
Il tribunale di Verona
Chico Forti, il giudice lo lascia in cella con una motivazione kafkiana: “Non si è pentito”. Ma un innocente di che deve pentirsi?
Mancato ravvedimento interiore e mancato risarcimento ai familiari della vittima. Sono i due pilastri del dispositivo, visionato da LaPresse, con cui il tribunale di sorveglianza ha rigettato la richiesta di libertà condizionale presentata dai legali di Chico Forti, il 66enne trentino in carcere a Verona dopo aver trascorso 26 anni in un penitenziario negli Stati Uniti per l’omicidio di Dale Pike, delitto per cui Forti si è sempre dichiarato innocente.
Il Tribunale di sorveglianza di Venezia, in composizione collegiale presieduta dal giudice Michele Bianchi nell’ufficio di Verona, ne ha respinto l’istanza per ottenere la libertà condizionale con queste motivazioni.
Chico Forti è in cella da 26 anni
Il magistrato di sorveglianza, pur riconoscendo 2.250 giorni di liberazione anticipata dati dai fattori di buona condotta negli Usa e in Italia, ha contestato la mancanza di avvicinamento ai familiari della vittima e il mancato risarcimento che comunque negli Usa non è previsto dall’ordinamento giudiziario.Sull’aspetto economico, i legali di Forti hanno messo agli atti la relazione del tutore dell’ergastolano che “versa in totale indigenza”, in quanto i beni “sono stati utilizzati negli Stati Uniti per sostenere le spese della battaglia giudiziaria durata 26 anni”.
“Lo vogliono morto in carcere”
”Purtroppo la richiesta di libertà condizionale di Chico – ha commentato all’Adnkronos Gianni Forti, zio del 66enne detenuto – è stata rigettata con una serie di motivazioni assurde e inesistenti. Dobbiamo ricorrere in Cassazione e ci vorrà ancora molto tempo. Non sappiamo più che cosa fare. I tempi massimi sono stati superati da anni ormai. Qualcuno lo odia a tal punto da volerlo vedere morire in carcere”.
Sottoporremo questa convinzione alla valutazione della Corte di Cassazione”, dichiara l’avvocato Alessandro Favazza. Chico Forti si trova in Italia da un anno, dopo oltre un quarto di secolo passato in carcere a Miami.
“Rientrato in Italia grazie all’intervento decisivo di Giorgia Meloni”
La sua lunga vicenda giudiziaria si è intrecciata con diversi governi italiani: già a fine 2020 l’allora ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, annunciò l’accoglimento con riserva dell’istanza di Forti da parte del governatore della Florida Ron De Santis, prima che l’esponente repubblicano interrompesse la procedura per il trasferimento. Al suo rientro a maggio 2024, poi, Forti trovò ad accoglierlo all’aeroporto militare di Pratica di Mare la premier Giorgia Meloni, che a marzo aveva annunciato l’autorizzazione al trasferimento in seguito a un confronto a Washington con l’allora presidente americano Joe Biden. In mezzo, l’accordo col giudice federale statunitense per scontare il resto della pena in Italia sulla base del diritto