
La grande opera
Il progetto del Ponte sullo stretto è un merito nel centrodestra, ma a Bruxelles qualcuno voleva cancellarlo
Era stato il governo di Mario Monti, quello che doveva obbedire alle logiche imposte da Bruxelles, a cancellare il progetto del Ponte sullo stretto di Messina dall’orizzonte degli obiettivi di modernizzazione dell’Italia. Ed aveva colpito, soprattutto a Sud, una decisione che, nei fatti, sconfessava uno dei pilastri su cui l’Europa stava costruendo il proprio dinamismo (o la speranza di esso): l’apertura di corridoi strategici per realizzare un sistema multi-modale di ferrovie, rotte navigabili interne e di trasporto marittimo a lungo e corto raggio, strade, ponti (appunto), porti e aeroporti. Il tutto con l’obiettivo dichiarato di realizzare l’effettiva connessione tra gli Stati membri, la velocizzazione del trasporto delle persone e delle merci, il completamento del percorso che dall’abbattimento delle barriere doganali e delle frontiere interne, avrebbe portato alla realizzazione di un’Europa collegata al suo interno e capace di essere velocemente raggiunta dagli altri continenti.
Quindi il paradosso era stato servito: il governo chiamato dall’Europa contro il voto del popolo, in nome di una lettera firmata dalla Bce, abbatteva l’opera simbolo del corridoio Palermo-Helsinki, poi inserita anche nell’ambito delle Reti transeuropee dei trasporti (ten-t) con decisione assunta, successivamente, nel 2024. Si dirà che la ragione formale della cancellazione dell’opera ingegneristica più ambiziosa mai progettata in Europa era legata anche a problemi progettuali, ma non si comprende perché al posto di aggiornare e migliorare il progetto si fosse deciso di abbandonare l’idea.
Il Ponte sullo stretto e l’importanza di un’opera comunitaria
Tornando ancora più indietro nel tempo, con la curiosità dei neofiti, nei primi mesi del mio mandato di deputato al Parlamento europeo ho trovato negli archivi del dibattito d’Aula un intervento, a nome del gruppo delle Destra europee, pronunciato dal siciliano Nino Buttafuoco. Il dibattito era, appunto sulle reti di trasprto e, nell’apprezzare positivamente l’apertura dell’Europa verso la realizzazione dell’ambizioso progetto che avrebbe dovuto collegare stabilmente la Sicilia e la Calabria, lo poneva in parallelo a quello, coevo nel dibattito parlamentare, del tunnel sotto la Manica.
Nell’aula di Strasburgo si sarebbero ripetute nel tempo le invocazioni dell’Europa perchè l’opera fosse considerata comunitaria, come ricorda bene Nello Musumeci che in quell’aula fu per tre legislature e che, da candidato a guidare la Sicilia, accolse nelle ciminiere di Catania l’annuncio di Silvio Berlusconi sulla volontà del centrodestra di riproporre, una volta al governo, l’opera cancellata. Tutti in Europa, anche a sinistra, si dicevano convinti. Ma, per tornare a Buttafuoco, la storia è nota: sotto la manica passano macchine e treni, il Ponte osteggiato dal pregiudizio sembrava eterna chimera. Fino ad oggi.
L’approvazione del Cipess e l’importanza dell’infrastruttura
Nella prima metà del mandato del governo di Giorgia Meloni, dopo la parentesi della legislatura precedente, questo progetto, che è tanto italiano quanto europeo, arriva finalmente all’approvazione del Cipess e, quindi, alla concreta speranza della sua realizzazione. Non tocca a me, e sarei di parte, sostenere ciò che già è ampiamente stato scritto: l’importanza dell’infrastruttura, il suo valore economico imponente, la capacità di crescita esponenziale che potrà generare, la velocizzazione del traffico merci e passeggeri, l’impulso alla realizzazione delle attese opere connesse (strade interne e ferrovie) che sarà parallela al tempo di costruzione dell’infrastruttura principale e potrei ancora proseguire con l’impatto culturale, sì anche culturale, che un’opera d’alta ingegneria determina mettendo insieme l’ingegno e la bellezza. Tutto vero, tutto ampiamente dimostrato, tutto realizzabile nei tempi finalmente chiari imposti dal cronoprogramma presentato da Giorgia Meloni e dal ministro per Infrastrutture, Matteo Salvini.
Riscoprire la centralità del Mediterraneo come obiettivo strategico-economico
Ciò che, invece, mi preme sottolineare è l’importante valore che il Ponte sullo Stretto assume mentre l’Europa, attraverso l’Italia, riscopre la centralità del Mediterraneo come obiettivo strategico-economico ed asset geopolitico. Siamo nell’era del “Mediterraneo globale”, cioè di quel grande mare che unisce sopra e sotto di esso le principali connessioni globali e ne determina un sistema che oggi, allo stato embrionale, pone finalmente l’Italia al centro di un nuovo mondo capace di collegare tre giganti: la “vecchia” Europa, la “nuova” Africa, la “veloce” India.
In questo senso il Ponte sullo Stretto diventa il gemello del Piano Mattei e rappresenta l’asse di collegamento stabile, quindi la cerniera, con il Sud globale. E per questo va difeso, in quanto espressione di una strategia nazionale. E per questo va liberato dalle pulsioni ideologiche del ponte-si/ponte-no. E per questo meriterebbe, com’era accaduto in un passato non troppo remoto, di tornare ad essere considerato un progetto nel quale si crede tutti, da destra a sinistra, in nome del “buonsenso” che a destra si pratica e a sinistra si invoca. Al centrodestra il merito di aver riportato l’opera al centro del dibattito e di esser riusciti a difenderla contro ogni possibile aggressione di parte. Ma dal giorno in cui sarà aperto il cantiere e messa la prima pietra, remino tutti dalla stessa parte. Quella dell’Italia.
*Eurodeputato di Fratelli d’Italia