
La Storia come Verità
“I dannati di Badoglio”: al Senato il libro di Paolo Girardi rompe il silenzio sugli 800mila italiani finiti nei lager tedeschi
Un volume "coraggioso e scomodo", che invita a riflettere sulla storia perché, come dice lo stesso autore, "non basta la memoria rituale: occorre riconoscere queste vicende come parte essenziale della nostra storia nazionale"
Nella Sala Nassirya del Senato è stato presentato oggi il libro di Paolo Girardi I lager degli italiani. I dannati di Badoglio, edito da Giubilei Regnani. Un convegno che ha riportato alla luce una pagina rimossa della nostra storia, aprendo un confronto civile e storiografico oltre ogni retorica.
Menia: “Questo libro nasce dalla morte della patria”
Il senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia, moderatore dell’incontro, ha definito il volume «la prima pietra, il primo studio fatto con coscienza e conoscenza, che non si è limitato a ripetere ciò che già si sapeva ma ha cercato testimonianze e luoghi, uno per uno». Girardi ha riscoperto baracche, filo spinato, fabbriche di Zyklon B e caverne delle “armi segrete”, documentando con duecento fotografie i luoghi dei lager e rivelandone gli usi attuali: basi militari, ministeri, villaggi, prigioni. «Un lavoro straordinario». Ha osservato come già il sottotitolo – “I dannati di Badoglio” – racchiuda la sostanza dell’opera, richiamando la riflessione del giurista e scrittore Salvatore Satta: «La morte della patria è certamente l’avvenimento più dannoso che possa colpire un individuo: è il problema dell’esistenza». Per Menia, l’8 settembre 1943 non segna soltanto l’inizio delle Foibe, ma rappresenta «la frattura irreparabile tra la patria, le famiglie e la storia italiana. Questo libro nasce da quel momento scatenante: dalla morte della patria».
Girardi: “Occorre attualizzare la memoria”
Paolo Girardi ha ricordato cifre e vicende rimaste troppo a lungo nell’ombra: 600mila internati in 80 lager, 38mila caduti in battaglia o sotto i bombardamenti alleati, 12mila morti per malattie e altri 24mila oppositori politici nelle mani dei tedeschi. «Sono nato nel dicembre del 43, tre mesi dopo che mio padre venne arrestato», ha raccontato, intrecciando la dimensione storica con quella personale. Ha denunciato l’abbandono del ricordo dei campi di prigionia, alcuni addirittura trasformati in musei solo dopo il suo passaggio. Poi l’appello: «Smuovere le coscienze italiane», insistendo così sulla necessità di una memoria concreta, fatta di luoghi e testimonianze. «Non basta la memoria rituale: occorre riconoscere queste vicende come parte essenziale della nostra storia nazionale», ha concluso.
Capozzi: “Il compito dello storico è nutrire il dibattito civile”
Il professore Eugenio Capozzi ha ribadito la responsabilità della storiografia: «Il compito dello storico è nutrire il dibattito civile senza strumentalizzazioni o generalizzazioni». Ha spiegato che la storia «smentisce i nostri slogan e ci invita a immedesimarci in contesti unici, irripetibili» e spesso drammatici. Rievocando l’8 settembre, ha sottolineato il disorientamento dei soldati italiani, costretti a scegliere tra fedeltà, sopravvivenza e appartenenza alla Patria. «Bisogna guardare alla nostra storia nella sua interezza, con tutte le contraddizioni e la complessità che porta con sé», ha osservato.
Rastrelli: “Conoscere significa riappropriarsi della coscienza nazionale”
Sergio Rastrelli ha riconosciuto la sensibilità del senatore Menia, definendo il volume «coraggioso e scomodo». Dopo ottant’anni, come sottolinea, parte della storia resta inquinata di «moralismi, pregiudizi, colpa di vulgate che hanno cancellato intere pagine del conflitto mondiale». Non era più questione di scegliere tra il re e il Duce, ma «di decidere in nome dell’Italia». Il libro, ha detto, restituisce lo strazio dei 600mila internati e costringe a riflettere sul giorno dopo, sul 9 settembre, quando «mentre la monarchia fuggiva, i tedeschi avevano già catturato 100mila soldati italiani». «Ricordare e conoscere significa riappropriarsi della coscienza nazionale», ha concluso.
Lazzaro: “Un libro per colmare le lacune della storia”
Alarico Lazzaro, voce per l’editore, ha infine parlato di «pagine strappate con violenza», ringraziando l’autore per aver arricchito con questo lavoro il dibattito storiografico. Ha definito il volume un «viaggio nella complessità del secolo scorso», capace di restituire dignità a vicende dimenticate.