
Il libro
“Margherita”: il nuovo romanzo di Annalisa Terranova è un racconto di “realismo fantastico” che ci riporta ai fondamentali
La storia narra "un incontro al di là del tempo" tra due Margherite: la protagonista e l'omonima santa da Cortona. Lontane nel tempo ma non nello spazio, le biografie delle due donne s'incrociano in caleidoscopio di personaggi e sentimenti. Con un lieto fine che parla della perfezione possibile
Annalisa Terranova, a lungo giornalista del Secolo d’Italia, ora firma di Libero, è divenuta di recente un volto noto per gli italiani grazie alla frequente partecipazione ai talk show di politica e attualità. Meno nota è però la sua attività di scrittrice, divisa tra saggistica e narrativa. Già autrice di due romanzi “al femminile” (Vittoria, una storia degli anni Settanta, 2014; Anna come sono tante, 2020), la Terranova ce ne propone ora un terzo: Margherita (Ianieri Edizioni, 2025, pp. 183, Euro 18,00), piuttosto distante dai precedenti, molto realistici, per il suo stare al confine tra una realtà modesta, ordinaria, e la favola e l’apologo mistico-religioso.
Quello che accomuna i tre romanzi (qui dobbiamo confessare la nostra preferenza per Vittoria, che crediamo l’unica narrazione al femminile del vissuto di una ragazza “missina” negli anni ’70) è l’appartenere al genere del “romanzo di formazione”, o Bildungsroman se si preferisce, in cui una giovane donna affronta i problemi della sua esistenza (di genere, di classe, di appartenenza ideologica) e ne esce con una nuova consapevolezza di sé e del mondo.
Quella di Margherita è la storia di una ragazza semplice della provincia toscana, e che porta il nome di una santa del Medioevo umbro-toscano: Margherita da Cortona. Solo alla fine del romanzo la Margherita moderna saprà che le era stato dato quel nome per devozione alla mistica del Duecento.
Annalisa Terranova, che del Medioevo è studiosa e ha dedicato ben due libri a due mistiche di quell’epoca (Ildegarda di Bingen. Mistica, visionaria, filosofa e Colomba da Rieti: mistica, pellegrina, ausiliatrice) intreccia la vita del suo personaggio con quella della santa, facendo della progressiva scoperta di quest’ultima da parte della ragazza di oggi l’elemento di liberazione dai pesi del proprio passato.
Margherita da Cortona, nata nell’umbra Laviano, era una ragazza di umili origini, che sedicenne scappò di casa per andare a convivere con il nobile Arsenio, poi ucciso in un agguato dai suoi nemici. Ragazza madre, venne ripudiata dai suoi genitori, e cercò riparo presso i Francescani di Cortona, iniziando un cammino ascetico di purificazione che la porterà alla santità. La Margherita dei nostri giorni ha in comune con l’antica le origini sociali e geografiche. Anche lei è stata respinta dai propri genitori, dopo essere tornata incinta da Roma, dove faceva l’apprendistato di parrucchiera. Abortito il bambino, trova, di nuovo a Roma, un lavoro come commessa di un supermercato, e poi un appartamentino dove vivere in un condominio che, potremmo dire, diventa il suo convento francescano.
Il condominio e i suoi 12 strani abitanti è il cuore della storia. Al suo centro c’è la figura dell’anziana Teresa (ma tutti i 12 condomini sono più o meno anziani e soli), che fin dal primo capitolo del romanzo troviamo in ospedale, dove Margherita si reca costantemente a trovarla. Teresa incarna un archetipo di saggezza femminile che coagula attorno a sé tutti gli altri personaggi che fa conoscere via via a Margherita, e che le portano in dono affetto e conoscenze di cui era del tutto ignara. C’è il signore delle carte, che non è un cartomante, ma un donatore di segni; la sarta, che fa del lavoro manuale “l’amore premuroso per gli altri”; il signore delle gemme, che sa tutto sulle virtù dei minerali; la maestra del tempo, dall’appartamento pieno di orologi con le lancette ferme; il signore delle favole, custode di favole incompiute; la signora delle torte, che fa di ogni torta un opus alchemico di acqua, fuoco, aria e terra; il signore dei numeri, che sa tutto del loro simbolismo; il signore delle poesie che insegna “l’amoroso lamento che dà densità alle cose, alla vita”; il signore dei colori e la signora dei fiori, in concordia discordi sulla priorità degli uni o degli altri.
Indubbiamente un condominio abitato tutto da tali personaggi non è un elemento realistico. Crediamo che l’autrice ne sia consapevole, e la sua sia una legittima operazione di “realismo fantastico”. Molte delle parole offerte dai 12 singolari condomini palesano poi (e una nota lo rende esplicito) il debito della Terranova con le opere del compianto Alfredo Cattabiani, dal Calendario al Florario.
Si è già detto che il romanzo ha il valore di un apologo, con il necessario carattere “esemplare” di personaggi, luoghi, fatti. E conformemente al dettato proppiano sulla fiaba e le funzioni narratologiche, non mancano, oltre l’eroe o eroina (Margherita), gli aiutanti (i condomini), il falso amico (qui l’amica che non è tale, a cui Margherita deve la disavventura dell’involontaria, e poi negata, maternità) e l’antagonista (quella che nel romanzo è chiamata solo “l’intrusa”), simbolo di tutte le forze disarmoniche che si insinuano a turbare gli equilibri di una comunità.
Se l’insegnamento del custode delle favole era quello che tocca a ognuno di noi rendere compiute le favole incompiute, Margherita, grazie ai suoi “aiutanti”, riesce a trasformare la sua favola oscura in una favola a lieto fine: c’è il ritorno al paese e la riconciliazione con i vecchi genitori, che è anche un incontro con la Cortona della Margherita medievale, e finalmente l’amore. E qui Margherita non trova nessun principe azzurro: è lei piuttosto la “principessa azzurra” che libera dalle sue angosce il collega di supermercato Giacomo, in cerca della morte, e lo associa alla propria vita rinnovata.
Se la fine della storia della Margherita medievale è quella dell’estasi suprema e dell’assunzione tra i beati, quella della Margherita dei nostri giorni è l’apertura di un negozio proprio di parrucchiera, ma dai tratti singolari, frutto dei saperi appresi nel Condominio dell’Albatro. Può sembrare un finale banalmente piccolo-borghese con un tocco di new age. Ma forse Annalisa Terranova ha voluto dirci che oggi liberarsi dei pesi che ci portiamo dal passato, trovare un amore stabile, aiutare gli altri e fare un lavoro che ci piace è l’unica perfezione che possiamo raggiungere. Non è poco, e purtroppo sembra essere sempre più per pochi.