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La parata di Pechino è la sveglia all’Europa che dorme: servono coraggio e autonomia

L'analisi

La parata di Pechino è la sveglia all’Europa che dorme: servono coraggio e autonomia

Esteri - di Antonio Giordano - 8 Settembre 2025 alle 10:29

La grande parata cinese non è stata folklore, ma un messaggio al mondo: la competizione globale si gioca sulla forza industriale e militare. Mentre Xi, Putin, Modi e persino la Corea del Nord si facevano fotografare insieme, l’Europa restava in silenzio, priva di strategia e incapace di difendere i propri interessi. La scena è chiara: Pechino sfila carri armati e missili, mostrando la cosiddetta triade nucleare, ovvero ordigni trasportabili e lanciabili via mare, via terra e via aria. Rivendica così il suo ruolo di superpotenza, e intanto si presenta come guida di un fronte alternativo all’Occidente. Al suo fianco Russia, India e Corea del Nord: un mosaico eterogeneo che, almeno in apparenza, si muove come un unico blocco.
Quanto all’iconografia di questo asse, non lasciamoci ingannare dalle pseudo foto di famiglia, e pensiamo piuttosto ai “parenti serpenti”. Xi, Putin, Modi e Kim Jong-un non sono “fratelli di ideali”: hanno interessi spesso divergenti, e non a caso il leader indiano ha lasciato Pechino prima ancora che la parata finisse. Quell’alleanza è fragile, ma intanto serve a ostentare un fronte suppostamente solido, alternativo e sfidante rispetto a quello occidentale.

L’Europa, invece, discute di regolamenti, vincoli e obiettivi spesso scollegati dalla realtà. Continuiamo a illuderci – e a illudere – che il grande fratello americano penserà sempre per noi. Da decenni deleghiamo la nostra sicurezza agli Stati Uniti, mentre impoveriamo industrie strategiche e ci lasciamo sedurre da una penetrazione commerciale suadente che relega noi, che lo abbiamo inventato, al ruolo di dipendenti da consumi di bassa qualità. Senza filiere autonome e senza una politica di difesa coordinata, l’Europa rischia di diventare una provincia aristocratica, sempre meno ricca e sempre più irrilevante.

Questo non significa affrancarsi dagli Stati Uniti. Al contrario: serve una colonna europea forte dentro la NATO, non per sganciarsi da Washington ma per essere più efficaci insieme ed al fianco dei nostri alleati americani.

Il campo di scontro di questi due modelli politici è oggi l’Ucraina. Da un lato, l’imperialismo russo sostenuto in forme diverse da Pechino e dai suoi accoliti; dall’altro, un fronte occidentale un po’ disorganico, ma deciso a difendere la libertà di Kyiv come parte integrante della propria sicurezza.

In questo scenario, l’Italia sta mostrando una linea chiara e ferma: nessun soldato sul terreno, ma pieno sostegno all’Ucraina con addestramento, logistica, supporto satellitare e aiuti concreti. Una strategia che punta a rafforzare Kyiv senza alimentare escalation incontrollate.

È una visione che riflette il realismo del governo Meloni: deterrenza, sostegno concreto e autonomia strategica, dentro una cornice atlantica che resta indispensabile. Ed è anche una prospettiva che trova eco in una parte crescente del fronte conservatore europeo, che chiede un’Unione meno ideologica e più pragmatica.

Gli avvisi erano già arrivati: Trump aveva messo a nudo le fragilità dell’Occidente e richiamato gli alleati a investire seriamente in difesa. È seguita la “corsa veloce”: l’aggressività di Mosca, l’arroganza di Pechino e la costruzione di un fronte che si vuole presentare come alternativa all’Occidente. La parata di Pechino lo ha confermato con la sua simbologia spettacolare di potenza: il tempo delle illusioni è finito. Sta all’Europa decidere se restare spettatrice o tornare protagonista della storia.

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di Antonio Giordano - 8 Settembre 2025