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Alla Calabria serve produttività, non reddito di cittadinanza. Lo stereotipo del piagnisteo va cancellato

Visione vs assistenzialismo

Alla Calabria serve produttività, non reddito di cittadinanza. Lo stereotipo del piagnisteo va cancellato

Negli ultimi anni la Regione è cresciuta ed è stata capace di valorizzare le sue eccellenze, ma resta ancora da fare: bisogna compiere il salto di qualità definitivo per dimostrare che c'è una nuova cultura. E ci può riuscire solo il centrodestra

Politica - di Ulderico Nisticò - 31 Agosto 2025 alle 07:00

La candidatura di Pasquale Tridico come avversario di Roberto Occhiuto ha due concomitanti spiegazioni: il centrosinistra, o campo (più o meno) largo, aveva troppi galli a cantare, e nessun altro di autentico peso; e c’è una ragione ideologica, che è la soluzione della cosiddetta società civile. La sinistra in Calabria vi ha fatto ricorso spesso, con professoroni e magistrati e poeti e scienziati, e con risultati generalmente fallimentari: poiché la politica è un fatto di ragion pratica e non di ragion pura.

Vero, la storia culturale della Calabria è fatta di grandi utopisti: i pitagorici, Gioacchino, Campanella… l’unico con i piedi per terra fu Cassiodoro, ma la cultura ufficiale sta cercando di arruolare tra gli onirici anche lui. Grazie a questa mentalità, accade, in Calabria, che se uno putacaso, è bravo calciatore, lo mettono a fare anche il ciclista; e se è un professionista di qualcosa, si crede che possa essere anche di qualsiasi altra. È un vizio di sinistra, però c’è anche dall’altra parte.

Fatte queste necessarie premesse, veniamo a Tridico, il quale, da bravo pentastellato, promette il reddito di cittadinanza regionale come fece, in altri tempi, con quello nazionale per fortuna scomparso. Leggo sui social che alcuni meridionalisti della domenica e nostalgici di una storia meridionale di cui non sanno niente e per questo la venerano, a costoro non pare vero di veder distribuire soldi ai poveri… poveri che magari il 20% sono poveri davvero, gli altri 80 dichiareranno al volo la miseria più cupa.

Stando così le cose, e nonostante le inattuabili promesse di elargizioni a gratis, il centrodestra dovrebbe poter resistere all’offensiva di Tridico. Dico dovrebbe, perché non si sa mai. Cosa potrebbe fare, la Regione? Molto, e comunque molto di più di quanto non sia stato mai fatto per la Calabria dal 1970, con due terzi di centrosinistra e un abbondante terzo di centrodestra. Urge intanto una profonda rivoluzione della mentalità, e la convinzione che esiste un solo modo di creare giustizia sociale reale, ed è la produzione; poi la produzione si distribuisce da sola. In parti disuguali, ovvio, per l’evidente ragione che gli esseri umani siamo disuguali, grazie a Dio. Quanto all’assistenza, va ridotta ai malati.

Rivoluzione culturale, con rivoluzione di linguaggio rispetto alla deteriore richiesta di assistenzialismo. Ebbene, cosa produrre? Comincerei con il turismo, la cui potenzialità è decisamente assai maggiore dell’attuale utilizzazione, che è scarsa. Peggio, manca un’analisi del turismo com’è, cioè un’attività economica soggetta a mode, e che invece in Calabria pare rimasta a mezzo secolo fa: mera balneazione, e di breve durata. Sono carenti, rispetto a quanto si potrebbe, le alternative: turismo di montagna, esperienziale, congressuale, scolastico, religioso, enogastronomico, culturale.

Eh, culturale. Attenti qui: in una Calabria in cui, da secoli e secoli, non mancarono mai la scolarizzazione e la professionalità, fa difetto proprio quella cultura che significa capacità di raggiungere la conoscenza attraverso il dubbio, cioè quando si smette di leggere un libro. E siccome sui libri sta scritto che la Calabria non ha storia, l’uomo istruito (“preparato”, si dice: participio passivo, tanto, tanto passivo), che non dubita dei libri, ignora la calabra storia, la quale invece c’è, e la riduce a un generico piagnisteo. C’è una storiografia accademica, ovvio, però è pochissimo e niente popolare, e non ha tale vocazione. Ecco un bel compito per il prossimo assessore regionale alla Cultura: chi sarà mai?

Al contrario di quanto dico, è già di buono, anzi ottimo livello la gestione dei musei e parchi archeologici statali. Il motivo è palese, ed è che sono affidati a comprovati professionisti, e persone giunte all’incarico senza raccomandazioni e paternalismi. A proposito, l’assessore non dev’essere necessariamente un dotto; il suo compito è cercare e incaricare i dotti: i dotti, e non gli amici. Come Mecenate, che non scrisse un rigo, però diede pane (assai!) a Virgilio e Orazio eccetera. Neanche papa Giulio II sapeva disegnare, e perciò chiamò Michelangelo e non un pincopalla. Ecco il compito della politica.

Applichiamo il discorso a tutto il resto. La Calabria, dal XVIII secolo, subì una degenerazione verso la bruta quantità di cattiva merce da esportare all’ingrosso, quale l’olio lampante; da qualche anno, si vede tornare la qualità non solo di prodotti naturali, ma del valore aggiunto e della commercializzazione verso mercati che sono sempre più selettivi. E anche questo è in mano a valenti giovani del mestiere.

Manca tuttavia l’immagine. Non dico i forestieri, ma i calabresi conoscono poco e nulla la Calabria; e la scuola non collabora affatto. Siccome raccontare la verità può far bene, fallì clamorosamente un recente tentativo di organizzare gite scolastiche da parte di “una” dei soliti assessori d’arredamento. E già, dal 1970 senza nessuna eccezione, soprammobili furono gli assessori alla Cultura. Quanto alla cultura applicata, perché la calabra letteratura dev’essere per forza patetica, qualunque cosa si racconti?

Ovvio che chi legge il piagnisteo si fa un’idea lacrimosa della Calabria, subito smentita dai fatti se un forestiero ci fa visita, magari forzatamente, e poi non vorrebbe andarsene più, se visita l’immenso patrimonio storico, se assaggia un’esageratamente guarnita e innaffiata tavola, se apprezza la naturale rustica civiltà. Serve dunque una seria politica dell’immagine, con libri e film e televisione e teatro.

Concludo facendo notare che quanto precede non ha nulla di onirico; non è invenzione di ricchezze che mai furono e mai saranno; non è sbarchi di girovaghi e donnaioli eroi omerici; non è invito a tornare in sperduti paeselli poetici… non ha quelle circostanze che in Calabria fruttano premi letterari e cittadinanze onorarie come se piovesse. Sono tutte cose possibili da attuare, anzi, dicevamo, che in qualche modo si stanno attuando. Occorrono, insegnerebbe Platone, due condizioni: professionalità nell’esecuzione, e filosofia nelle idee; quindi classe politica e tecnici. Le prossime elezioni regionali saranno una buona occasione?

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di Ulderico Nisticò - 31 Agosto 2025