
La ribellione
Gaza, i riservisti israeliani rifiutano di arruolarsi a centinaia. Cresce il no alla nuova operazione militare di Netanyahu
Migliaia di riservisti stanno tornando nelle caserme israeliani per il nuovo piano d’occupazione a Gaza, ma c’è anche chi dice no alle richieste del governo ebraico. Non a caso, più di 365 riservisti hanno deciso di non presentarsi al servizio, disertando le richieste del premier Benjamin Netanyahu. Tra i rappresentanti di questa rivolta contro le armi c’è Max Kresch, che ha indetto una conferenza stampa a Tel Aviv per spiegare le ragioni del diniego: «Ci rifiutiamo di prendere parte alla guerra illegale di Netanyahu e consideriamo un dovere patriottico rifiutare e chiedere conto ai nostri leader».
In precedenza, il primo ministro aveva pubblicato un videomessaggio rivolto alle truppe, per poi spiegare che «ciò che è iniziato a Gaza deve finire a Gaza». A quanto pare, l’operazione militare ebraica, intitolata “Carri di Gedeone 2”, non convince diverse persone a partire dai manifestanti, passando per l’opposizione fino agli apparati della Difesa e dell’intelligence.
I riservisti israeliani gettano la spugna
Netanyahu ha provato a tirare su il morale dei soldati, affermando di credere in loro e che negli ultimi due anni di guerra sono state effettuate delle «meraviglie». Poi ha ricordato che grazie all’impegno dell’esercito è stato «spezzato l’asse iraniano». In realtà, il conflitto nascente con il regime teocratico di Teheran è stato stroncato sul nascere principalmente grazie all’intervento di Donald Trump. Ma il premier israeliano non è l’unico a essere convinto della nuova operazione militare a Gaza e infatti il generale Eyal Zamir ha spiegato che «la guerra non si fermerà finché il nemico non sarà sconfitto».
Come ha riportato Il Messaggero, la stanchezza si fa sentire, tanto che alcuni esperti hanno evidenziato un tasso elevato di suicidi tra i soldati israeliani. Intanto, diverse aziende stanno cercando di assumere personale, visto che molti dipendenti sono partiti per combattere. Tra la popolazione c’è anche chi crede che il conflitto non si concluderà nemmeno stavolta.
Netanyahu è consapevole del suo impegno
Nel frattempo, l’Idf ha annunciato di essere preparata «a livello logistico e operativo per estese operazioni di combattimento» e chiedendo alla popolazione palestinese di migrare verso Al-Mawasi, un’area in cui il campo profughi versa in condizioni disastrose. Per Netanyahu è una prova decisiva, ma soltanto 10mila cittadini gazavi hanno scelto di spostarsi, rispetto al milione che dovrebbe lasciare la capitale. La comunità internazionale sta chiedendo a Israele di fermare la campagna militare, mentre le fonti locali hanno annunciato che ieri sarebbero morte 70 persone, tra cui 7 bambini in fila per l’acqua a Khan Younis.
Anche il Qatar, mediatore diplomatico tra Israele e Hamas, ha avvisato che l’invasione di Gaza «causerà la morte di centinaia di civili» e metterà «in pericolo tutti, compresi gli ostaggi». Anche Trump vuole che la guerra si concluda presto, visto che a detta sua «sta danneggiando l’immagine di Israele». Peraltro, a metà settembre il segretario di Stato americano, Marco Rubio, visiterà lo Stato ebraico per informarsi sui nuovi sviluppi.