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L’altra Italia dell’archeologia. Quei luoghi “discreti” che raccontano chi siamo

Radici di pietra

L’altra Italia dell’archeologia. Quei luoghi “discreti” che raccontano chi siamo

In Italia, la storia non si misura soltanto attraverso i monumenti iconici presi d’assalto da folle di turisti. Lontano dai riflettori costantemente puntati sulle piazze di Roma, Firenze o Pompei, esiste un universo parallelo contrassegnato da luoghi discreti, poco conosciuti. Luoghi della memoria

Cultura - di Alberto Samonà - 7 Settembre 2025 alle 07:00

In Italia, la storia non si misura soltanto attraverso i monumenti iconici presi d’assalto da folle di turisti. Lontano dai riflettori costantemente puntati sulle piazze di Roma, Firenze o Pompei, esiste un universo parallelo contrassegnato da luoghi discreti, poco conosciuti. Luoghi della memoria, in cui il tempo, lungi dall’essere scandito dai grandi eventi celebrati sui libri o nel mare magnum del Web, è segnato da architetture spesso studiate solo dagli addetti ai lavori, teatri antichi, necropoli secondarie, ville suburbane e città greco-romane ingiustamente definite “minori” perché difficilmente battute dai grandi tour operator, ma che conservano una memoria palpabile.

Scoprire questa Italia, significa guardare al nostro patrimonio culturale non soltanto in funzione “turistica”, ma quale testimonianza di identità e di cultura. Ci permette di comprendere che la consapevolezza di un popolo si misura sì dai capolavori universalmente celebrati, ma anche dalla capacità di creare una “rete culturale” diffusa. Di esempi la nostra Nazione ne è zeppa. E proprio perché sono tantissimi sfuggono spesso a chi considera i siti archeologici come mere “location”.

Ecco la bella Italia diffusa…

Prendiamo la Villa dei Quintili o il Mausoleo di Cecilia Metella lungo la Via Appia Antica: nonostante siano a Roma, sembrano appartenere a un altro mondo rispetto al caos del centro storico della Capitale: luoghi di pace, di silenzio, in cui poter camminare all’aria aperta, che mostrano un’architettura studiata, perfettamente inserita nel paesaggio – che anzi è essa stessa paesaggio – lontana dal clamore di siti ben più noti della Città Eterna, ma ricca di significati sociali e storici.

Spostandoci in Abruzzo, il teatro di Alba Fucens, nei pressi di Avezzano, rivela come anche colonie “secondarie” potessero dotarsi di spazi scenici raffinati, con gradinate perfettamente proporzionate, volte a mantenere viva la vita culturale della comunità. In Lucania e Calabria, piccoli teatri greco-romani mostrano la diffusione della cultura ellenistica e romana oltre i grandi centri: osservare questi gradini plurimillenari consente di percepire, ancora oggi, le dinamiche sociali dei nostri progenitori.

Vita e morte degli Etruschi

Tra le tombe di Tarquinia e Cerveteri è possibile entrare a contatto con la vita quotidiana degli Etruschi. A Tarquinia, la Necropoli dei Monterozzi offre una straordinaria testimonianza di tombe dipinte, ritenuta la serie più importante del Mediterraneo, con scene di banchetti, giocolieri e danze sacre: un gusto estetico che anticipa e dialoga con l’arte romana. In pochi sanno che la Necropoli della Banditaccia di Cerveteri è una delle più estese del mondo antico, con centinaia di tumuli circolari, espressione dell’ingegno degli Etruschi, che scavarono camere funerarie nel tufo per questi luoghi di memoria e di passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti, assecondando un costante rapporto con le forze naturali, gli astri e gli dèi. Nei territori che corrono tra Lazio, Umbria e Toscana, santuari e piccoli insediamenti punteggiano il territorio: segmenti di una rete culturale e commerciale vivace, lontana dai grandi centri politici, ma in grado di produrre tecniche costruttive di sorprendente complessità. In questi spazi, nella perfezione dei dettagli che resistono ai millenni, l’Etruria ci racconta di quest’altra Italia, discreta ma affascinante, e chi sa ascoltare scopre un patrimonio che merita di essere visto e vissuto con occhi nuovi.

La bellezza e gli “strati” di Morgantina

Un altro luogo, ben conosciuto agli studiosi, ma meno al “grande pubblico” è Morgantina, nel cuore della Sicilia, su’un’altura sospesa tra i monti Erei, a una manciata di chilometri dalla ben nota Villa Romana del Casale di Piazza Armerina. Questa città siculo-greca, fondata dall’antico popolo dei Morgeti e abitata fin dal X secolo a.C, è un laboratorio di storia: le strade lastricate, l’agorà, il granaio pubblico, la grande fornace e soprattutto il bellissimo ekklesiasterion e il teatro antico, riportano all’attualità la vita che vi si svolgeva. Qui, nel periodo estivo, il Barbablù, festival ideato da Pietrangelo Buttafuoco che ho l’onore di dirigere, in modo sobrio e non invasivo (anche questa è una sfida importante, perché valorizzazione e tutela devono camminare insieme) ha fatto scoprire a molte persone quest’area archeologica appartata ma importantissima della Sicilia Centrale. Il Museo archeologico di Aidone, a pochi chilometri, custodisce la “Dea di Morgantina”, un capolavoro di grande pregio artistico, ma anche gli Acroliti, la Testa di Ade e gli Argenti di Morgantina, reperti che ricordano storie di trafugamenti e restituzioni che hanno segnato l’archeologia italiana.

Decisamente meno conosciuti, il villaggio protostorico di Mursia, sull’isola di Pantelleria, con le poderose mura dell’età del Bronzo e i grandi sesi – tombe in pietra lavica uniche al mondo – raccontano un universo arcaico, mentre nell’acropoli di San Marco, non lontana dal centro abitato riaffiora l’antico insediamento di Cossyra, con i resti urbani che testimoniano la continuità di vita e di cultura, dai punici fino all’epoca romana.

Fra Sardegna e Puglia, il viaggio continua

All’estremità meridionale della penisola del Sinis, in Sardegna, affacciata sul bellissimo mar Tirreno, non si può non ammirare l’area archeologica di Tharros, che ci parla di questa antica città fondata nel VII secolo a.C. dai Cartaginesi su un’area già abitata in età nuragica. Tharros divenne una delle città più importanti del Mediterraneo, passò poi sotto Roma e, in epoca bizantina, fu definitivamente abbandonata.

In Puglia, sulle pendici del colle di San Leucio, a sud-est di Canosa, in mezzo al verde degli ulivi, il paesaggio conserva la memoria del più grande tempio italico dell’Italia meridionale, innalzato in onore della dea Minerva – Atena Ilias. Non fu una scelta casuale: erigere un santuario tanto maestoso, nel 318 a.C., significava imprimere un segno politico e religioso ben preciso, suggellando l’alleanza tra le élite locali e i Romani. Anche in Emilia-Romagna e in Veneto, aree archeologiche meno note come Forum Livii o Altinum rivelano il ruolo di questi centri nell’organizzazione politica ed economica della regione, e l’eleganza con cui i romani adattavano l’architettura al territorio.

Conoscere questi e tantissimi altri luoghi della nostra amata Terra significa incontrare direttamente la storia che educa, emoziona e restituisce la percezione di un’Italia vera, in cui i siti, le aree e i parchi archeologici meno conosciuti non sono da considerare ammassi di “rovine”, ma testimonianze straordinariamente attuali per uno sguardo più consapevole sul nostro patrimonio culturale. È un viaggio nella memoria materiale e immateriale, tra pietre che conservano i segreti e i riti di chi ha vissuto, lavorato e celebrato qui prima di noi. Non per snaturarne l’essenza, ma semmai per viverla e provare a comprendere chi siamo, guardando attraverso i millenni con occhi, testa e cuore.

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di Alberto Samonà - 7 Settembre 2025