
Cancel culture dem
Ricci, le macerie lasciate a Pesaro: viaggio nella città dove la sinistra ha umiliato l’identità culturale
L’allarme lanciato dagli operatori culturali e persino da un ex assessore di rifondazione comunista che attacca la politica tutta “paneme et circenses” delle giunte dem, priva di interventi strutturali sul notevole patrimonio d’arte lasciato alla rovina. Francesco Baldelli: Invece di assumersi responsabilità accusando la Regione
Il vicesindaco del Comune di Pesaro, Daniele Vimini, storico braccio destro di Matteo Ricci, artefice in quanto assessoredell’assegnazione a Pesaro del titolo di capitale italiana della cultura nel 2024, nel presentare la sua candidatura, ha attaccato la Regione: “in questi cinque anni siamo stati trattati da subalterni quando non esclusi dalle opportunità. Lavoriamo per una Regione che faccia della coesione territoriale il proprio punto di forza e che non punti a dividere territori e comunità per convenienza o appartenenza politica”.
Baldelli: “Il passato di Pesaro è da archiviare”
Le dichiarazioni di Vimini non potevano passare inosservate. Il primo a reagire è l’assessore regionale ai lavori pubblici Francesco Baldelli che rispedisce al mittente le accuse: “Vimini si autoproclama erede della storia amministrativa e culturale di Pesaro. Una pretesa ardita, visto che proprio quell’amministrazione oggi appare ingessata e priva di slancio. E non certo per colpa della Regione, che il vicesindaco continua ad accusare di penalizzare la città: la colpa, per la sinistra pesarese, è sempre di qualcun altro. La verità è che hanno mal amministrato perdendo terreno rispetto a città vicine e omologhe: vedi le dispute e le contrapposizioni su turismo, parcheggi o impianti sportivi. Ma, invece di assumersi responsabilità, cercano scuse da manuale. Pesaro non ha bisogno di piagnistei ma di rappresentanti autorevoli capaci di guardare avanti e mettere a terra idee solide e progetti di spessore. Noi parliamo di futuro. Il passato di Pesaro, specie quello recente, è meglio archiviarlo e voltare pagina al più presto”.
Sinistra aPesaro, un “sistema” che ha smantellato l’identità culturale
A finire sotto accusa è politica culturale del Comune di Pesaro gestita, nell’ultimo decennio, proprio da Daniele Vimini. Pier Roberto Renzi, operatore culturale apprezzato in città e molto attivo sui social, non usa mezzi termini: “quello che guerre, terremoti e secoli di storia non sono riusciti a distruggere e a cancellare, lo sta facendo oggi un sistema di potere locale miope ed arrogante, che da anni agisce nell’ombra con la maschera del progresso e della modernità. Un “sistema” che sta scientemente smantellando l’identità storica e culturale della città, pezzo dopo pezzo, monumento dopo monumento, nel silenzio assordante degli organi di controllo e di tutela, nell’indifferenza programmata di chi dovrebbe difendere il bene comune.
“La strategia è ormai chiara, spietata, e si ripete ovunque con chirurgica puntualità: si lascia cadere in rovina per decenni un complesso monumentale, lo si fa marcire per renderne giustificabile l’intervento di recupero, e poi si tirano fuori i soliti slogan triti e ritriti: rigenerazione urbana, edilizia sociale, rilancio dei quartieri. In realtà si tratta soltanto di speculazione pura, mascherata da urbanistica. Nuovo calcestruzzo al posto della storia, nuove palazzine anonime al posto della memoria, locali commerciali e uffici senz’anima al posto della bellezza architettonica.
L’allarme degli operatori culturali
“È accaduto al Complesso della Misericordia con la sua chiesa delle Zoccolette, in via della Vetreria: un edificio che porta la firma del più grande architetto a livello europeo del ‘700, Giannandrea Lazzarini e del suo allievo più illustre, Tommaso Bicciaglia: trasformato prima in rudere per poi giustificarne la trasformazione in edilizia popolare. È accaduto all’ex Ospedale Psichiatrico San Benedetto, svuotato come una carcassa inutile.
“Accadrà al San Domenico, in via Giordano Bruno, alla chiesa di San Filippo, in via Varese, al Garage Moderno in via Castelfidardo. Nessun edificio è più al sicuro. Nessun vincolo sembra qui contare. Nel frattempo, il Museo archeologico Oliveriano, cuore culturale della città e archivio materiale della sua storia millenaria, resta chiuso nuovamente per un “restauro”. Un restauro senza fine, che sa tanto di scusa per continuare a tener lontani i cittadini dalla propria storia. L’ex Palazzo Almerici, che dovrebbe essere un faro di conoscenza, è oggi solo l’ennesimo simbolo della riqualificazione edilizia, dato che anche in questo caso verranno realizzati al suo interno alcune unità abitative per gli studenti”.
I mosaici del duomo di Pesaro abbandonati
“Questa- continua Renzi- non è rigenerazione urbana, è cancellazione culturale. È il tentativo sistematico di cancellare ciò che eravamo per far posto ad un’idea di città senza passato, senza nessuna attrattiva culturale. Una città svuotata di senso, ridotta a contenitore da riempire con qualunque cosa porti consenso politico e ritorno economico immediato. Anche i mosaici del Duomo di Pesaro restano sepolti, nell’indifferenza più totale. Da secoli attendono di essere liberati, studiati, valorizzati. E invece sono ancora lì, sottoterra, dimenticati. Nascosti non solo dal tempo, ma soprattutto dall’inerzia delle . Che preferiscono ignorare una delle testimonianze più straordinarie della Pesaro paleocristiana, piuttosto che affrontare con coraggio un serio progetto di scavo, recupero e di valorizzazione.
“Stiamo parlando di mosaici che potrebbero rappresentare un punto di svolta nella lettura archeologica del mondo intero. Frammenti preziosi di un passato che affonda le radici nei primi secoli del cristianesimo, ricchi di significato religioso, artistico e storico. Un patrimonio che, se finalmente portato alla luce, potrebbe attirare studiosi, appassionati e turisti da ogni parte del mondo. Ma niente si muove ancora. Nessun progetto, nessuna volontà politica, nessuna campagna di sensibilizzazione. Solo silenzio.
“E così, mentre altrove si investe nel recupero dell’identità storica per creare cultura e attrattività, a Pesaro si lascia tutto sepolto. È l’ennesimo paradosso di una città che preferisce inventarsi delle attrazioni effimere, piuttosto che prendersi cura delle sue autentiche meraviglie. I mosaici del Duomo – conclude Renzi – non chiedono altro che tornare alla luce. Ma finché prevarrà l’indifferenza, resteranno sepolti non solo sotto il pavimento, ma sotto una vergognosa miopia politica”.
Persino l’ex assessore di rifondazione all’attacco
In una lettera al “Resto del Carlino”, Marco Savelli, ex assessore al Comune di Pesaro ed ex segretario regionale di Rifondazione Comunista, critica “la beata innocenza degli elettori”. E focalizza la sua attenzione su un passaggio, negli atti della magistratura, che adombra, per il principale indagato, un tornaconto in termini di popolarità e di consenso; è di questo aspetto che Savelli vuole discutere: “della vicenda Affidopoli – scrive Savelli – non mi interessano né gli aspetti giudiziari, di competenza del magistrato inquirente; né i riflessi politici che lascio ai candidati alle prossime elezioni regionali. Mi interessano invece, e molto, i risvolti culturali.
“Se per l’ex sindaco, al netto di eventuali reati – lo stabilirà chi ne ha competenza- c’è stato questo ritorno in termini di popolarità e di consenso, i riflettori mediatici andrebbero accesi non solo su di lui, ma anche sul cosiddetto popolo sovrano. Eh sì. Perché è consuetudine puntare l’indice accusatorio contro le qualità divinatorie e seduttive del leader di turno salvaguardando “la beata innocenza” del corpo elettorale. Che invece innocente non è affatto e a cui, in questo vuoto, piacciono tanto i panem et circense: le cene, i giochi, le emozioni, lo svago; fino alla finzione esaltante della “capitale italiana della Cultura 2024”. Con tanto di reclutamento di qualche trombettiere mainstream e di un po’ di manodopera intellettuale organica.
“Si fatica a produrre cultura”
“Questa osmosi tra il capo e i suoi sudditi genera una città in cui si fa fatica a produrre cultura scostandosi dall’orientamento e dal senso comune dei condottieri. Una città in cui ricerca e sperimentazione appartengono al passato remoto; dove è difficile individuare associazioni emancipate dagli umori del Comune (e del partito, il PD, che lo governa). È questa condizione di provincia sonnolenta e tranquilla che ha dato vita ad un conformismo e a un’omologazione culturale senza scampo: questo non riguarda la magistratura, riguarda tutti noi. È su questo che andrebbe aperta una discussione vera, non su altro! Sempre se sia consentito farlo senza essere accusati di fare il gioco della destra”.