CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

Dal 1848 al 2025. Alla Calabria servono ancora cose possibili (almeno otto) e non utopie da cerimonie

Regionali

Dal 1848 al 2025. Alla Calabria servono ancora cose possibili (almeno otto) e non utopie da cerimonie

Politica - di Ulderico Nisticò - 7 Settembre 2025 alle 08:22

È affascinante il gioco dell’ucronia, soprattutto quando non è del tutto fantasioso. La Prima guerra d’indipendenza, vista sotto un aspetto puramente polemologico, poteva essere vinta; fu persa per cause politiche, giacché lo schieramento italiano non divenne un’alleanza, e tanto meno una forza armata comune. Ma poniamo che, dopo Goito, ai Sardi andasse bene anche Custoza; e che la flotta napoletana, che proteggeva Venezia, avesse battuto quella austriaca… eccetera… ebbene, i fatti sarebbero stati più veloci di ogni formalità e di ogni trattato, e sarebbe sorta un’Italia confederale o federale; e non un’Italia centralista come, per la velocità dei fatti e senza che nessuno, forse nemmeno Cavour, la volesse davvero, accadrà poi nel 1861, e sostanzialmente rimane.

Ognuno immagini quello che vuole: presidente il papa, con poteri sempre più nominali e garanzia della libertas Ecclesiae (per capirci, i Patti Lateranensi del 1929!); un indipendente Regno Lombardo-Veneto con uno dei tanti principi in lista d’attesa – sabaudi, borbonici, asburgici -; o anche solo il Veneto con aggiunta di Trento e Dalmazia: cosa che avrebbe radicalmente cambiato la futura storia d’Italia e dei Balcani; una Sicilia, che era in eterna agitazione contro Napoli, largamente autonoma (il 1946, se mai i Siciliani avessero letto il loro Statuto: meno male che lo ignorano, vantaggi a parte!); i Ducati e la Toscana… via, come si fa a dimenticare che mezza storia della letteratura italiana e dell’arte non ci sarebbero senza gli Este, i Medici e i Viceré castigliani? I federalisti avevano ottimi argomenti, troppo presto dimenticati.

Come organizzare la cosa, era tutto da vedere. Per esempio, non era certo che a comandare l’esercito dovesse essere un serioso e burocratico generale piemontese, invece di più creativi guerrieri di scuola murattiana come i due fratelli Florestano e Guglielmo Pepe. E la Capitale? Roma, ovvio… a patto di farne una nuova: come l’E 42, poi detta EUR.

Perché mi sono svagato con questa ucronia retrospettiva? Perché se nel 1848 si fosse fatta un’Italia federale, o se l’autonomia prenderà piede sul serio, la primissima conseguenza sarebbe che le Regioni non potrebbero restare quello che furono nel 1970, con assetti che, grosso modo, furono la copia – la brutta copia di un brutto originale – dell’allora Prima repubblica, quindi copia centralista e partitocratica. Anzi, le Regioni furono il trionfo della partitocrazia peggiore: i consiglieri regionali (salva la pace dei pochissimi buoni) vennero ricavati da politicanti di serie B e C, falliti come parlamentari. E non parliamo dei burocrati scaldasedie e messi lì per lo stipendio e l’ordine di fare il meno possibile: ordine entusiasticamente eseguito, soprattutto nella mia Calabria.

Se, come ho più volte scritto, facessimo la Regione Ausonia dal Molise alla Calabria, non dovrebbe essere la bruta somma di Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia attuali; e un Consiglio di centinaia di membri messi assieme a oziare; bensì bisognerebbe ricordarsi che “i governi devono essere conformi alla natura dei popoli”, qualmente insegna il Vico; quindi immaginare istituzioni nuove.

Tra un mese si vota in Calabria. Sorvolo sulle personali, e diciamo automatiche, simpatie per il centrodestra, il quale per altro non è che faccia molto per attirarsi simpatia da me, e fingo di essere un asettico osservatore dei fatti sociali. Che potrebbe fare di buono, la futura Regione Calabria?

Preliminarmente dichiariamo che non ci servono miracoli e scorciatoie ed elemosine e redditi; e nemmeno sognanti promesse che un pezzo di spiaggia, anzi ogni pezzo di spiaggia diventi, no, già sia la Rimini del Sud, l’Ibiza dell’Est e la Mykonos dell’Ovest; e aperture di capannoni con all’interno solo la ninfa Eco: ce ne sono, dovunque, a centinaia e centinaia; e in galera non è andato nessuno. E ne abbiamo sentite, negli anni: Centro siderurgico, palline da tennis, trattori e auto Isotta Fraschini, fabbriche di birra inaugurate e subito chiuse; eccetera.  Alla Calabria servono cose possibili e non utopie da cerimonie ufficiali segue cena. Quali?

  • Conoscenza del territorio. Il bergamotto e i gelsomini e la liquerizia crescono in areali delimitati dalla natura, e non nel giardino del parente di qualcuno per pigliare contributi. Al contrario, le erbe officinali si trovano dovunque, però bisogna andarsele a cercare. Forse da qualche parte della Calabria ci sono terre rare? Minerali, ci sono sicuro. Come sopra, per l’esigenza di cercarli.
  • Studio e miglioramento della produzione enogastronomica di qualità, con ricerca dei mercati. La tonta quantità, che fu causa dell’immiserimento calabrese dal XVIII secolo,  non interessa più a nessuno.
  • Conoscenza della storia calabrese, generalmente ignorata e sostituita prima con sbarchi di Ulisse in montagna, oggi con la “scoperta” di re Italo scopertissimo dai tempi di Tucidide. Tutto il resto, mai sentito nominare se non da specialisti solitari.
  • Conoscenza delle immani potenzialità del turismo culturale: archeologico, museale, medioevale… Cose che, attenti, interessano, oltre che ai seri professionisti, molto di più ai turisti forestieri che agli operatori turistici locali.
  • Analisi del turismo del 2025… ormai 26, che non è più quello degli anni 1950 con le mitiche “chiappe chiare” e i gabbiani ficcati in tutte le canzoni. Il turismo è un’attività mutevole, e va inseguito nelle variabili tendenze.
  • Fine di ogni genere di dilettantismo e improvvisazione… anche in politica. Volete l’elenco dei professoroni della “società civile” repentinamente promossi a politici? Calma, ce ne furono di  sinistra come di centro(destra), e fecero tutti clamoroso disastro, soprattutto se assessori alla Cultura, quelli d’arredamento e soprammobili. Sono personalmente curioso di sapere a chi toccherà nella prossima Giunta.
  • A tale scopo, vanno ripensate la scuola e le università. Non ci servono altre vagonate di avvocati cassazionisti; e se proprio volete grecisti, ebbene, che siano al corrente dei delicati misteri dell’aoristo secondo passivo, e non se la cavino con i “valori” a ruota libera!
  • In verità ci urgono tecnici di valore, e di tutti i livelli.
  • Eccetera.

Sono curioso di sentire qualche cenno a tale proposito, durante la campagna elettorale: mentre scrivo, non ho avuto questo bene. 

Non ci sono commenti, inizia una discussione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Ulderico Nisticò - 7 Settembre 2025