
Polemiche da bar
Da Berizzi “bello ciao” e Scanzi “signor Nessuno” solo balle spaziali sul Msi: leggano di più “Il Secolo” e la storia di Berlinguer
La nostra difesa del partito fondato da Almirante e di una intera comunità politica protagonista della storia italiana fa impazzire le sentinelle antifà del giornalismo antigovernativo
Potremmo rispondere a Paolo Berizzi, che su X si straccia le vesti per il nostro editoriale sul Movimento sociale italiano, ridotto dal sindaco di Bologna a un covo di stragisti e trame nere: siete “Comunisti in democrazia”. Ma sarebbe troppo semplice e scontato come replica a chi, blasonato inviato di Repubblica e sentinella antifà h 24, ci accusa di essere “fascisti in democrazia”.
La notizia che ha fatto sobbalzare dalla sedia il collega è la nostra difesa della storia, dell’identità e del protagonismo politico del partito fondato da Giorgio Almirante in tempi duri per l’Italia. “Giù le mani dal Msi”, certo, rivolto a chi, come il sindaco bolognese e altri esperti di rancore ideologico e distribuzione di patenti di democrazia, ha dato il via a un’operazione di fango gratuito postumo per attaccare l’esecutivo.
Fango postumo per attaccare il governo Meloni
Apriti cielo! Il Secolo e per deduzione Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni e tutto il governo sarebbero un pericolo per la tenuta della democrazia (poco importa degli elettori, un ‘dettaglio’), nostalgici della dittatura che hanno come “mito fondativo – ma dove lo ha letto? – il razzista, fucilatore di partigiani e servo dei nazisti Giorgio Almirante”. Roba da ridere. Parole che smentiscono in un colpo solo, non tanto la storia almirantiana e di un’intera comunità politica, ma anche un bel pezzo della storia del Pci, di Enrico Berlinguer e dell’Italia dagli anni ’60 agli anni ’90. Parole che gettano alle ortiche anche Pajetta, Ingrao e Jotti che, per simmetria, potrebbero essere trascinati nel tentativo eversivo del comunismo radicale, visto che la gran parte dei terroristi rossi avevano messo almeno un piede nel Pci.
A Berizzi consigliamo la lettura di “Autobiografia di un fucilatore”
A Berizzi consigliamo la lettura, se riesce, di “Autobiografia di un fucilatore” scritta dal fondatore del Msi, visto che ne parla senza cognizione di causa (e, visto che c’è, sulla querelle legga pure il più che istruttivo Fasciofobia di Alberto Busacca), e il ripasso di alcune pagine iconiche e semisconosciute al grande pubblico della storia repubblicana, i colloqui “segreti” tra Almirante e Berlinguer per tentare di arginare trasversalmente la deriva della lotta armata e gli opposti estremismi degli anni di piombo, i discorsi dello “schiavo dei nazisti” raccolti ufficialmente alla Camera dei deputati (eversiva anche quella?), la stima indistinta di avversari e alleati pur nel difficile ruolo di traghettatore della destra post-fascista nel gioco democratico, la delegazione ufficiale del Pci ai suoi funerali, la nascita della Costituente di destra per la Libertà, le lungimiranti riflessioni sull’elezione diretta dei sindaci e la repubblica presidenziale, le nette chiusure alla lotta armata fino invocare la formula della doppia pena di morte per i terroristi neri. Caro Berizzi, il senso del pezzo era e resta questo. Rispedire al mittente tentativ i di perpetrare la guerra civile strisciante del dopoguerra, che ha lasciato sul selciato giovani innocenti di destra e sinistra. E dimostrare, carte alla mano, che per la lotta armata nel Msi non c’era posto. E che l’attuale governo no è colluso proprio con nessun e non deve abiurare niente. Alcuni personaggi che Lepore e il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna citano alla rinfusa transitarono e scapparono dal partito di Almirante perché in quella casa politica non trovarono complicità e contiguità. Altro che fascisti in democrazia. Si informi, direbbe Totò, si informi. Ma sappiamo che per chi scrive libri sul ritorno della bestia (il fascismo, ça va sans dire), che si accuccerebbe docile all’ingresso di Palazzo Chigi, per chi è ossessionato dai saluti romani (che va cercando in ogni dove) e dalla bara di Mussolini riprodotta alla base del simbolo del Msi e di FdI (un falso storico), non c’è speranza.
A Scanzi diamo il benvenuto alle migliaia di lettori “nessuno”
Al “prode” Andrea Scanzi, anche lui prono all’ordine di scuderia, rispondiamo semplicemente che il Secolo d’Italia non parla quasi mai di Msi, se non per confutare le cervellotiche paranoie del compagno di turno, e ha fatto anche titoli su “quanto è grande Che Guevara”, ma gli lasciamo il gusto (quanto siamo sadici…) di andarseli a cercare. Siamo ben felici, infine, che non toccherebbe il Msi neppure con i guanti e gli diamo il benvenuto fra le migliaia di “nessuno” che sotto sotto ci leggono voracemente. Continua così Andrea!