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Lucilio s’è smarrito Seneca: testi colti e distorsione per l’indie identitario made in Roma

L'album

Lucilio s’è smarrito Seneca: testi colti e distorsione per l’indie identitario made in Roma

Si intitola "Lettere" ed è il primo album della band indie-it "Lucilio s'è smarrito Seneca". In un’epoca priva di maestri è arrivato il momento di stracciare anche in musica le «tante opinioni» pronunciate in agorà sgangherate dove «tutti son bravi tutti son buoni»

Musica - di Fernando Massimo Adonia - 28 Settembre 2025 alle 07:05

In pieno lockdown ci hanno tentato a rompere la monotonia sanitaria della pandemia con il video-clip corale di Delocalizza, uno strumento tutt’altro che neutrale ideato per dimostrare come sotto le mascherine chirurgiche c’era ancora vita, c’era ancora comunità. E ci sono riusciti. Un vero faro di speranza in tricolore per illuminare la traversata tra il grigiore di tempi avversi. Era il 2020, un mondo fa. Cinque anni dopo, Lucilio s’è smarrito Seneca ha fatto un passo in avanti rilasciando il primo album ufficiale. Il nome – Lettere – batte esattamente dove il dente duole, fornendo nuovi elementi per decriptare le ragioni di quel richiamo emergenziale allo stoicismo romano impresso nella stessa ragione sociale della band.

Stoico è…rock

In un’epoca priva di maestri, è arrivato il momento di stracciare le «tante opinioni» pronunciate in agorà sgangherate dove «tutti son bravi tutti son buoni». Se Seneca non c’è più, i tanti Lucilio che siamo noi – tanto liberi quanto soli – sentiamo il bisogno di qualcuno o qualcosa che possa indicarci la strada e fornirci istruzioni utili a schivare le imboscate della vita. Perché il punto è proprio lì, vivere: non c’è bisogno di andare molto oltre e impugnare strampalate analisi a metà strada tra il sociologico e l’esistenziale. Occorre semmai scavare, una nota alla volta, e andare dritti al cuore. I Lucilio sono qui per questo: per darci una mano d’aiuto, una pacca sulle spalle.

Una nuova scena: l’Indie-it

Il genere è l’Indie-It (indiependente italiano); mentre il sound oscilla tra sonorità familiari – dai Joy Division ai Muse – ad alcune scappatelle tra le lenzuola del grunge e le melodie made in Italy degli Afterhours. La voce è quella di Claudia Presciutti, imprenditrice e madre dal timbro talvolta sbarazzino, talvolta melanconico. A scortarla ci sono: Giacomo Mondini (basso), navigato mattatore dei piccoli e sudati palchi identitari; Emanuele Forte (batteria), dj, voce di Radio Rock e tanto, tantissimo altro; Antonio Rapisarda, chitarrista cresciuto a pane, Foo Fighters e le pagine di John Fante, che nella vita di tutti i giorni dirige il Secolo d’Italia.  

Un manifesto di suoni

Impegno sociale, filosofia in pillole e una marea d’inquietudine, persino amorosa. Testi che si cantano, ovviamente. Ma che si spulciano anche a volume rigorosamente off, tentando di cogliere tra le righe quella parola da scartavetrare soltanto alla seconda o alla terza lettura. Eccoli: «Ma la notte sta arrivando, con il suo carico di dubbi… Chi non vede non capisce, chi non sente inorridisce. Chi non vive poi sparisce». Sono le strofe de Il Sole, la ballad finale di un album che apre, invece, con un passo impertinente: «Saremo un soffio di un’aria fresca. Saremo luci nella tempesta. Saremo senso di appartenenza. Saremo fiori nella tua stanza», è il testo di Saremo Noi. Un vero e proprio omaggio alla fratellanza. Un manifesto a colori da appendere su ogni muro.

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di Fernando Massimo Adonia - 28 Settembre 2025