
Ritornano i landinini
Lo sciopero per Gaza paralizza l’Italia. Salvini: vanno riviste le norme, proclamati altri 44 nelle prossime settimane
«Ritengo che ci siano davvero altri modi. La guerra nella Striscia crea forte sconcerto. Ma questo sciopero ha una connotazione politica e rischia di essere inefficace», dice Ivana Barbacci, segretario della Cisl Scuola
Autobus fermi, treni cancellati, scuole chiuse. Il Paese si è svegliato in ostaggio di uno sciopero che nulla ha a che vedere con le condizioni di lavoro o con i salari. Cobas, Usb e sigle minori hanno scelto di sacrificare pendolari, studenti e lavoratori sull’altare di Gaza. Il risultato? L’Italia piegata da un’agenda politica che trasforma lo sciopero, strumento nato per difendere i diritti, in un corteo ideologico che colpisce proprio chi al contrario dovrebbe tutelare.
Salvini: ragioniamo su una revisione sulle norme
“Stiamo lavorando al massimo per offrire un servizio pressoché normale. Nelle prossime settimane sono proclamati 44 scioperi, 23 a livello nazionale su cui non possiamo intervenire e 21 a livello locale”. Lo ha detto il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ai microfoni di Rtl 102,5 commentando lo sciopero del trasporto ferroviario iniziato ieri a mezzanotte e che prosegue fino alle 23 di oggi. Bisogna “ragionare tutti insieme non in senso punitivo ma propositivo su una revisione delle norme sugli scioperi. Nessuno vuole toccare il diritto di sciopero ma bisogna avviare una riflessione”, ha aggiunto.
La scuola in mezzo al caos
«Ritengo che ci siano davvero altri modi. La guerra nella Striscia crea forte sconcerto. Ma questo sciopero ha una connotazione politica e rischia di essere inefficace. Non cogliamo un reale interesse da parte del personale scolastico a manifestare scioperando», ha detto senza mezzi termini Ivana Barbacci, segretario della Cisl Scuola, questa mattina al Giornale. La guerra in Medio Oriente scuote le coscienze, soprattutto dentro le aule, ma – osserva – ci sono strumenti ben più utili: «parlarne in classe, fare educazione civica, costruire dialogo».
Non chiusure che scaricano il peso su famiglie e studenti, funzionali al tornaconto solo di una parte politica che, priva di idee e proposte concrete, si rifugia dietro le bandiere di una tragedia per tentare di racimolare consensi. Così, lo sciopero, come strumento, viene «svilito» e rischia di diventare «ininfluente».
Porti, treni e metro paralizzati
Il blocco non ha risparmiato nulla: dal porto di Livorno alle stazioni ferroviarie, dai musei della Campania fino alle metropolitane di Roma e Milano. La Usb rivendica “80 piazze” e “decine di migliaia di persone”. Ma dietro la retorica pro-Pal resta la realtà dei viaggiatori abbandonati sui binari e dei cittadini intrappolati nel traffico. ItTaxi e Uri hanno preso le distanze: «Sciopero strumentale, nulla a che vedere con i problemi del settore», ha spiegato sempre al Giornale Loreno Bittarelli.
Politica travestita da lotta sindacale
Altro che battaglie operaie, il comunicato dell’Usb mette al nudo l’intento: la mobilitazione non è per i contratti, né per i turni massacranti, ma “contro il genocidio a Gaza, contro la complicità del governo Meloni con Israele, contro la corsa al riarmo”. Dunque, il disagio quotidiano usato come leva. Così il sindacato di base abbandona il terreno sociale e si fa comitato politico, dimenticando i cittadini che alle sei del mattino aspettano un treno che non arriverà mai.
«Vergogna», sbottano i pendolari tra i binari e le fermate. Con settembre è ricominciata la solita giostra degli scioperi landiniani. «Il Medio Oriente è un tema serio, ma non è questo il modo di portarlo nel dibattito pubblico», protesta una giovane venticinquenne impossibilitata a raggiungere Roma, temendo persino di mettere a rischio il proprio posto di lavoro. «Se per la sinistra racimolare voti significa paralizzare il Paese, allora il livello è davvero desolante».
L’autunno caldo comincia male
Non è che l’inizio. Dopo lo stop di oggi infatti, già incombono altre date: il 26 settembre toccherà al settore aereo, il 3 ottobre di nuovo alle ferrovie, poi ancora ottobre e novembre disseminati di proteste. Una sequenza che promette mesi di paralisi e frustrazione, con il rischio che lo sciopero diventi routine, svuotato di senso e ridotto a teatro ideologico. Forse era proprio questo il disegno di Landini: trasformare lo sciopero in rito quotidiano, svuotandolo di dignità.
Nel solo 2024 si contano 1.603 scioperi proclamati, 981 poi ritirati, per un totale di 622 mobilitazioni effettive. Una media di 51 al mese, cioè più di uno al giorno, secondo i dati del Garante. Nel 2023 erano già troppi, 1.647, di cui 1.064 abortiti e 583 reali: 48 al mese. Quest’anno l’asticella si è alzata ancora: tre scioperi in più ogni mese. Altro che gesto grave e solenne, siamo alla banalizzazione della protesta.
Gli italiani ostaggi
C’è chi inneggia a “bloccare tutto” per la Palestina. Ma chi resta bloccato, di fatto, sono gli italiani che devono andare a scuola, al lavoro, dal medico, in ospedale. Lo sciopero politico, spacciato per atto di solidarietà internazionale, diventa un boomerang che ferisce proprio chi non ha voce né tutela.