
Chi sono gli scarcerati
Mattarella “grazia” 4 condannati: c’è anche Massimo Zen, la guardia giurata che aveva ucciso un ladro Rom in fuga
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato quattro decreti di grazia. Si tratta di provvedimenti di clemenza individuale adottati “ai sensi di quanto previsto dall’art. 87 comma 11 della Costituzione”, “in ordine ai quali il ministro della Giustizia a conclusione della prescritta istruttoria ha formulato avviso favorevole”.
Chi sono i quattro condannati a cui è stata concessa la grazia: c’è Massimo Zen
I quattro ‘graziati’ dal capo dello Stato sono Gabriele Finotello, Massimo Zen, Patrizia Attinà e Ancuta Strimbu. E’ quanto si legge in una nota del Quirinale.
Gabriele Finotello, nato nel 1991, si legge in un comunicato del Colle, è stato ”condannato a nove anni e quattro mesi di reclusione per il delitto di omicidio volontario del padre commesso nel febbraio del 2021″. Nel “concedere la grazia che ha estinto l’intera pena residua da espiare (pari a quattro anni e tre mesi di reclusione)” il presidente delle Repubblica ”ha tenuto conto dei pareri favorevoli, formulati dal Procuratore Generale e dal magistrato di sorveglianza, delle condizioni di salute del condannato e del particolare contesto in cui è maturato l’episodio delittuoso, caratterizzato da ripetuti atti di violenza e minaccia da parte della vittima nei confronti dei propri familiari”. Finotello, nato nel 1991, era stato condannato a nove anni e quattro mesi di reclusione per il delitto di omicidio volontario del padre, Giovanni di 56 anni, ucciso a martellate nel febbraio del 2021 a Porto Viro (Rovigo) al termine di una lite furibonda. “Nel concedere la grazia che ha estinto l’intera pena residua da espiare (pari a quattro anni e tre mesi di reclusione) il Capo dello Stato ha tenuto conto dei pareri favorevoli, formulati dal Procuratore Generale e dal Magistrato di sorveglianza, delle condizioni di salute del condannato e del particolare contesto in cui è maturato l’episodio delittuoso, caratterizzato da ripetuti atti di violenza e minaccia da parte della vittima nei confronti dei propri familiari”, si legge nel comunicato.
Massimo Zen, nato nel 1971, continua la nota, è stato ”condannato alla pena complessiva di nove anni e sei mesi di reclusione per i delitti di omicidio volontario e cognizione illecita di comunicazioni, commessi nel 2017″. “Nel concedere la grazia parziale – che ha estinto tre anni e tre mesi della pena detentiva ancora da espiare – il presidente della Repubblica ha tenuto conto del parere favorevole espresso dal magistrato di sorveglianza, dell’intervenuto risarcimento del danno, nella somma concordata con i congiunti della vittima, e delle condizioni di salute del condannato”. Per “effetto del provvedimento del Capo dello Stato”, “all’interessato rimarrà da espiare una pena non superiore a quattro anni di reclusione, limite che consente al Tribunale di sorveglianza l’eventuale applicazione dell’istituto dell’affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 dell’ordinamento penitenziario)”. Zen, ex guardia giurata di Cittadella, all’alba del 22 aprile 2017 uccise il giostraio nomade Manuel Major che stava fuggendo dopo aver piazzato quattro colpi in bancomat del territorio insieme a due complici. Per l’accusa quella notte Zen posizionò la sua auto di traverso lungo via Pomini a Barcon di Vedelago, al fine di impedire o rallentare il passaggio della vettura sulla quale viaggiavano i malviventi, autori quella stessa notte di alcuni assalti a terminali Atm. La guardia giurata esplose tre colpi di pistola Glock, in direzione dell’autovettura, uno dei quali, attraversando il parabrezza lato passeggero, ha centrato al capo nella zona temporale destra Manuel Major, che era alla guida della Bmw, morto qualche giorno dopo il ricovero. Zen aveva detto di essere stato condannato «per il semplice fatto di aver cercato di difendermi.
Patrizia Attinà, nata nel 1972, si legge in una nota del Colle, era stata “condannata alla pena complessiva di due anni, otto mesi e venti giorni di reclusione per i reati di furto e estorsione, commessi nel 2012 e nel 2016”. “Nell’adottare l’atto di clemenza per l’intera pena residua da espiare (due anni di reclusione)”, il presidente della Repubblica “ha tenuto conto del parere favorevole espresso dal Magistrato di sorveglianza, del tempo trascorso dalla commissione dei reati, del perdono concesso dalla persona offesa del reato più grave e delle condizioni di vita e di salute della condannata”.
Ancuta Strimbu, nata nel 1986, continua il comunicato, era stata invece condannata alla “pena complessiva di nove anni, sette mesi e diciassette giorni di reclusione per i delitti di estorsione e di violazione della disciplina in tema di sostanze stupefacenti”. Nel concedere la “grazia parziale – che ha estinto un anno e sei mesi della pena detentiva ancora da espiare – il capo dello Stato ha tenuto conto del parere favorevole espresso dal Magistrato di sorveglianza, del contesto nel quale sono maturati i reati e delle condizioni familiari della condannata, nonché della circostanza che Strimbu, prima del passaggio in giudicato della seconda condanna, stava proficuamente eseguendo la pena detentiva in affidamento in prova al servizio sociale”. Per “effetto del provvedimento del Capo dello Stato all’interessata rimarrà da espiare una pena non superiore a quattro anni di reclusione, limite che consente al Tribunale di sorveglianza l’eventuale applicazione dell’istituto dell’affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 dell’ordinamento penitenziario)”.