
Sogno o peggior incubo
Parla, ricorda e aiuta con i compiti: anche Barbie si piega all’Ai. Ma è davvero un gioco da bambini?
La psicologa Brandom avverte: «La prima infanzia sarà plasmata dall’intelligenza artificiale. Rischiamo di sacrificare creatività e pensiero critico per la comodità tecnologica»
Anche l’infanzia, a lungo risparmiata dall’invasione digitale, si prepara a soccombere all’ultima ondata tecnologica. A dirlo è la psicologa Marianne Brandom, che su Psychology today lancia un monito lucido quanto inquietante: «Finora, i bambini più piccoli sono stati tra le poche fasce d’età la cui vita quotidiana non è stata saturata dall’intelligenza artificiale. Ma con l’imminente ondata di giocattoli basati sull’intelligenza artificiale, anche la prima infanzia – gli anni più neuroplastici e formativi – sarà presto plasmata dall’intelligenza artificiale tanto quanto qualsiasi altra fase della vita».
“Ciao Barbie”: le nuove bambole Ai
Il caso non è teorico. È merce, marketing, Natale. Mattel, il colosso americano dei giocattoli ha annunciato un accordo strategico con OpenAi per integrare sistemi nei propri prodotti di punta. Le bambole, a partire dalla celeberrima Barbie, non si limiteranno più a pronunciare frasi preregistrate. Ascolteranno, ricorderanno, risponderanno.
«Immagina questo: tua figlia entra nella sua stanza e dice “Ciao Barbie, com’è andata la giornata?”. E Barbie risponde davvero. Non con frasi preregistrate, ma con conversazioni vere. Ricorda cosa è successo ieri. Chiede a tua figlia degli amici. La aiuta persino con i compiti». Così recita il sito della catena americana Maziply Toys, tra i primi a pubblicizzare l’arrivo imminente delle bambole conversazionali.