
"Tanto è Nicolas che paga"
Francia, dal meme alla piazza: la rivolta fiscale dei nuovi gilet gialli mette Macron con le spalle al muro
Un movimento anti-tasse partito dal web travolge il dibattito politico francese, spingendo l’Eliseo sulla difensiva e alimentando lo scontro tra tagli di bilancio e consenso elettorale. La destra guarda all'opportunità
Parigi scopre che il malcontento non è mai innocuo, soprattutto quando trova un nome e un volto. «Nicolas qui paie», letteralmente «Nicolas che paga»— il trentenne di classe media che paga per tutti — è passato in quattro anni dal sarcasmo di un meme al rumore di un’ondata politica. Nato online, oggi agita l’Eliseo e promette un autunno fiscale incandescente per Emmanuel Macron.
La rabbia della classe media
Dietro il nome comune c’è la frustrazione di una generazione: troppo «ricca» per ricevere aiuti, troppo spremuta per sentirsi benestante. È la Francia che finanzia le crociere dei «Chantal e Bernard», le indennità del venticinquenne immigrato «Karim» e gli aiuti allo sviluppo per l’Africa, senza vedere benefici diretti. Macron monitora il fenomeno, ammettendo — per voce di un consigliere dell’Eliseo — che «può essere interpretato sia come un movimento populista di estrema destra sia come un segnale d’allarme che la tolleranza fiscale dei cittadini si sta esaurendo». Quindi Monsieur le président se n’è accorto e lo sa.
@nicolas_quipaie Le ponzi de Nicolas #cestnicolasquipaie #retraites
Un bilancio ad alta tensione
Il primo ministro François Bayrou ha infatti proposto — e addirittura giustificato, via YouTube — un bilancio 2026 con 44 miliardi di euro di risparmi, tagli alla spesa, nuove imposte e perfino la cancellazione delle festività pasquali. Perché? Costano troppo. «In autunno si scalderà l’aria — ammette un funzionario francese a Politico — dobbiamo tagliare 30 miliardi di spesa, e non siamo bravi a tagliare».
@nicolas_quipaie Bienvenue au Club État. Y’a les cotisations de Nicolas ! #cestnicolasquipaie
Il fantasma dei gilet gialli
Il déjà-vu è evidente. Nel 2018, i jilets jaunes trasformarono un aumento delle accise sul carburante in mesi di proteste violente, costringendo Macron a fare marcia indietro. Oggi, la minaccia viene dai “Nicolas”: giovani laureati, quadri e professionisti che nel 2017 lo votarono pure, ma che adesso si sentono traditi nel profondo… o forse meglio dire nel portafogli.
Reazioni politiche
Il ministro dell’interno Bruno Retailleau, rappresentante della destra repubblicana e candidato da molti dato per vincente alle presidenziali 2027, ha attaccato fortemente il bilancio macroniano, promettendo di «aumentare i redditi» per evitare che «Nicolas continui a pagare». Éric Ciotti, alleato di Marine Le Pen, invece, ha ironizzato sullo sforamento dei costi per le Olimpiadi: «Non importa, tanto paga Nicolas». Insomma, ormai questo è il tormentone dell’estate 2025.
@deji996 #on s’en fout, c’est Nicolas qui paye.
La scommessa di Marine Le Pen
Le Pen, da scaltra “belva politica”, intravede un’opportunità ma conosce il rischio. La sua difesa dei pensionati e dello Stato sociale può non piacere a chi chiede meno tasse e meno spesa pubblica. «Storicamente, è proprio questo tipo di popolazione che il Rassemblement National ha faticato ad attrarre», osserva Bruno Jeanbart di OpinionWay. Se riuscisse a conquistarli, l’Eliseo sarebbe ancora più vicino.
Verso un autunno caldo
Sul web intanto circolano già appelli a «bloccare il Paese» il 10 settembre, rilanciati su canali Telegram e social network. Non è certo se i “Nicolas” diventeranno i gilet gialli 2.0, ma una cosa è chiara: quando la Francia fiscale inizia a contare quanti euro versa e dove finiscono, per l’Eliseo non è mai una buona stagione.
@nicolas_quipaie Oh l’argent de Nicolas #cestnicolasquipaie