
L'appello boomerang
Tridico sponsorizzato dagli intellettuali di sinistra? La Calabria non si governa dai salotti
A sinistra sono ancora convinti che l’investitura da parte di certa intellighenzia valga più della realtà. E non capiscono che la Calabria ha bisogno di concretezza, non di certificazioni accademiche o di santini laici
C’è un vizio antico che riemerge ogni volta che la Calabria torna al centro del dibattito politico: l’idea che la soluzione ai suoi mali possa arrivare attraverso la consacrazione di un “illustre” candidato scelto e sostenuto da firme prestigiose del mondo culturale. L’ultimo esempio è l’appello per Pasquale Tridico alla presidenza della Regione.
A prima vista, il documento appare solenne e intriso di buone intenzioni. Ma a guardarlo più da vicino, la patina di nobiltà rivela crepe profonde.
Che Tridico sia un professore universitario e un ex presidente dell’Inps non è in discussione. Ma governare la Calabria non è come dirigere un ente previdenziale: significa conoscere il territorio, trattare con sindaci, fronteggiare emergenze quotidiane e, al tempo stesso, elaborare visioni di lungo periodo. L’appello che lo esalta parla di “riscatto” e di “nuova dignità”. Parole suggestive, ma vaghe. Si parla di un reddito di cittadinanza senza spiegare come trasformarlo in occupazione stabile; si rifiuta il Ponte sullo Stretto senza indicare alternative capaci di spezzare l’isolamento infrastrutturale e aprire a uno sviluppo del Sud finalmente libero dalle vecchie sacche assistenzialistiche; si invoca giustizia sociale ridotta a slogan ideologico, senza tradurla in strumenti amministrativi concreti. Non un programma politico, dunque, ma una dichiarazione d’intenti che dovrebbe servire a rassicurare salotti già convinti.
Ma il punto più problematico sta nel metodo. A certificare la qualità della guida di Tridico non è la società calabrese ma un gruppetto di intellettuali che si propone come notaio del destino della regione. È come se bastasse un elenco di firme per dimostrare che Tridico sia la persona giusta. Un tratto tipico di una certa sinistra, che brandisce la presunta superiorità morale come lasciapassare, convinta che l’imprimatur dell’intellighenzia valga più della realtà. Ma non sempre è così, almeno in democrazia. La cultura non è un bollino di garanzia per la buona politica.
Emblematica la gaffe del presunto defunto tra i firmatari, salvo poi tardivi chiarimenti. Quando conta più la lista degli illustri che la sostanza delle proposte, il rischio del boomerang è inevitabile.
A parte il solito Tomaso Montanari, che non perde occasione per indossare i panni del politologo pur essendo, di mestiere, uno storico dell’arte, a colpire è l’età media dei sottoscrittori: molti docenti in pensione, rispettabili ma distanti dalle sfide del presente. E in alcuni casi con trascorsi politici che rendono persino stonato il tono solenne dell’appello. Basti pensare ad Angelo D’Orsi, candidato nel 2021 a sindaco di Torino con sponsor d’eccezione come nientemeno il regista inglese Ken Loach. Il risultato? Una misera percentuale del 2,53. O a Domenico Cersosimo, chiamato da Agazio Loiero nel 2007, da esterno non eletto, alla vicepresidenza della Calabria. Magari non tutto dipese da lui, ma in quegli anni ebbe un potere enorme. Ciò che oggi rivendica avrebbe potuto realizzarlo allora, anche solo in minima parte, quando era il suo turno. Ma non lo fece.
La storia recente, poi, dimostra che le investiture degli intellettuali raramente conquistano il popolo. Anzi, finiscono per rafforzare la percezione di un candidato calato dall’alto, protetto da potentati vari ma distante dai problemi quotidiani della gente.
La Calabria non ha bisogno di certificazioni accademiche o di santini laici, ma di concretezza. Ha bisogno di chi sappia affrontare la sanità pubblica, i trasporti, la fuga dei giovani, la piaga della disoccupazione, restituendo fiducia attraverso ordine, infrastrutture moderne e sviluppo reale.
In definitiva, l’appello per Tridico non è soltanto debole nei contenuti: è il simbolo di un approccio già visto e fallito varie volte. La Calabria non si riscatta con dei bollini di garanzia, ma con una guida radicata nel territorio, capace di dare finalmente risposte concrete a un popolo che non attende retorica, ma futuro.