
L'editoriale
La destra di governo: tre anni dopo è più “fenomeno” di prima
Quello rappresentato Giorgia Meloni e dalla sua destra di governo è un "tempo" pienamente inserito nel continuum della storia. Un «qui ed ora» riconosciuto dagli italiani così come dai partner internazionali
La notte del 25 settembre del 2022 gli italiani hanno stabilito, una volta per tutte, il completo rientro «in patria» degli ex «esuli», parafrasando la celebre definizione di Marco Tarchi. La storica vittoria della destra, con Fratelli d’Italia per la prima volta partito di maggioranza relativa e con la sua leader – a sua volta prima donna della storia repubblicana – da quel momento premier in pectore, ha rappresentato il fatto nuovo della politica internazionale. Una novità così dirompente, l’avvento del partito della “fiamma” e di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, da catalizzare l’attenzione morbosa delle cancellerie che ben presto abbandoneranno però pregiudizi e letture di comodo sul «pericolo nero» fino a riconoscere, al contrario, proprio nella premier che di quel progetto è la punta più avanzata «la donna più potente d’Europa».
Ieri, su queste colonne, abbiamo ricordato la notte dello spoglio elettorale: le emozioni e l’atmosfera speciale che si respiravano all’Hotel Parco dei principi per un’intera comunità politica che fino a non troppo tempo fa – nella sua lunga traversata del deserto, fra discriminazioni subite e la fatwa civile dell’arco costituzionale – in politologia era descritta con la definizione esplicativa di «polo escluso». Tre anni dopo l’impresa delle Politiche, come registrano tutti i sondaggi e prima ancora tutte le tornate elettorali, lo stato di salute di FdI, di Meloni e del suo stesso governo è migliore di quello della notte della sua vittoria. Un caso unico nel panorama della politica italiana (rapidissima, di solito, nel fagocitare carriere) e, soprattutto in questa fase di turbolenza, nel quadro internazionale.
Questa “anomalia” si spiega alla luce di diversi fattori dai quali sottraiamo subito lo stato precario dell’opposizione italiana: per il semplice motivo che ce ne siamo occupati più volte. In estrema sintesi, una sinistra così divisa e demagogica, con un piattaforma programmatica giudicata sostanzialmente lunare dai ceti produttivi così come dalle classi lavoratrici, al momento rappresenta un’assicurazione sulla vita per il destra-centro. È chiaro, però, che c’è qualcosa in più.
L’ascesa del “fenomeno” Giorgia Meloni va inquadrata nel contesto delle leadership che dal 2022 calcano la scena internazionale. Quante ne sono rimaste, una volta giunta la “tempesta perfetta”: ossia guerra, inflazione e crollo della crescita? Nessuna o quasi, a parte lei ovviamente. Indicativa la foto di gruppo del G7 a Borgo Ignazia, datata 2024: Emmanuel Macron è ormai una stella decaduta, Olaf Sholz è stato rottamato dalla storia, lo stesso vale per Rishi Sunak. E Joe Biden? Travolto, come tutti i Democratici, dalla sequela di errori in politica estera e dal ciclone Maga di Donald Trump.
Giorgia Meloni non solo è rimasta salda in sella ma è più forte di prima. Eppure anche lei ha dovuto affrontare i nodi sociali ed economici delle guerre, la difficile ripresa post-Covid e la crisi industriale generata dalla superstizione del Green deal. Nonostante ciò la sua leadership – confortata da tutti i parametri empirici del suo governo (conti pubblici, spread, occupazione, investimenti e crescita) – non conosce i segni del tempo. Così come la sua proposta: un’infrastruttura nazionale più forte in un’architettura europea più funzionale ai bisogni dei suoi popoli. E non il contrario.
Anche il centrodestra, nel frattempo divenuto destra-centro, interpreta un ruolo tutt’altro che marginale in questa epopea. La stessa “novità” di Meloni è frutto anche di una dinamica meritocratica, potremmo dire “sportiva”, che esalta la sana competizione interna alla coalizione e riconosce il primato del consenso popolare. Tutto questo, e qui sta la grande differenza con la sinistra, senza lotte fratricide, veti, congiure di Palazzo: soprattutto senza tradire il patto con un blocco sociale interclassista e pronto (come dimostra la “reazione” alla logica del reddito di cittadinanza) a fare la propria parte. In nome di una visione del mondo comune: altro che «facili entusiasmi e ideologie alla moda».
Quello rappresentato Giorgia Meloni e dalla sua destra di governo, dunque, è un “tempo” pienamente inserito nel continuum della storia. Un «qui ed ora» riconosciuto dagli italiani così come dai partner internazionali. Un “fenomeno” politico che in soli tre anni ha già dimostrato di voler scrivere il proprio capitolo nella storia infinita della Nazione.