
Fidanza: giorno tristissimo
È morto Miguel Uribe: il candidato conservatore alla presidenza della Colombia era in coma dopo un attentato (video)
Dopo due mesi di agonia, la Colombia saluta Miguel Uribe. Il senatore, 39 anni, figura emergente del Centro democratico e candidato conservatore alle prossime presidenziali, è morto a Bogotá per le ferite riportate in un attentato mirato lo scorso 7 giugno. Quel giorno, durante un comizio in un quartiere di ceto medio della capitale, tre colpi d’arma da fuoco lo raggiunsero – due alla testa e uno alla gamba – trasformando un incontro politico in una scena di guerriglia urbana.
La morte di Miguel Uribe scuote il Paese
La moglie, María Claudia Tarazona, ha confermato la notizia con un messaggio sui social: «Sarai sempre l’amore della mia vita. Grazie per una vita piena d’amore, e per essere stato il miglior padre per i nostri figli. Prego Dio di mostrarmi la strada per imparare a vivere senza di te». E infine: «Quando manterrò la promessa fatta verrò a cercarti e avremo la nostra seconda possibilità. Riposa in pace». La coppia era diventata simbolo di una resistenza civile che, per settimane, aveva raccolto preghiere, veglie e “marce silenziose” in tutto il Paese.
Un quindicenne è stato arrestato mentre tentava la fuga, accusato di essere l’esecutore, ma ha respinto ogni accusa. Altre persone sono state fermate con l’imputazione di averlo aiutato. Il movente, al momento, resta sconosciuto.
Una carriera segnata dalla tragedia
Uribe, senatore dal 2022, era popolare nei sondaggi e noto per le critiche esplicite al presidente di sinistra Gustavo Petro. La sua storia politica era segnata da una ferita familiare: sua madre, la giornalista Diana Turbay, fu rapita nel 1990 dai “Los Extraditables” – un’alleanza di narcotrafficanti contraria all’estradizione verso gli Stati Uniti – e uccisa durante un maldestro tentativo di liberazione. «Lavoro per il nostro Paese» ripeteva, citandola come fonte di ispirazione.
Reazioni politiche
Il presidente Petro, in un comunicato ufficiale, ha espresso condoglianze alla famiglia. Ma non basta. Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia a Bruxelles e vicepresidente di Ecr party: «È un giorno tristissimo per milioni di colombiani e per tutti quelli che si battono per la causa della libertà e della democrazia in America Latina. Il presidente Petro e il suo regime corrotto e colluso col narcotraffico portano sulla coscienza il peso e la responsabilità politica di questo crimine».
La vicepresidente Francia Márquez ha invece lanciato un appello all’unità: «La violenza non può continuare a segnare la nostra democrazia. La democrazia non si costruisce con proiettili o sangue; si costruisce con rispetto, dialogo e riconoscimento delle nostre differenze». Ormai, però, il danno è fatto.
Un Paese segnato dalla violenza politica
L’omicidio ha riportato alla memoria le pagine più buie della storia colombiana, quando negli anni ’80 e ’90 l’assassinio di candidati e leader pubblici era frequente. Oggi, pur con un tasso di omicidi ai minimi degli ultimi quattro anni, la Colombia resta tra i Paesi più pericolosi dell’America Latina, terreno di scontro per gruppi armati, narcotrafficanti e milizie.
Eco internazionale
Negli Stati Uniti, il segretario di Stato Marco Rubio ha chiesto che i responsabili siano assicurati alla giustizia. In Colombia, resta un vuoto che, nella memoria collettiva, si aggiunge a quello di troppe altre vittime della violenza politica.