido Crosetto, che ringrazio, è stato molto chiaro su questo punto durante l’ultima riunione dei ministri della Difesa della UE.
Intanto, l’Italia ha già cominciato il percorso di rafforzamento della sua difesa, aderendo ai finanziamenti agevolati previsti da SAFE (Security Action for Europe), con l’assegnazione di 14,9 miliardi di euro. Il che ci consente, come abbiamo annunciato e come dimostra la legge di bilancio, di rafforzare la nostra difesa senza distogliere un solo euro dalle altre priorità che il Governo si è dato.
È ora in corso un attento lavoro di selezione dei progetti per i quali sarà utilizzato questo strumento, con un’attenzione particolare a massimizzare lo sviluppo dell’industria della difesa nazionale e le ricadute occupazionali sull’Italia, così come allo sviluppo di strumenti dual use, che abbiano, cioè, una utilità tanto militare quanto civile.
Un altro importante passaggio è l’adozione del Regolamento EDIP (European Defence Industry Program), il programma europeo di sviluppo per l’industria della difesa che prevede un sostegno europeo di 1,5 miliardi di euro. L’Italia ha seguito con molta attenzione questo negoziato, riuscendo a ottenere che fosse mantenuto l’equilibrio tra la volontà di rafforzare l’autonomia strategica europea e la necessità di consentire alle nostre industrie della difesa di continuare a rifornirsi anche di componentistica da altri mercati, al fine di non creare divari competitivi con altri partner europei.
Su un piano più ampio, il rafforzamento della difesa richiede tuttavia soluzioni finanziarie ancora più ambiziose. Chiediamo fin d’ora di aprire un dibattito sulla possibilità di rendere permanente la flessibilità del Patto di stabilità e crescita, con riferimento agli investimenti in questo settore. In parallelo, come abbiamo sostenuto fin dal primo momento, la mobilitazione dei capitali privati è essenziale per sostenere un’accelerazione degli investimenti. Il che implica, a nostro avviso, il completamento dell’Unione dei mercati dei capitali a livello UE e un ruolo più profilato per la Banca europea per gli investimenti.
In ultimo, sempre in materia di difesa, per l’Italia è molto chiaro che il ruolo centrale in tutto questo processo rimane quello degli Stati Membri, che ricordo avere competenza esclusiva in termini di sicurezza nazionale. Sono e devono rimanere gli Stati Membri i decisori in questo percorso.
Così come all’Italia è chiaro che il processo di rafforzamento della prontezza europea deve avvenire in piena complementarità con la NATO, che rimane l’alleanza deputata a garantire la nostra sicurezza. L’obiettivo rimane quello di rafforzare il pilastro europeo della NATO, complementare a quello nordamericano, mantenendo il vincolo transatlantico come orizzonte imprescindibile per la nostra Nazione e per l’intera Europa.
Il Consiglio europeo sarà anche l’occasione per affrontare una questione che io considero determinante per il futuro dell’Unione: ovvero, la proposta di emendamento della Commissione Europea alla Legge europea per il clima, con la quale si intende fissare un nuovo obiettivo intermedio di riduzione delle emissioni nette del 90% entro il 2040 (rispetto al livello del 1990), quale tappa intermedia verso l’obiettivo già previsto della neutralità climatica, ovvero del 100% di riduzione, nel 2050.
4) Obiettivi Climatici (Legge Clima Europea)
Voglio premettere che l’Italia sostiene, e continuerà a sostenere, un ambizioso percorso di riduzione delle emissioni, un obiettivo che consideriamo importante non solo per la nostra salute e i nostri territori, per la nostra autonomia strategica. Ma riteniamo che il modo migliore per NON raggiungere questo obiettivo sia continuare a rincorrere un approccio ideologico, e pertanto irragionevole, che impone obiettivi insostenibili e irraggiungibili, che producono danni al nostro tessuto economico-industriale, indeboliscono le nazioni europee e rischiano di compromettere definitivamente la credibilità stessa dell’Unione Europea.
Perché qui si tratta prima di tutto di credibilità: come possiamo risultare credibili agli occhi dei nostri partner internazionali, e degli investitori, se ci poniamo obiettivi inverosimili, perfino dannosi, per chi volesse fare impresa in Europa e in Italia? Noi vogliamo abbandonare quell’approccio ideologico che ha caratterizzato la stagione del Green Deal, per abbracciare un pragmatismo serio e ben ancorato al principio di neutralità tecnologica.
Per questo, lo dico chiaramente, l’Italia non potrà sostenere la proposta della Commissione di revisione della Legge Clima europea così come formulata ad ora, a maggior ragione se non sarà accompagnata da un vero e sostanziale cambio di approccio. E per noi questo cambio di approccio deve sostanziarsi in tre ambiti principali, in cui le rinnovabili hanno un ruolo nello sviluppo ma devono essere integrate in un sistema equilibrato, tecnologicamente attrezzato per contenere al massimo le emissioni.
In primo luogo, un’eventuale modifica della Legge Clima europea che preveda un nuovo obiettivo intermedio al 2040 dovrà essere accompagnato da chiare e definite “condizioni abilitanti”, ovvero strumenti che consentano di raggiungere gli obiettivi senza compromettere irrimediabilmente l’economia europea, a vantaggio, peraltro, di un numero sempre più alto di concorrenti strategici a livello globale, che fanno salti di gioia di fronte alle follie verdi che ci siamo autoimposti e che vogliamo continuare ad autoimporci. Mi riferisco in particolare alla possibilità di conteggiare sino almeno al 5% (tanto degli obiettivi a livello UE, tanto degli obiettivi nazionali), i cosiddetti crediti internazionali, ovvero quei progetti di cooperazione internazionale che l’UE e gli Stati membri finanziano in Paesi terzi per ridurre le emissioni di carbonio. Anche considerato che le emissioni di carbonio UE ammontano a circa il 6% delle emissioni globali, non è trascurabile il valore che ha, ai fini dell’obiettivo finale, favorire un’economia sostenibile nei Paesi in via di sviluppo. È esattamente lo spirito del Piano Mattei e del focus che il Piano ha sui progetti ambientali.
Risorse e prospettive
Ne sono un esempio, nell’ambito del sostegno italiano alla strategia internazionale di rafforzamento dell’accesso all’energia elettrica “Mission 300”, le iniziative che stiamo portando avanti in vari Paesi, come la Costa d’Avorio e la Repubblica democratica del Congo, e le iniziative ASCENT, in co-finanziamento con la Banca Mondiale, in Tanzania e in Mozambico, a cui l’Italia contribuisce per espandere l’accesso all’energia elettrica da fonti rinnovabili in contesti remoti nei quali la rete elettrica nazionale non risulta sostenibile. Aggiungo anche la necessità di applicare la massima flessibilità nella contabilizzazione delle riduzioni nelle emissioni ottenute dai diversi sistemi di cattura del carbonio attualmente in uso, restando aperti alle nuove scoperte, alle nuove tecnologie che vengono man mano affinate in questo settore.
Allo stesso tempo, chiediamo di prevedere una robusta clausola di revisione degli obiettivi climatici sanciti dalla Legge Clima europea. Tra cinque anni sarà fondamentale fare il punto su dove siamo, su cosa avrà funzionato e su cosa no a livello UE e nelle differenti Nazioni europee e, se sarà necessario, adottare le misure correttive conseguenti. Dobbiamo, insomma, porci degli obiettivi realistici, verificabili, compatibili con la sopravvivenza dei nostri settori produttivi e industriali.
La seconda condizione che poniamo è che questo cambio di approccio preveda una piena applicazione del principio della neutralità tecnologica a tutta la legislazione climatica UE, a partire da quella relativa al settore automobilistico e a quello dell’industria pesante, dove esiste un limite tecnico alla transizione e bisogna ragionare anche in termini di integrazione energetica. Lo ribadiamo: non può esistere solo l’elettrificazione per il futuro dell’auto, e tantomeno per quello del trasporto pesante o dell’industria, a partire da quella dell’acciaio, del vetro e del cemento. Dobbiamo al contrario rimanere aperti a tutte le soluzioni, come anche i biocarburanti sostenibili, che possono contribuire alla decarbonizzazione e che devono essere consentiti anche dopo il 2035.
Finalmente, anche grazie alla nostra insistenza su questo punto e alla nostra capacità di portare su queste posizioni altri importanti partner europei, registriamo una prima apertura da parte della Presidente Von der Leyen che, nella lettera sulla competitività inviata ai leader lunedì scorso, in previsione del Consiglio, fa esplicito riferimento a questa possibilità. Applicare questo principio significherebbe garantire la sopravvivenza del motore endotermico, alimentandolo con carburanti alternativi e sostenibili, e quindi salvare gran parte della nostra filiera dell’automotive e del gas. Un obiettivo che ci siamo posti fin dall’inizio del nostro mandato e sul quale non intendiamo arretrare. E infine, terzo punto per noi dirimente è quello delle risorse. Perché nessuna transizione è davvero possibile senza stanziare le risorse adeguate. Il nuovo Quadro finanziario pluriennale (QFP), che abbiamo cominciato a negoziare e sul quale saremo determinati, sarà un fondamentale banco di prova insieme – lo ripeto – all’avanzamento verso l’Unione dei mercati dei capitali UE, fondamentale per favorire gli indispensabili investimenti privati necessari a complemento di quelli pubblici.
Coraggio e necessità di correggere “scelte azzardate del Green Deal”
È quest’ultimo, peraltro, un tema di cui discuteremo anche con la Presidente della Banca Centrale europea, e il Presidente dell’Eurogruppo, in occasione del Vertice Euro che avrà luogo a margine del Consiglio europeo. Chiediamo, in sintesi, un intervento coraggioso alla Commissione per correggere un ampio numero di scelte azzardate compiute in passato con il Green Deal, che oggi stanno mostrando tutti i loro limiti. Diversamente, voglio essere chiara, ancora una volta, l’Italia non è pronta a sostenere nuove iniziative autodistruttive e controproducenti per inseguire gli interessi di bizzarre maggioranze parlamentari in Europa.
Sulla semplificazione normativa
Altro tema di particolare rilevanza per la competitività europea e la transizione, di cui discuteremo a Bruxelles, è quello della semplificazione normativa. Alcuni primi passi in avanti sono stati fatti con i diversi pacchetti Omnibus sinora presentati, per i quali ringraziamo la Commissione Europea.
Così come abbiamo accolto con interesse gli impegni assunti dalla Presidente von der Leyen, sempre nella lettera di lunedì, con una concreta pianificazione di proposte che si prefiggono l’obiettivo di semplificare ulteriormente il quadro regolatorio europeo e di sostenere la competitività del nostro continente, bilanciando le esigenze della sostenibilità ambientale con quelle dello sviluppo industriale e dell’innovazione. Le valuteremo man mano che emergeranno e, come sempre, non faremo mancare il punto di vista chiaro e costruttivo dell’Italia. Ma riteniamo si possa, e si debba, fare di più. Per questa ragione, su questo tema, insieme al Cancelliere Mertz e a circa altri 15 leader Europei, ho indirizzato una lettera alla Presidente von der Leyen per accelerare ulteriormente la semplificazione sulla base di tre principi:
Primo: revisione dell’intero acquis regolamentare cioè dell’insieme delle leggi, dei regolamenti, delle sentenze e delle consuetudini che compongono il diritto dell’Unione per individuare tutto ciò che è obsoleto e non funzionale;
Secondo: cancellazione tramite i pacchetti Omnibus della regolamentazione non necessaria;
Terzo: contenimento all’essenziale delle nuove proposte legislative, limitandosi alle sole materie delegate dove maggiore è il valore aggiunto di un intervento europeo. In altre parole, piena e semplice applicazione dei principi di attribuzione, di sussidiarietà, di proporzionalità che sono sanciti dai Trattati.
L’Italia ha contribuito con forza al cambio di paradigma europeo che sta finalmente riportando al centro le tematiche della semplificazione e della competitività.
Terreni su cui per lungo tempo l’Ue ha seguito traiettorie sbagliate che l’hanno fortemente indebolita nei confronti dei suoi competitor globali. Ora non è il momento di esitare. Tutt’altro. È tempo di porre rimedio agli errori del passato, rimettendo al centro concretezza e visione, con l’unico obiettivo di rendere più facile la vita ai nostri cittadini e alle nostre imprese. E noi continueremo a fare la nostra parte in questo percorso, perché non intendiamo rassegnarci al declino delle nostre società e alla deindustrializzazione del nostro continente.
5) Politiche abitative
In Consiglio europeo, anche su richiesta italiana, si discuterà poi di politiche abitative, a fronte del sempre più pressante problema dei costi immobiliari, in particolare per le fasce più giovani della società. Come sapete, il Governo sta lavorando, e ringrazio per questo il Vicepresidente Matteo Salvini, ad un importante piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie, per aiutarle a compiere quel primo passo fondamentale anche per la costruzione di una famiglia. La questione della casa è per noi un tema fondamentale, che tocca direttamente la questione dell’equità sociale, intersecando molti settori. Per questo abbiamo accolto con favore nella revisione di medio termine della politica di coesione proposta dal Vicepresidente Fitto, che la casa sia una delle cinque nuove priorità finanziabili.
La Commissione presenterà il Piano d’azione per l’edilizia abitativa accessibile (previsto entro metà dicembre 2025), la cui proposta attendiamo con molto interesse.
Sarà essenziale che il Consiglio europeo fornisca orientamenti e indichi come offrire un valore aggiunto tangibile, ovviamente nel rispetto delle prerogative degli Stati membri ancora una volta e delle competenze nazionali.
6) Immigrazione, l’approccio italiano, la logica (e il modello) del Piano Mattei
Infine, come i precedenti anche questo Consiglio europeo tratterà di immigrazione. È un punto su cui, come sapete, l’Italia ha insistito fin dall’insediamento di questo Governo, ribadendo come la gestione delle migrazioni sia una questione di livello europeo che si può affrontare seriamente soltanto attraverso politiche chiare, attuate con determinazione, attuate con costanza.
In questo senso, la lettera che la Presidente Von der Leyen invia ai Leader, ormai di regola in vista dei Consigli Europei, rappresenta uno strumento importante di aggiornamento e di coordinamento. A quasi tre anni dal mio primo viaggio a Bruxelles in qualità di Primo Ministro italiano, il 3 novembre 2022, in cui avevo posto la migrazione come uno dei grandi temi su cui lavorare insieme dopo anni di contrasti e divisioni, dobbiamo constatare che molto è cambiato. L’approccio italiano, ispirato a fermezza contro l’immigrazione irregolare e i trafficanti di essere umani, cooperazione con i Paesi di origine e transito, governo della migrazione legale, politiche più efficaci di rimpatrio, è ormai divenuto maggioritario in Europa. L’Italia ha saputo proporre idee e soluzioni innovative che vengono guardate con sempre maggiore interesse. Lo dimostra in primis, il focus sulla dimensione esterna. La logica del Piano Mattei per l’Africa è ormai un modello, non solo per l’Unione Europea – che con la Strategia Global Gateway si muove sempre più su binari paralleli ai nostri – ma anche per le singole Nazioni europee, che sempre di più ci chiedono di condividere la nostra esperienza e di poter collaborare con noi.
Migrazioni e sviluppo
Riscontriamo un forte interesse anche anche per il Processo di Roma su migrazioni e sviluppo, come dimostra anche il recente annuncio da parte del Primo Ministro Britannico Keir Starmer, che ringrazio, di aver innalzato il proprio contributo alle nostre iniziative sui rimpatri volontari, in collaborazione con OIM e UNHCR, a 5,75 milioni di sterline.
È ormai divenuta un appuntamento consolidato anche la riunione informale dei Capi di Stato e Governo che sostengono le soluzioni innovative a margine dei Consigli Europei e che sono ospitate a turno da Italia, Paesi Bassi e Danimarca. Ci rivedremo nuovamente in questo formato e sarà l’occasione per fare il punto anche sul tema delle Convenzioni internazionali e sulla necessità di assicurare che la loro attuazione consenta di affrontare anche le sfide della moderna immigrazione irregolare, impensabili quando quelle Convenzioni furono scritte, e sottoscritte anche dall’Italia. Proporremo, in questa occasione, ai partner una tabella di marcia che dovrebbe, anche in collaborazione con il Segretario Generale del Consiglio d’Europa Berset, portare nei prossimi mesi ad un primo dibattito a livello politico, sul tema, a Strasburgo.
Contrasto all’immigrazione illegale di massa
Intanto, procedono in Consiglio i negoziati sulle proposte normative che consideriamo molto importanti avanzate dalla Commissione, su impulso italiano, prime fra tutte l’adozione di una lista europea di Paesi di origine sicuri, come previsto dal nuovo Patto Migrazione e Asilo, e la revisione del quadro giuridico europeo in tema di rimpatri, per rendere le procedure più rapide ed efficaci.
La proposta della Commissione contiene elementi positivi, che rispondono alle istanze italiane in materia, tra cui la definizione più ampia di Paese terzo di rimpatrio, che può includere un Paese terzo sicuro e un Paese con cui è in vigore un accordo. In questo modo, verrebbe introdotto a livello UE il presupposto giuridico per l’istituzione di centri di rimpatrio destinati alla permanenza (a breve o a lungo periodo) in Paesi terzi, di migranti irregolari in attesa del loro rimpatrio definitivo. Insomma, continua l’azione decisa dell’Italia nel contrasto all’immigrazione illegale di massa. I risultati stanno arrivando e una volta che avremo finalmente creato un quadro di norme europee efficaci, siamo certi che quei risultati saranno ancora migliori. E a beneficiarne saranno soprattutto i quartieri periferici delle nostre città, le fasce più deboli della nostra popolazione, le nostre autorità di pubblica sicurezza che non vedranno più frustrati i loro sforzi, e gli stranieri regolari che scelgono di integrarsi nella nostra società.
Ma più in generale ne beneficeranno tutti gli italiani, anche quelli che non sono d’accordo con il nostro approccio.
Il lavoro serio, la buonafede, i risultati
Lo avevamo promesso e lo stiamo facendo. E continueremo a farlo, perché la storia recente ci ha dimostrato che non importa quante menzogne si raccontino, né di quali nefandezze ti si accusi, né quanto si tenti di metterti i bastoni tra le ruote. La maggioranza degli italiani, sempre più maggioranza, riconosce il lavoro serio, la buonafede e i risultati. E finché quella maggioranza sarà dalla nostra parte, noi andremo avanti con la testa alta e lo sguardo fiero, consapevoli della grande Nazione che rappresentiamo, in Italia e all’estero, perché sempre più italiani possano essere fieri di noi e, soprattutto, orgogliosi di essere italiani.
Vi ringrazio.