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Rientro a scuola per tutti gli studenti. Nei riquadri, Massimo Recalcati e Giuseppe Valditara

Buonsenso vs ideologia

Anche Recalcati sta con Valditara e manda un messaggio alla sinistra: insegnare il senso del limite non è “fascista”, è necessario

L'intervento nel giorno in cui tutti gli studenti sono tornati in classe. Per l'occasione arrivano anche gli auguri di Meloni e La Russa . La premier: «Buon rientro! La scuola è il luogo dove si costruisce il futuro dell'Italia. Vivetela con entusiasmo e coraggio»

Politica - di Eleonora Guerra - 15 Settembre 2025 alle 14:00

Con le campanelle suonate oggi, l’anno scolastico è ufficialmente ricominciato per tutti. «Buon rientro a scuola a tutti gli studenti! La scuola è il luogo dove si costruisce il futuro dell’Italia. Vivetela con entusiasmo e coraggio», ha scritto sui social la premier Giorgia Meloni. Auguri ai ragazzi sono arrivati anche dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, che, rivolgendo «un grande in bocca al lupo a tutti gli studenti», ha ricordato che «ogni nuovo anno l’arrivo della scuola porta con sé impegno, sacrifici, conoscenza, amicizie e responsabilità. È il luogo dove si costruisce il vostro futuro e quello della nostra Nazione. I traguardi sono lì che vi aspettano…».

Gli auguri di Meloni agli studenti: «A scuola si costruisce il futuro»

L’anno che si apre porta con sé anche importanti novità introdotte dal ministro Giuseppe Valditara: lo stop ai cellulari in classe anche per le superiori, il ritorno del voto in condotta e quello delle poesie a memoria. Il tutto nella cornice programmatica del merito, inserita non a caso nel nome stesso del ministero. Accolte con entusiasmo dalla gran parte della comunità scolastica, queste misure sono state fortemente stigmatizzate da parte della sinistra che ha accusato il governo di passatismo. Ma «a scuola tornare indietro può insegnarci a crescere», avverte oggi dalle colonne di Repubblica Massimo Recalcati, aggiungendo così la sua voce all’elenco delle autorevoli e di ogni orientamento che si sono già espresse a favore della visione applicata dal governo.

Recalcati contro le critiche ideologiche alle misure introdotte da Valditara

Recalcati inizia il suo ragionamento con un avvertimento sul fatto che «la caratteristica di fondo di una mente democratica è quella di non fare dipendere il giudizio sul contenuto di una opinione da chi la sostiene», invitando dunque a guardare al merito di ciò di cui si discute, mettendo da parte posizioni ideologiche, preconcette o propagandistiche, «esempio della evidente immaturità democratica che condiziona i dibattiti pubblici nel nostro Paese». «Il punto – chiarisce lo psicanalista – non è chiedersi se queste misure siano “conservatrici” o “progressiste”, ma interrogarsi sul loro valore simbolico», che ci ricorda «che uno dei compiti principali della scuola è quello di favorire l’acquisizione del senso umano della Legge: non tutto è possibile».

Il valore del voto in condotta, antidoto al «caos» che si è impadronito della scuola

Questo «è il valore che deve giustamente riacquisire il voto in condotta». «Invocare in questo caso una deriva repressiva è un errore e un anacronismo storico», prosegue Recalcati, citando le tesi di «Foucault che assimilavano la scuola alle istituzioni disciplinari come le fabbriche o le prigioni» e spiegando che «il nostro tempo ha rovesciato clamorosamente questo paradigma». «La scuola è divenuta il luogo del caos e dell’indisciplina permanente, di un bullismo rovesciato esercitato da famiglie e allievi nei confronti degli insegnanti divenuti oggetto di umiliazione. In questo senso – sottolinea  il professore di Psicologia dinamica presso l’Università degli Studi di Verona – il voto in condotta non è affatto un residuo arcaico da cancellare ma un richiamo essenziale al fatto che la formazione del soggetto non si riduce all’acquisizione di competenze, ma riguarda innanzitutto il suo rapporto con l’altro, con la comunità e con il senso di responsabilità personale».

Il no al cellulare non è un «gesto punitivo», ma una misura necessaria

«Allo stesso modo – aggiunge – il sequestro temporaneo del telefono cellulare non va interpretato come gesto punitivo fine a se stesso, ma come una necessaria castrazione simbolica che allontana il soggetto in formazione dalla presenza costante di un oggetto che rischia di ingombrare il suo pensiero se non di impedirne addirittura l’esistenza. Affinché vi sia desiderio di sapere vi deve essere esperienza di separazione, di decongestione dello spazio cognitivo, di distanza».

Le risposta a chi bolla le poesie a memoria come «nostalgia per la scuola fascista»

Lo sfondo è «la cornice di un limite», senza la quale nel caso dei cellulari «il desiderio si confonde con il capriccio o con la schiavitù di una connessione perpetua». «Lo stordimento dello scrolling non risparmia nessuna generazione. Non è forse giunto il tempo di trasmettere un segnale?». Quanto alle poesie a memoria Recalcati chiede, retoricamente, se ce ne fosse davvero bisogno e se si tratti di «nostalgia per la scuola fascista». La risposta è affidata a Daniel Pennac, «che non può dirsi certamente un reazionario» e «ne ha esaltato le virtù». «Non si tratta di un semplice allenamento cognitivo, ma di una immersione nel grande fiume della nostra cultura e della nostra lingua. Imparare a memoria significa riconoscere una appartenenza, portare dentro di sé parole che possono costituire un tesoro per la nostra stessa vita».

«Cosa c’è di osceno nel merito?»

«Infine, un capitolo a parte bisognerebbe dedicare al tema del “merito”. Si tratta di una parola molto spesso a sinistra fraintesa ideologicamente e, dunque, demonizzata», scrive ancora Recalcati, sottolineando che siamo di fronte allo «stesso di quello che accade con la parola “sicurezza”». «Sono due parole che viste con il paraocchi dell’ideologia vengono considerate come maschere della discriminazione e della repressione. Eppure i padri costituenti avevano menzionato il merito nell’articolo 34 in chiara alternativa al sangue e al censo.
E non a caso», ricorda ancora il professore, sottolineando che «il merito, per loro, non era la legge barbara della competizione selvaggia, ma il riconoscimento che l’impegno, la dedizione allo studio e il talento andassero premiati. Cosa c’è di osceno in questo?».

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di Eleonora Guerra - 15 Settembre 2025