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Ricci e Schlein senza pudore: nelle Marche anche la macabra “tournée” sulla lapide delle vittime dell’alluvione

Il voto delle Regionali

Ricci e Schlein senza pudore: nelle Marche anche la macabra “tournée” sulla lapide delle vittime dell’alluvione

Politica - di Antonio Baldelli - 22 Settembre 2025 alle 12:44

Settimane intere di campagna elettorale condotte come speculatori pronti a gettarsi su qualsiasi tema pur di strappare qualche titolo: dalla legge sul fine vita alla tragedia di Gaza. Una campagna elettorale “a strascico”, in cui non conta quali siano le competenze amministrative della Regione, non conta la delicatezza che certi temi imporrebbero. Per non parlare delle promesse da imbonitore da fiera paesana. Conta solo la visibilità, l’abbaglio momentaneo, l’illusione di poter catturare un elettore con la stessa logica di chi lancia le reti a mare sperando che qualcosa vi resti impigliato.

Matteo Ricci ha fatto di questo stile la sua cifra quotidiana. Non un leader ma un approfittatore di espedienti, sempre pronto ad avventarsi su qualsiasi tema, senza rispetto, senza pudore, con una brama smodata di esposizione mediatica.

Non basta. Il candidato delle sinistre ha adottato la regola più cinica della propaganda, quella che Joseph Goebbels, ministro per la propaganda della Germania nazista, scolpì in una delle sue massime: «Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità».
Ed è ciò che ha fatto negli ultimi mesi: sulla sanità, sui dati dell’occupazione, sulla crescita economica. Sempre la stessa tecnica: distorcere, manipolare, ripetere. Perché? Perché un programma non c’è. E non può esserci, quando si tiene insieme un’accozzaglia di alleati che su ogni questione si divide: chi a favore e chi contrario all’inceneritore; chi favorevole e chi contrario al fine vita; chi, come Italia Viva, definiva i 5 Stelle “scappati di casa” e poi ci si allea; chi, come i 5 Stelle, gridava “mai con il partito di Bibbiano” e oggi vi si abbraccia appassionatamente. Non è un’alleanza: è, per usare le parole di Montaigne, “un mostro fatto di membra discordi”. Una bomba a orologeria pronta a esplodere.

Ma Ricci ha davvero oltrepassato il limite quando sabato scorso, insieme a Elly Schlein, si è fatto immortalare a Ostra, in provincia di Ancona, davanti alla lapide che ricorda le tredici vittime dell’alluvione del 2022. Senza ritegno, senza vergogna, senza nemmeno un briciolo di pietas. Pronto a speculare persino sul dolore più intimo di famiglie che ancora portano addosso ferite insanabili.

Quella è stata la peggiore forma di sciacallaggio politico cui abbiano mai assistito le Marche. Un gesto talmente riprovevole da provocare uno sdegno unanime, al punto che persino i familiari delle vittime hanno sentito il dovere morale di ribellarsi a questo cinismo da teatro elettorale.

Romina Ceresoli, compagna di Diego Chiappetti – morto quella tragica notte – ha scritto parole di fuoco in una lettera aperta:
«Lei chiede che i partiti non strumentalizzino la tragedia del 2022. Ma Lei, con quella comparsata di fronte a quella lapide, cosa ha fatto? Lei sa che il fiume non è stato mai mantenuto per decenni dalle amministrazioni di centrosinistra che lo dovevano fare? Lei sa che da oltre quarant’anni questo territorio aspettava vasche di espansione che avrebbero potuto mitigare gli effetti tragici delle due alluvioni? Lei sa che il suo fedele candidato, Maurizio Mangialardi, è imputato per l’alluvione del 2014, processo nel quale si sono prescritti persino reati gravi come il pluriomicidio colposo? Lei sa che la manutenzione del fiume spettava proprio ai governi di centrosinistra?»

Ecco la verità: chi oggi si atteggia a paladino delle Marche porta sulle spalle il peso di decenni di incurie e omissioni. Le amministrazioni regionali di centrosinistra non hanno mai avuto il coraggio di mettere in sicurezza il territorio. I governi di sinistra ancora devono mantenere la loro parola e nelle Marche ancora attendono ancora i 45 milioni promessi nel 2014 da Renzi per l’alluvione che colpì Senigallia.

Al netto di tutto ciò, Ricci e Schlein hanno trasformato la memoria delle vittime in un palcoscenico. E questo non è politica. Ha un nome preciso, antico come l’uomo e sempre odioso: sciacallaggio.

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di Antonio Baldelli - 22 Settembre 2025