
Un veterano della diretta
È morto Emilio Fede, volto familiare del giornalismo tv. Era ricoverato in condizioni critiche. Il peggioramento nelle ultime ore
Decano dell'informazione televisiva, sia pubblica che privata, si è spento dopo una lunga malattia all'età di 94 anni. Tra i suoi celebri scoop, l'annuncio in diretta della prima Guerra del Golfo e la lunga telecronaca della tragedia di Vermicino, con lo straziante tentativo di salvataggio di Alfredino Rampi
Alla fine non ce l’ha fatta: dopo una lunga malattia, è morto Emilio Fede. L’annuncio è arrivato dalla figlia Sveva, da ore al capezzale del genitore: «Papà ci ha lasciato», sono state le sue parole. Nel pomeriggio di oggi si era diffusa la notizia che aveva suscitato apprensione sulla salute de giornalista, 94 anni, ricoverato in condizioni critiche in una residenza sanitaria (la Residenza San Felice di Segrate) alle porte di Milano. «Papà è in condizioni critiche, purtroppo», aveva confermato al Corriere della Sera la figlia Sveva, presente nella struttura accanto al genitore, insieme alla sorella Simona. «Continua a lottare come un leone. È un guerriero», aveva anche aggiunto. Ma era ormai difficile pensare a una ripresa…
Emilio Fede ricoverato in condizioni critiche
La situazione era critica e le speranze erano appese a un filo. Lo stato di salute di Emilio Fede, che si trovava in questa residenza da pochi giorni, dopo una permanenza più lunga in un’altra struttura, si era aggravato nelle ultime ore. Il giornalista, noto volto Rai e Mediaset, nato il 24 giugno 1931 a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), e protagonista di una lunga carriera nei media italiani, aveva problemi di salute da tempo, ma nelle ultime ore le sue condizioni si erano ulteriormente aggravate. tanto che, sempre la figlia Sveva, nel pomeriggio, aveva detto all’Adnkronos: «Siete tutti con lui e lui è contento… Tutti con lui, tutti voi giornalisti… È importante»…
Aggiungendo poi, tra dolore e commozione: «Noi non avremmo voluto che la notizia uscisse fino a che le cose non si fossero risolte in un modo o nell’altro. Però poi alla fine voi l’avete saputo e abbiamo pensato che fosse comunque una bella cosa, perché lui si meritava questo saluto». Un commiato che, ha poi proseguito Sveva, ha assunto il significato di «un cenno d’onore da parte di tutti i suoi colleghi».
Quell’intervista in cui parlò della morte, dicendo…
In un’intervista realizzata nello scorso luglio, il giornalista tv – che dopo una lunga carriera a viale Mazzini, culminata nella direzione del Tg1 negli anni Ottanta e poi approdata a Cologno Monzese dove, nel 1991 ha fondato Studio Aperto, assumendo la guida del Tg4 l’anno successivo, e che ha diretto per vent’anni, fino al 2012 – solo nello scorso luglio aveva rilasciato un’intervista in cui aveva parlato della morte. Dicendo, tra l’altro: «È brutta, ma la rispetto. Ho appena compiuto 94 anni, sono vicino ai 100: un bel traguardo»…
Il volto familiare dell’informazione tv
Nella sua lunga carriera, cominciata sulla carta stampata in nome di un amore per la scrittura che sarebbe tornato in auge negli anni della maturità – esattamente nel 1997 Emilio Fede esordisce come scrittore con il libro dal titolo Finché c’è Fede, al quale ne seguiranno altri sei: Privè. La vita è un gioco (1998), L’invidiato speciale (1999), La foglia di fico (2000), Samba dei ruffiani (2001), La cena dei cretini (2002) – il giornalista sarebbe diventato poi uno dei volti più familiari dell’informazione televisiva italiana. Prima pubblica e poi privata.
All’inizio degli anni Sessanta era entrato in Rai e (dopo otto anni come inviato speciale dall’Africa) ha condotto il Tg1 delle 20 dal 1976 al 1981, quando ne è diventato direttore (1981-83). Sotto la sua guida, allora, il Tg1 trasmise la celebre diretta, condotta da Piero Badaloni, relativa all’incidente di Vermicino, con lo straziante tentativo di salvataggio di Alfredino Rampi, caduto nel pozzo e tragicamente morto il 10 giugno di quell’anno. La diretta fu seguita da 25 milioni di telespettatori: primo esempio di cronaca in tempo reale sui canali Rai.
Prima in Rai, poi in Mediaset
Lasciò la Rai per entrare in Fininvest, dapprima come direttore di Studio Aperto (il telegiornale di Italia 1), poi alla guida del Tg4 (dal 1992), mantenendo la direzione del Tg4 per vent’anni, per poi dimettersi nel marzo del 2012.
Una carriera lunga, la sua, che al netto di vicissitudini giudiziarie – con l’amara pagina del caso Ruby con tanto di pena scontata in detenzione domiciliare), nell’arco della quale Fede ha anche compiuto scelte coraggiose per raccontare i fatti. Come quando nel 1991, all’epoca direttore di Studio Aperto, dette per primo in diretta la notizia dello scoppio della prima Guerra del Golfo con l’operazione “Desert Storm”, proprio nel giorno della prima messa in onda del tg di Italia 1. «Fu un momento di grande emozione ma anche di grande paura per una guerra che avremmo pagato cara, una guerra infinita. Sapevo che scadeva l’ultimatum e con Silvia Kramar, collega bravissima, ci siamo messi in ascolto e abbiamo catturato il momento del bombardamento di Baghdad prima degli altri colleghi», avrebbe raccontato Fede in seguito in un’intervista.