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von der Leyen domande giornalisti

Trasparenza Made in Ue

Domande vietate a Bruxelles: von der Leyen scappa dal confronto con la stampa. E alle critiche sbotta: “Datemi tregua”

Domande via e-mail e risposte tirate a lucido: l’"esclusiva" della presidente Ue divide i grandi quotidiani europei e riaccende il dibattito sulla trasparenza a Bruxelles

Europa - di Alice Carrazza - 23 Settembre 2025 alle 14:50

A Bruxelles le chiamano interviste, ma sembrano comunicati stampa. Ursula von der Leyen ha concesso un’“esclusiva” al cartello giornalistico Lena, l’alleanza dei grandi quotidiani europei. Peccato che non ci sia stato alcun confronto diretto: nessuna domanda dal vivo, nessuna replica incalzante. Solo un copione confezionato con domande inviate via e-mail e risposte riscritte dalla macchina comunicativa del Berlaymont, lucidate a dovere prima di essere recapitate alle redazioni.

Von der Leyen si prende beffa della stampa

Il risultato è stato prevedibile: un testo levigato, privo di sbavature e di quella spontaneità che nasce dal dialogo reale con il giornalista. A differenza dei videomessaggi autoprodotti a cui la presidente ci ha abituati, questa volta Bruxelles ha voluto etichettare l’operazione come “intervista”. Ma il trucco è emerso subito.

La difesa del portavoce

Di fronte alle polemiche sollevate, soprattutto dopo la denuncia del quotidiano belga Le Soir, il vice portavoce Olof Gill ha provato a cavarsela con l’ironia: «Datemi tregua. Quando la presidente non dà interviste non va bene, quando le dà non va bene. Abbiate pazienza». Una battuta che ha fatto sorridere pochi e irritato molti, perché non è l’umore dei cronisti a essere in discussione, ma l’idea stessa di trasparenza istituzionale.  

Non è la prima volta che von der Leyen mostra la sua predilezione per i monologhi protetti: i rari contatti con la stampa avvengono quasi sempre a porte chiuse, filtrati da un ufficio comunicazione che riduce al minimo il rischio di contraddittorio. Non è un dettaglio, ma il segno di un metodo di governo europeo che concepisce il giornalismo non come cane da guardia, bensì come megafono.

La spaccatura tra le testate

Alcuni quotidiani hanno ingoiato il formato senza fiatare: Die Welt, La Repubblica, Le Figaro. Altri hanno preso le distanze: El País ha rifiutato di pubblicare, giudicandolo contrario alle proprie regole editoriali. Le Soir ha deciso di pubblicare, ma avvisando i lettori delle condizioni imposte. In Svizzera, il Tages-Anzeiger attendere. Una frattura che mostra come non tutti siano disposti a trasformarsi in semplici passacarte della Commissione.

Il nodo politico

L’episodio non è marginale. Avviene in un’Europa segnata da crescente sfiducia verso le istituzioni comunitarie, percepite come lontane, impermeabili e restie al confronto. Non solo, la presidente della Commissione è accerchiata dal malcontento tanto politico quanto burocratico, relativo proprio alla questione trasparenza.  

La conclusione amara

Il portavoce ha poi provato a minimizzare, spiegando che il suo invito ai media ad “avere pazienza” era solo ironia. Ma la leggerezza stride con la sostanza: i cittadini europei hanno il diritto di vedere i propri giornalisti interrogare chi governa l’Unione, senza che le risposte vengano sterilizzate a monte.

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di Alice Carrazza - 23 Settembre 2025