
Anti-che?
Contro tutto e contro tutti: la sinistra italiana ha trasformato il progresso in un nemico da combattere
Dalla Tav al Ponte sullo Stretto, dal Tap al Mose: ogni infrastruttura diventa bersaglio del benaltrismo ideologico. Ma dire sempre “no” non è politica: è resa al declino
Uno dei fenomeni più curiosi del panorama politico italiano è la capacità della sinistra di definirsi sempre “anti-qualcosa”. Già il fatto di porsi non come una soluzione, ma come un problema, dovrebbe far riflettere la componente progressista nostrana. Cosa che, evidentemente, non avviene. Il fronte del progresso, semmai, viene sempre sacrificato sull’altare del benaltrismo, unico argomento realmente utilizzato dalle attuali opposizioni e dalle proprie frange estreme e antagoniste, pronte a mobilitarsi ogni qualvolta vi sia una tematica infrastrutturale e di sviluppo sul tavolo. Ignorando completamente il principio volterriano secondo il quale “il meglio è nemico del bene“, l’opposizione pretestuosa vorrebbe un’Italia ferma su sé stessa e intenta a procrastinare grandi e piccole opere in attesa di un’utopistica perfezione, rinunciando così all’azione in favore dell’immobilità. Altro che progressismo.
Il Ponte sullo Stretto: simbolo delle occasioni mancate
Il tema del periodo, ovviamente, è il Ponte sullo Stretto di Messina, infrastruttura simbolo sia dei rinvii della politica e della pubblica amministrazione, sia della retorica benaltrista e qualunquista della sinistra. Una retorica che si concretizza, ad esempio, in frasi come: “ci sono cose più urgenti”, “sarebbe una cattedrale nel deserto”, “e la mafia?”, e altre banalità simili.
Non si tiene mai in considerazione che l’infrastruttura sarebbe unica nel suo genere al mondo, e rappresenterebbe un primato capace di fungere da moltiplicatore per infrastrutture minori ma funzionali in entrambe le regioni. Questo si tradurrebbe in posti di lavoro, indotto diretto e indiretto, crescita del Pil e sviluppo duraturo.
Il Mose di Venezia: da guerra ideologica a salvezza concreta
Stesso discorso per il Mose di Venezia, sul quale si cominciò a ragionare sin dagli anni ’70. Anche in questo caso, la sinistra del “No” ha raramente evidenziato soluzioni o vantaggi, preferendo insistere su problemi e aspetti negativi, spesso ingigantiti o addirittura inventati. Un autolesionismo ideologico che oggi fa sorridere: il Mose è diventato un’infrastruttura che tutto il mondo invidia, e che ha dimostrato di essere una vera e propria salvezza per Venezia.
Come ha dichiarato Pietrangelo Buttafuoco al Corriere: «Prima una guerra santa di tutti contro la paratia nascosta nella Laguna; adesso non ne trovi uno di veneziano che sia contro, visto che protegge dall’acqua alta».Chissà cosa ne pensa oggi Massimo Cacciari, filosofo ed ex sindaco di Venezia, che ebbe modo di affermare: «Il giorno che inaugureranno il sistema Mose, scoprirò una lapide dove si leggerà: ‘Queste opere sono state realizzate contro la volontà del sindaco di Venezia’». La cruda realtà, forse, è la risposta migliore per il fronte dell’anti-Italia.
La Tav: venticinque anni di opposizione ideologica
Madre di tutte le polemiche della sinistra antagonista e antifascista è però la Tav, la potente infrastruttura ferroviaria Torino-Lione. Negli ultimi 25 anni, quasi non si riescono a contare le iniziative violente, sabotatrici e a tratti terroristiche che la sinistra No-Tav ha messo in campo.
Nonostante l’opposizione aprioristica, portata avanti sempre con le stesse metodologie e argomenti pseudo-ambientali e benaltristi, i lavori proseguono. Si prevede che termineranno entro il prossimo decennio, portando vantaggi in termini di lavoro, riduzione dei tempi di percorrenza, abbattimento delle emissioni di CO₂, maggiore competitività del trasporto ferroviario, potenziamento della connessione infrastrutturale europea e sviluppo economico.Anche la Tav, come tutte le grandi opere, funge da volano per l’economia e le imprese.
La sinistra contro la sicurezza energetica
Stesso discorso per il Tap, il gasdotto trans-adriatico, infrastruttura strategica per l’approvvigionamento energetico del Paese. La Puglia ospita questo gasdotto, necessario alla sicurezza energetica italiana e alla diversificazione delle fonti, anche in ottica di decarbonizzazione.
Anche in questo caso, il fronte sinistro del “No” si compattò contro un semplice tubo, prima sommerso e poi sotterrato a circa 10 metri di profondità. Le argomentazioni furono fra le più fantasiose: una delle migliori fu la protesta contro lo spostamento (non l’abbattimento) di alcuni ulivi secolari. Viene da chiedersi se la sinistra del “No” abbia oggi accettato di pagare il gas a prezzi ridotti, o se preferisca bollette maggiorate e una lenta decrescita infelice.
Fiumicino: il megaporto turistico che fa paura
A Fiumicino, per il megaporto turistico, si prevede andrà in scena lo stesso copione. La sinistra si è già espressa contro un progetto che potrebbe moltiplicare l’indotto, creare posti di lavoro, nuove infrastrutture e rigenerare un’area abbandonata. Bonifica, infrastruttura, sviluppo, lavoro: gli ingredienti perfetti per l’ennesima crociata del fronte del “No”. Non importa che si tutelerà la biodiversità marina, che verranno usati materiali sostenibili, che nascerà un nuovo parco urbano e che Focene e Fregene saranno protette dall’erosione costiera.
Energie rinnovabili: l’ipocrisia dell’ambientalismo ideologico
Infine, come non citare le opposizioni a tutte le infrastrutture energetiche: impianti eolici, fotovoltaici, biodigestori, inceneritori e discariche? Ogni volta che si parla di energia, fioriscono comitati per il “No”. Triste a dirsi, spesso il “No” non è per l’infrastruttura in sé, ma per la vicinanza alla propria abitazione, mascherata da argomentazioni pseudo-oggettive.
La mentalità Nimby (Not in my back yard – non nel mio cortile) è uno dei pilastri della sinistra del “No”: la stessa che un tempo voleva l’immigrazione, ma non i centri per migranti nel proprio quartiere. La stessa che invoca la transizione ecologica, ma rifiuta la vista di una pala eolica. La stessa che consuma prodotti equo e solidali dall’altra parte del mondo, ma poi si lamenta di inquinamento e aumento dei rifiuti, rifiutando qualunque sviluppo per gestirli.
Il coraggio di costruire l’Italia del futuro
Insomma, è evidente: la sinistra è allergica a ogni forma di infrastruttura e progresso, pur predicando bene. Le infrastrutture non hanno colore politico: sono strumenti di sviluppo, generano servizi, occupazione, semplificano gli scambi e migliorano la vita. E forse è proprio questo che non piace al fronte benaltrista del “No”: che l’Italia possa essere un Paese sviluppato e ammirato, un Paese che ha il coraggio di lanciare sfide alle stelle e vincerle.
Dove ingegneria e genio italiano sono capaci di miracoli concreti. Il governo Meloni, da questo punto di vista, sembra aver cambiato il passo, iniettando nei cittadini fiducia e coraggio. Coraggio di pensare, progettare, vedere lontano cento anni. E, soprattutto, realizzare.