CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

La Morte in vacanza

L'assurdo

La morte in vacanza: romanticismo, solitudine e il paradosso dimenticato del legame umano

Dal teatro visionario di Casella al cinema hollywoodiano, un invito a riscoprire la profondità dell’amore e della morte in un’epoca anestetizzata dall'individualismo e dall’illusione dell’eternità

Cultura - di Alice Carrazza - 24 Agosto 2025 alle 10:34

Ci fu un tempo in cui persino la Morte sapeva farsi romantica. Nel 1929 Alberto Casella, sceneggiatore e uomo di destra colto e disincantato, firmava La morte in vacanza (Death Takes a Holiday). Il testo, portato al cinema nel 1934, immaginava l’Inesorabile che, stanco del suo compito, decide di incarnarsi in un giovane aristocratico per scoprire, almeno per qualche giorno, le passioni degli uomini. Ma ecco il colpo di scena: la Morte scopre l’amore. L’assoluto si piega al sentimento più fragile.

Quasi settant’anni dopo Hollywood ne ha dato una versione patinata con Vi presento Joe Black (1998), dove Brad Pitt incarna l’oscuro visitatore. Storia diversa, cornice americana, ma stesso paradosso: la Morte scopre la carezza, l’odore dei capelli, l’inutilità del dire “resta” a chi, per definizione, non può restare.

Il paradosso dimenticato

Che ne è oggi di tutto questo? Niente. O quasi. Viviamo come se la morte fosse un errore medico, un problema di scheduling clinico. Si muore con una cartella ai piedi del letto, in una stanza igienizzata dove la luce è neutra e il silenzio è rotto solo dal bip della saturazione. Nessuna scena madre, nessun addio. Solo un’assenza formalizzata in un certificato.

E allora si capisce anche perché nessuno ama più: perché amare significa scegliere qualcosa che finirà. E noi non vogliamo più nulla che finisca. Preferiamo non iniziare affatto.

Soli, non per caso

Secondo le ultime proiezioni demografiche, i single in età adulta aumenteranno drasticamente nei prossimi decenni. Non solo tra i ventenni in cerca di se stessi, ma tra i cinquantenni già stanchi, tra i settantenni lasciati in letti separati a scrollare schermi. Le relazioni evaporano prima ancora di condensarsi in legami. Il matrimonio è visto come un’adesione a un sistema di sorveglianza sentimentale. La coppia come un costo. La promessa come un ricatto.

Ma non si può amare davvero se non si accetta che l’altro possa sparire. E che, nonostante questo, lo si voglia comunque.

Il romanticismo è una disobbedienza

Siamo una civiltà che ha paura di tutto ciò che non può controllare: malattia, perdita, malinconia, dedizione. Ogni cosa che eccede la funzionalità viene eliminata, silenziata, trattata come un’anomalia. In questo mondo, il romanticismo non è una virtù: è un disturbo, un’insubordinazione. È credere ancora che due persone possano dirsi “ci sono” l’uno per l’altro senza vergogna.

Perché tornare a Casella

Tornare a Casella oggi significa riscoprire un’Italia intellettuale brillante che non aveva paura di guardare in faccia la morte e di intrecciarla al destino umano. Non è un esercizio di nostalgia. Significa ricordare che si può ancora parlare d’amore senza stories su Instagram. Che si può ancora accettare di morire, pur di essere vivi.

Non ci sono commenti, inizia una discussione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Alice Carrazza - 24 Agosto 2025