
Testimonianze e ricordi
A Fenix una mostra su Sergio Ramelli per i 50 anni dalla morte: contro l’odio “il coraggio della libertà”
Nel villaggio di Fenix, la festa di Gioventù nazionale a Roma, è stata allestita una mostra dedicata a Sergio Ramelli, per i 50 anni dalla sua scomparsa. Era un militante del Fronte della Gioventù di appena 18 anni, ucciso a colpi di chiave inglese da estremisti di sinistra appartenenti ad Avanguardia operaia nel 1975. Inizialmente venne preso di mira dagli attivisti comunisti a scuola, dopo aver scritto un tema di denuncia sulle Brigate rosse. Il foglio venne sottratto al professore ed esposto sul muro della scuola come se fosse un eresia. Il titolo dell’esposizione è “Sergio Ramelli, il coraggio della libertà”.
I vari pannelli, esposti nella sala in cui si svolgono i convegni, riportano le testimonianze dei familiari, degli amici e degli autori che si sono occupati di mantenerne viva la memoria. Tra le frasi ce n’è una emblematica pronunciata da Mario Costa, uno dei suoi assassini, che descrive il momento in cui il giovane studente del Liceo Molinari sta per essere colpito mortalmente.
A Fenix una mostra dedicata a Sergio Ramelli: una storia di coraggio
Tra gli scritti riportati sulle installazioni spicca quella di Anita, la mamma di Sergio Ramelli: “Parlò delle Brigate rosse che, a quei tempi, avevano appena cominciato a colpire. Un ragazzo, che aveva l’incarico di portare i temi al professore fu invece bloccato nel corridoio dai soliti capetti di Avanguardia operaia che gli portarono via proprio il tema di Sergio”. Da quel momento, il tema venne esposto pubblicamente con l’accusa di essere “fascista”.
Come ha scritto il giornalista Nicola Rao nel libro intitolato “Il tempo delle chiavi“, negli anni ’70 in Italia si era attivata una sorta di “polizia politica ed etica parallela”, che imperversava nelle strade della città intimorendo le persone con perquisizioni e interrogatori. Insomma, biechi strumenti degni delle peggiori dittature comuniste. Peraltro, dal verbale dell’aggressione di Ramelli è emerso che “il ragazzo, dopo aver tentato di difendersi, proteggendosi il capo con le mani urlando, venne colpito più volte e lasciato a terra esanime“.