
Analisi del voto
Il Vangelo (della sconfitta) secondo Matteo Ricci: ecco perché l’ex sindaco di Pesaro ha perso anche nella sua città
Un anno fa, il 09 giugno 2024, Matteo Ricci festeggiava trionfalmente l’elezione al Parlamento Europeo con 106.482 preferenze e Andrea Biancani veniva eletto sindaco di Pesaro con il 60.60% dei consensi; sembrava l’inizio di una marcia trionfale che avrebbe dovuto trascinare Ricci alla guida della Regione. Pesaro, che nel 2024 aveva ottenuto il titolo di Capitale italiana della cultura, doveva essere il fortino da cui iniziare la cavalcata trionfale; Ricci sembrava aver toccato l’apice della sua carriera politica e già si vedeva proiettato alla guida della Regione e ai vertici del PD. Pesaro, che aveva amministrato per dieci anni, era la sua roccaforte: in città il PD, alle elezioni europee, ottenne un clamoroso 40,19% e Ricci fu plebiscitato con 11.734 preferenze personali su un totale di 50.999 votanti; un pesarese su quattro aveva votato per lui e la strada sembrava in discesa.
Un anno dopo il “sentiment” è radicalmente cambiato
Per giunta Ricci si vantava di non aver mai perso un’elezione. Un anno dopo il “sentiment” è radicalmente cambiato; alle elezioni regionali il candidato Ricci ha ottenuto nella sua città solamente il 50.92% dei voti, vale a dire oltre dieci punti meno di quanto ottenne la coalizione di centrosinistra alle amministrative di un anno fa e il PD non ha ripetuto l’exploit delle scorse elezioni europee fermandosi al 28.55%, tallonato da Fratelli d’Italia che ottiene un ottimo risultato con il 24.59% dei voti. Il risultato appare tanto più deludente se si considera che Ricci è originario di Pesaro di cui è stato sindaco per dieci anni e presidente della Provincia.
Perché si è incrinato il rapporto di fiducia con i pesaresi?
Ma cosa è successo? Perché si è incrinato il rapporto di fiducia con i pesaresi? In primis lo scandalo Affidopoli e i rimbrotti della Corte dei conti che ha scritto, che negli anni in cui Ricci era Sindaco, l’avanzo di amministrazione, cioè il risparmio accumulato negli anni, sia stato usato impropriamente per coprire spese correnti come manutenzioni, affitti, contributi e quote associative. Una pratica che la Corte considera scorretta; quei soldi avrebbero dovuto finanziare spese eccezionali, non la gestione di tutti i giorni.
Lo scandalo “Affidopoli” inoltre ha fatto emergere un sistema molto opaco nella gestione dei fondi pubblici; l’inchiesta è ancora in corso e Acquaroli ha evitato accuratamente di attaccare il suo avversario su questo punto.
I marchigiani hanno detto no a Matteo Cetto La Qualunque
Non ha convinto il programma di Ricci: un mix di Prima Repubblica e di Cetto la Qualunque; contributi a pioggia senza spiegare come avrebbe finanziato le sue mirabolanti promesse elettorali. Ricci si è inoltre circondato di un’armata Brancaleone più protesa alle spaghettate antifasciste, alle manifestazioni per Gaza che a proposte concrete per il territorio. Acquaroli, invece, ha difeso il suo bilancio, ha parlato solamente delle Marche, non si è fatto trascinare in discussioni sui massimi sistemi e ha ottenuto il riconoscimento della ZES, che sarà un importante veicolo per il rilancio economico delle Marche. Acquaroli ha difeso la filiera istituzionale mentre Ricci è partito lancia in resta contro il Governo disorientando i marchigiani.
A Pesaro, ad aggravare le cose, si registrano gli scontri con il neosindaco Biancani, che ha dato l’idea di voler fare tabula rasa dell’eredità di Ricci, salvo rientrare nei ranghi nelle ultime settimane. Per giunta questo primo anno di sindacatura di Biancani è stato costellato da gaffes ed errori: la città è ferma e la sinistra pesarese non è mai parsa così debole. Per la prima volta dal dopoguerra Pesaro sembra contendibile, cosa che solo un anno fa sembrava impensabile.