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Torino, discriminazione su migranti in questura, il Viminale fa appello contro la condanna

La sentenza (non) dà i numeri

Il giudice dà ragione a 18 migranti: condannata la questura di Torino per “discriminazione”. Ma il Viminale non ci sta

Il tribunale di Torino ha criticato la gestione delle pratiche per i migranti da parte della Questura locale, bollandola come "discriminatoria" e sentenziando su code, attese e procedure "oscure". Ma il Ministero dell'Interno ha deciso di ricorrere in appello, sostenendo che le procedure sono state migliorate e che le critiche sono pretestuose

Cronaca - di Ginevra Sorrentino - 11 Agosto 2025 alle 18:45

Migranti, il tribunale di Torino sentenzia: discriminazioni in Questura a Torino. Code, attese, procedure “oscure”. Il Viminale non ci sta: e annuncia appello. Il Ministero dell’Interno contro-ricorre in appello contro una sentenza che definisce «discriminatoria» la gestione delle pratiche per i migranti. La storia di un contenzioso che alimenta la solita polemica strumentale e fomenta lagnanze e accuse contro addetti ai lavori. Amministrazioni locali. E istituzioni. Peraltro, ignorando i progressi fatti e i numeri reali, in un Paese che per la prima volta in tanti anni e diversi governi, sta gestendo con efficacia e determinazione le criticità (burocratiche e gestionali) legate ai flussi migratori. Troppe code, troppe attese, troppi ostacoli burocratici. Sarebbero addirittura “oscuri”, secondo il magistrato che ha emesso la sentenza di condanna per la Questura di Torino, i criteri con cui l’ufficio sceglie di ricevere tra le persone in attesa.

Torino, discriminazioni sui migranti: il Viminale farà appello contro la sentenza di condanna

Va detto che la questione, in base a quanto si legge nelle 29 pagine della sentenza, è di respiro locale e non nazionale. Il giudice, infatti, ha individuato un luogo dove le cose funzionano meglio: la Questura di Milano. Eppure, ancora una volta, la giustizia si scontra con la realtà di fatti, numeri, dati e riscontri. O almeno è ciò che pensa il Viminale, che ha annunciato un ricorso in appello contro una sentenza del tribunale di Torino. Quella decretata dal magistrato che, accogliendo il ricorso di 18 migranti e di un’associazione ben nota come l’Asgi, ha stabilito che la Questura del capoluogo piemontese gestisce in modo “discriminatorio” le pratiche per la protezione internazionale. La motivazione? Code, attese e procedure “oscure”.

Passi avanti ignorati o sottovalutati?

Un quadro, quello dipinto dalla sentenza, che sembra ignorare (o comunque sottovalutare) i passi avanti fatti. Preferendo concentrarsi su una narrazione ormai consolidata che vede lo Stato (o meglio, i suoi apparati) sempre e comunque inadeguato. Nel frattempo, però, la Questura di Torino ha già replicato, numeri alla mano: «Rispetto al passato sono attive procedure che consentono percorsi facilitati». E la situazione è in «costante miglioramento». Non solo, tutti i 18 ricorrenti all’origine della polemica giudiziaria «sono stati tutti già ricevuti», e hanno potuto presentare la loro domanda.

Giustizia contro numeri, narrazione vs fatti

La sentenza intanto sembra quasi voler indicare comunque una strada alternativa: il modello da seguire è la Questura di Milano. Un “suggerimento” che suona come una provocazione, visto che ogni realtà territoriale ha le sue specificità e le sue difficoltà. Il giudice ha concesso quattro mesi di tempo per «mettersi a posto». Una richiesta che, neanche troppo tra le righe, sembra ignorare gli sforzi già compiuti o comunque in atto. Fino a poco tempo fa, infatti, le pratiche venivano gestite in una sede fatiscente in Corso Verona, dove le polemiche e le recriminazioni, le contestazioni e le strumentalizzazioni ad hoc, erano all’ordine del giorno. Ma da marzo, la Questura ha implementato nuove soluzioni.

Migranti, il Viminale non ci sta. E la questura di Torino neppure

Corso Verona è stata abbandonata e sono state messe in campo nuove soluzioni. Evidentemente però, secondo il giudice, non bastano. Così, a sostegno delle loro argomentazioni, dalla questura di Torino snocciolano numeri su numeri per dimostrare che i miglioramenti ci sono eccome. Anche se il giudice ritiene che non sia ancora abbastanza. E allora, eccola una parte dei dati: quasi 49.000 permessi di soggiorno emessi nei primi sette mesi dell’anno, 9.000 in più rispetto all’anno precedente. Cifre che di sicuro non raccontano di una burocrazia immobile. Ma che descrivono a chiare lettere (e con tanto di dati e cifre) un sistema sotto pressione che cerca di fare il suo dovere con le risorse a disposizione.

«Da mesi adottate misure per eliminare code permessi soggiorno»

Non solo. Più segnatamente, in materia di asilo sono stati emessi 4.333 permessi di soggiorno cartacei per richiesta di asilo (nello stesso periodo del 2024 erano stati 1.884) e 3.742 permessi di soggiorno elettronici per asilo/protezione sussidiaria /protezione speciale (nello stesso periodo del 2024 erano stati 2.478). Infine, è stata completata l’istruttoria di ben 1.794 istanze di protezione internazionale, attualmente in attesa di decisione da parte della competente Commissione.

Migranti, la questura di Torino elenca i miglioramenti e le soluzioni nel dettaglio

E ancora: «Nella ricezione del pubblico l’Ufficio Immigrazione di Torino ha sempre cercato di garantire corsie preferenziale per i richiedenti asilo e di protezione internazionale particolarmente vulnerabili, come ad esempio nel caso di rifugiati politici – precisa ancora la Questura piemontese –. In tal senso è stato siglato a giugno un Protocollo per effetto del quale tutte le organizzazioni che si occupano dell’assistenza agli stranieri nella procedura di richiesta di un titolo di soggiorno si relazionano direttamente con l’ufficio immigrazione per segnalare le varie posizioni, soprattutto quelle di particolare vulnerabilità».

Sportelli, pec, una piattaforma ad hoc: ecco tutte le innovazioni

Infine, nel dettaglio – sottolinea ulteriormente la Questura di Torino – è stato aperto lo sportello di Corso Botticelli presso la sede del commissariato di Ps Barriera Milano, deputato alle operazioni di consegna all’utenza straniera dei permessi di soggiorno (cartacei ed elettronici), nonché dei titoli di viaggio. Sono stati attivati sportelli decentrati per le procedure amministrative di ricevimento delle istanze da parte dell’utenza straniera presso i commissariati distaccati di Ps di Ivrea e di Bardonecchia.

Così come «sono state aperte ulteriori postazioni e sale d’attesa coperte, ricavate nei locali della questura con accesso da Via Dorè, destinate a ricevere l’utenza straniera delle pratiche di soggiorno postalizzate. Inoltre, è stato attivato il sistema di calendarizzazione informatizzata degli appuntamenti, tramite la piattaforma Prenotafacile, per la prenotazione degli appuntamenti per il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno.

È stato oltretutto aperto lo sportello di Via Fratelli Ruffini, destinato all’acquisizione delle istanze relative agli appuntamenti ottenuti tramite Prenotafacile. Nonché delle istanze di rilascio/rinnovo di permessi di soggiorno relativi al settore dell’asilo politico e delle richieste di rilascio di titoli di viaggio. Infine, è stata anche attivata una casella di posta elettronica certificata (Pec) dedicata esclusivamente al ricevimento delle integrazioni documentali necessarie al completamento di pratiche avviate e risultate incomplete».

Il rischio di strumentalizzazione

E allora il vero rischio in corso alla luce di sentenze e polemiche, è la strumentalizzazione di rilievi e proteste. Le associazioni che le promuovono non fanno altro che alimentare un clima di recriminazioni e sospetti. Ignorando le sfide concrete che le forze dell’ordine e la burocrazia devono affrontare ogni giorno. Si preferisce la retorica dei “diritti” a tutti i costi, piuttosto che riconoscere i progressi e sostenere chi lavora per rendere il sistema più efficiente.

Migranti a Torino, il segnale forte in arrivo dal Viminale

In questo quadro, allora, il ricorso in appello del Ministero dell’Interno è un segnale forte: la linea dura è quella di non cedere a facili buonismi demagogici, ma difendere l’operato di chi è in prima linea nella gestione di una questione complessa come l’immigrazione. Tanto che, come sottolinea l’Adnkronos, «il contenuto della sentenza in parola è al vaglio del ministero dell’Interno, che richiederà all’Avvocatura dello Stato di proporre appello».

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