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Strage di Bologna e riletture

La destra missina fu parlamentare, democratica e costituzionale: rispettate la nostra storia

Idee a Destra - di Carmelo Briguglio - 5 Agosto 2025 alle 13:23

Alleanza Nazionale ? Movimento sociale. La mia collocazione è la destra” (Raffaele Cantone, Il Foglio, 2 gennaio 2016, intervista a Salvatore Merlo).  

Vi passo volentieri una metodica: quando c’è un anniversario in vista, di quelli – diciamo così – le cui celebrazioni non sono ancora o non del tutto condivisi, meglio scrivere un po’ di giorni dopo. Sulla strage di Bologna dico subito due cose: la prima, che concordo con le dichiarazioni enunciate ormai da anni dal Presidente Mattarella, ma anche dal numero due di FdI, Ignazio La Russa, che è pure il numero due delle alte cariche dello Stato: la strage fu “neofascista”, come scritto nelle sentenze della magistratura; e non comprendo perché, nonostante la posizione solenne enunciata, il presidente del Senato subisca attacchi che non hanno una base di razionalità. La seconda: Paolo Bolognesi – che è un politico di parte – nel lasciare l’incarico di presidente dell’Associazione familiari delle vittime, ha voluto scalare fino in cima la montagnola della faziosità, scaricando sulla destra missina e addirittura su Giorgia Meloni, una qualche radice di paternità della strage, il che  – va detto senza ambiguità – é una mascalzonata politica. 

La destra missina fu parlamentare, democratica e costituzionale 

Ma dire “strage neofascista” non tocca per nulla il Msi, tanto quanto il colore delle Brigate Rosse, possa toccare la sinistra post-comunista: il partito missino fu per mezzo secolo una destra parlamentare, democratica, costituzionale, che contribuì al cammino della nostra Repubblica, col proprio voto all’elezione di capi dello Stato, alle modifiche della Carta del 1948, all’adesione ai Trattati Europei e alla NATO (quando la sinistra comunista si opponeva ferocemente, per la precisione), alla mancata entrata in vigore della legge-truffa elettorale di Mario Scelba. Ma vado volentieri di là del settarismo cieco e retrò di Bolognesi, perché mi interessa sottolineare il grave errore di cultura politica della confusione tra terrorismo neofascista e destra legalitaria. E, il tentativo – questo sì – di “riscrivere” in modo irragionevole e strumentale la storia del Msi che fu di Almirante e Romualdi e poi di Fini, Tatarella e La Russa e della giovanissima Meloni e per il quale votavano uomini come Paolo Borsellino che fu candidato dai missini al Quirinale e un uomo di legge, integerrimo e rigoroso, come Raffaele Cantone al quale dedico l’epigrafe con cui si apre questo pezzo. 

La destra fuori dagli apparati dello Stato e contro il terrorismo nero

La netta separazione e contrapposizione tra Movimento sociale italiano e terrorismo neofascista, ancor prima della nascita di An, é fondante della tradizione della destra italiana, del suo patrimonio morale e culturale: non vi fuoriesce; non ne costituisce – per dirla con Eric Hobsbawm –  “l’invenzione di una tradizione”, una variante opportunistica. Vi appartiene a pieno titolo. Non solo FdI, An, tanto meno Fli, ma il Msi fu sempre considerato nemico dalla “destra” extraparlamentare o peggio dal terrorismo “nero” e dalle aree ad esso contigue; da cui – insisto – la destra nazionale e repubblicana si é sempre tenuta lontanissima, condannandone fatti e atti. Almirante era per la “doppia pena di morte” da comminare ai terroristi neri; i quali avrebbero volentieri reso la pariglia al “traditore”. Un tempo a sinistra questo elemento era conosciuto e accettato, a partire da Enrico Berlinguer: basta andarsi a leggere il libro di Antonio Padellaro che ha rivelato il rapporto tra i due leader (A. Padellaro, Il gesto di Almirante e Berlinguer, Paperfirst, 2019)  Ora, questa ossessione del “dovete dire strage fascista” a sinistra, la capisco molto poco; anzi per nulla. Non porta alla left niente in termini di consensi. E non porta, soprattutto, alcun contributo ad illuminare il buio che persiste ancora sulle “stragi”. Un dato é inoppugnabile: il 2 agosto 1980  la destra missina era il “polo escluso” dal potere e se fu “strage di Stato”, da quello “Stato” e dai suoi apparati, dai suoi servizi segreti, la destra parlamentare, orgogliosamente all’opposizione, era “fuori”; era emarginata da qualunque forma di partecipazione al potere, che si reggeva su un sistema consociativo tra il centro e il Pci; vigeva anzi nei suoi confronti la conventio ad excludendum: il famigerato arco costituzionale. Vabbè. 

Gli interrogativi sulla strage di Bologna a sinistra: da Rossanda a Telese

Questo mio si sforza di essere un “pezzo” di ragionamento politico, non una crassa replica di propaganda che nei giorni scorsi ha sovrabbondato per lanciare “accuse senza accusa” nei confronti della destra, ma è dura. Quindi, continuo senza mettermi qui a rifare l’elenco esatto degli uomini e donne della cultura e del giornalismo, delle più disparate estrazioni, di sicuro lontani e insospettabili, dubbiosi della “verità giudiziaria”, alcuni scomparsi, altri ancora “in servizio”. Alla rinfusa mi limito ad alcuni: Marco Pannella, Liliana Cavani, Oliviero Toscani, Sandro Curzi, Marco Taradash, Giovanni Minoli, Giampiero Mughini, Paolo Mieli, Andrea Camilleri, Rossana Rossanda, Adriano Sofri, Fulvio Abbate, Ennio Romandino, Luca Telese, Francesco De Gregori, Luigi Manconi; sono solo alcuni intellettuali, che – utilizzo il logos di Prezzolini – si dichiararono apoti (quelli che non se la bevono): alcuni firmarono l’ appello “E se fossero innocenti”, chiedendo la revisione della sentenza di condanna di Fioravanti e Mambro; altri espressero pubblicamente perplessità sulla “verità giudiziaria” e sugli anelli mancanti. Mi colpiscono, tra gli altri, gli interrogativi e le inquietudini di Rossana Rossanda: “Ma perché questi segreti stati maggiori avrebbero deciso la strage il 2 agosto del 1980, cioè al momento in cui il Pci non solo sta fuori del governo, ma al massimo dell’isolamento, e se mai proprio un’emergenza potrebbe rimetterlo nel gioco?”, scrisse due giorni dopo la strage in un editoriale intitolato “La risposta” sul Manifesto. Quanto a Luca Telese, autore dell’informato, ma ormai dimenticato libro di successo – anche da chi lo scrisse? –  “Cuori neri” (Sperling & Kupfer, 2006), non credo abbia cambiato idea, soprattutto sui metodi del pubblico ministero Libero Mancuso che indagò sulla strage di Bologna: “Ma era ancora più inverosimile quello che mi stava raccontando Mancuso: e cioè che l’attentato alla sezione del Pci fosse, poco più di un anno prima, la prova generale della strage alla stazione. Ero molto stupito, perché avevo la certezza quasi matematica che quella di Mancuso fosse una grandissima superficialità, o addirittura una imperdonabile falsificazione”. (Luca Telese, Tpi, 2 agosto 2020). 

I dubbi non autorizzano la riscrittura della storia della destra

Tanti perché, tanti dubbi. A sinistra e perché no a destra? Enzo Raisi ne ha e li ha documentati nei suoi libri. Sono perplessità plausibili, corrette, senza che questo equivalga alla mancanza di rispetto nei confronti delle sentenze, delle vittime, dei loro familiari. Questo si dovrebbe capire a sinistra; e lo dovrebbe comprendere – ma ci rinuncio ormai – anche l’ex deputato Paolo Bolognesi. Borges dice che il dubbio é uno dei nomi dell’intelligenza: per me il diritto al dubbio è un diritto di libertà; anche politica. Che non autorizza la riscrittura infamante della storia politica della destra di ieri, per colpire la destra di oggi. La “revisione” della storia repubblicana contro la destra, di cui essa é parte integrante e non eliminabile, così viene ridotta a propaganda. Misera e meschina. 

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