
Domani lo storico giorno
Addio alle armi. Lo scambio degli ostaggi, poi la firma della pace nel “Trump day”. Ci sarà anche Meloni
E’ il giorno della pace, è il giorno di Trump, è il giorno dell’addio alle armi. Nelle ore in cui si attendeva la liberazione degli ostaggi ancora in mano ad Hamas e di quelli palestinesi, su cui fino all’ultimo i guerriglieri hanno giocato al rialzo con Tel Aviv, il presidente degli Stato Uniti si imbarcava sull’Air Force One con destinazione Egitto. Il 13 ottobre, un lunedì pomeriggio, a Sharm El Sheik, arriverà la storica firma di pace a scambio di ostaggi consumato. Un rilascio che Hamas ha promesso senza macabri festini, in diversi punti di Gaza, e a partire dalle prime luci dell’alba. Ma fino all’ultimo ha insistito affinché la lista definitiva dei prigionieri che Israele deve rilasciare nell’ambito dell’accordo di cessate il fuoco si fossero sette leader palestinesi di alto livello, in particolare Marwan Barghouti, Ahmad Saadat, Ibrahim Hamed e Abbas Al-Sayyed. Secondo l’accordo di cessate il fuoco raggiunto da Israele e Hamas, quest’ultima è obbligata a consegnare tutti gli ostaggi vivi, così come i corpi degli ostaggi di cui conosce la posizione, entro le 12 di domani. Il governo israeliano ha dichiarato di aspettarsi il rilascio degli ostaggi ancora vivi lunedì mattina presto.
Trump day, l’arrivo in Egitto per la firma della pace
Trump sbarcherà prima a Tel Aviv, alle ore 9,20 ora locale, con l’obiettivo di andare a visitare i prigionieri israeliani rilasciati, grazie a lui, negli ospedali della città. All’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv già sventolano le bandiere americane accanto a quelle del Paese ospite. La visita lampo del presidente americano inizierà con una breve cerimonia: Trump sarà accolto dal presidente di Israele Isaac Herzog, dal premier Benyamin Netanyahu con la moglie Sara, dal leader dell’opposizione Yair Lapid. Poi, il commander in chief si sposterà in convoglio blindato verso la Knesset a Gerusalemme, dove firmerà il libro degli ospiti e visiterà l’ufficio del presidente del Parlamento Amir Ohana. Alle 10.45 incontrerà il primo ministro, il presidente Herzog e le famiglie degli ostaggi, e alle 11 terrà un discorso alla plenaria. Il protocollo prevede che il presidente statunitense tenga il suo speech dopo gli interventi di Ohana, Netanyahu e Lapid. Quindi, Trump tornerà in aeroporto da dove decollerà intorno alle 13,00 (un’ora prima in Italia) per Sharm el-Sheikh, in Egitto, per prendere parte allo storico vertice con i leader della regione ed europei, tra cui Giorgia Meloni, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, il leader del Regno Unito Keir Starmer (in qualità di potenza governante). La cerimonia sarà presieduta congiuntamente dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Oltre ai leader europei, sono attesi rappresentanti di numerosi paesi arabi e islamici.
Ci sarà anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Secondo fonti governative egiziane, Trump sarà ricevuto nella città rossa di Sharm el-Sheikh dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi per partecipare a una cerimonia di firma insieme agli altri garanti dell’accordo di pace per Gaza. In un comunicato diffuso dal governo egiziano è emerso che il ministro degli Esteri Badr Abdelatty e il Segretario di Stato americano Marco Rubio hanno discusso i preparativi per il vertice di Sharm El-Sheikh in una telefonata.
L’accordo di pace su Gaza: i 21 punti
L’accordo di pace in 21 punti a Sharm el-Sheikh è un piano strutturato per porre fine al conflitto di Gaza, con le seguenti componenti principali riassunte:
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Cessate il fuoco immediato tra Israele e Hamas.
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Rilascio di circa 20 ostaggi israeliani vivi detenuti da Hamas.
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Restituzione dei resti di circa 28 ostaggi deceduti.
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Liberazione di circa 250 prigionieri palestinesi condannati a vita.
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Liberazione di circa 1.700 detenuti gazawi durante la guerra.
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Graduale ritiro delle truppe israeliane da Gaza verso una linea concordata.
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Ripresa degli aiuti umanitari a Gaza.
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Garanzia di supervisione internazionale per l’attuazione dell’accordo.
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Hamas accetta di cedere il controllo di Gaza a un comitato di tecnocrati palestinesi.
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Supervisione del comitato da parte di un organismo internazionale guidato dagli Stati Uniti.
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Scambio degli ostaggi entro 72 ore dall’approvazione israeliana.
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Mantenimento delle forze israeliane schierate all’interno di Gaza in fasi successive.
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Critica rimozione di riferimenti espliciti alla smilitarizzazione di Hamas.
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Meccanismi di verifica per monitorare il disarmo e la smilitarizzazione futura.
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Parziale esclusione di membri di Hamas coinvolti in atti terroristici dal rilascio.
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Rifiuto di Israele di un ruolo futuro per Hamas nella politica.
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Mancata formalizzazione di uno stato palestinese nel piano.
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Cooperazione e mediazione di Qatar, Egitto, Turchia e Stati Uniti.
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Impegno di Netanyahu e Hamas al rispetto dell’accordo, con scetticismo e garanzie richieste.
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Pressione internazionale per garantire la stabilità e la pace duratura.
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Sequenza chiara di fasi con priorità al ritorno degli ostaggi.