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Alaska, il vertice del secolo tra Trump e Putin senza Zelensky ma con le sue condizioni: “Nessun regalo alla Russia”

Il 15 agosto al confine delle terre americane, primo faccia a faccia dal 2019 tra Trump e Putin per discutere una possibile pace in Ucraina, tra ipotesi di cessioni territoriali respinte da Zelensky, pressioni internazionali e timori di sabotaggi diplomatici

Esteri - di Alice Carrazza - 9 Agosto 2025 alle 20:07

Venerdì, in Alaska, Donald Trump e Vladimir Putin si siederanno allo stesso tavolo. Un incontro annunciato con l’obiettivo dichiarato di fermare il conflitto in Ucraina, iniziato il 24 febbraio 2022 con l’invasione russa su vasta scala. Il luogo resta avvolto dal riserbo: nessuna conferma sul motivo della scelta dell’Alaska – forse perché l’Artico rappresenta il vero terreno comune tra i due presidenti, in contrapposizione strategica alla Cina – né sul punto esatto dei colloqui.

Vis-à-vis in Alaska: Putin metterà piede sul suolo americano

Funzionari della Casa Bianca, citati dal New York Times, si sono rifiutati di fornire commenti. L’unica certezza è che l’Alaska è lo Stato americano più vicino alla Russia. «Sembra abbastanza logico che la nostra delegazione debba semplicemente sorvolare lo Stretto di Bering», ha commentato Yuri Ushakov, consigliere per la politica estera del Cremlino, all’agenzia Tass.

Si tratterà del primo faccia a faccia tra i presidenti di Stati Uniti e Russia dal giugno 2021, quando Joe Biden e Putin si incontrarono a Ginevra. Per Putin, l’ultimo viaggio noto negli Stati Uniti risale al settembre 2015, ai tempi di Barack Obama, in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Le manovre diplomatiche

Il ministro degli Esteri britannico David Lammy e il vicepresidente statunitense J.D. Vance vedranno sabato, in Gran Bretagna, gli alleati ucraini ed europei per discutere l’iniziativa di Trump. Downing Street ha fatto sapere che il premier Keir Starmer ha già parlato con Volodymyr Zelensky in vista della riunione, definita «un forum vitale per discutere i progressi verso una pace giusta e duratura».

Kirill Dmitriev, inviato russo per gli investimenti, avverte che «un certo numero di Paesi interessati a proseguire il conflitto farà sforzi titanici per sabotare l’incontro», evocando «provocazioni e disinformazione».

Trump, venerdì, aveva affermato che Russia e Ucraina sono «vicine a un accordo di cessate il fuoco» capace di mettere fine a tre anni e mezzo di guerra. Nessun dettaglio ufficiale, ma si parla di possibili cessioni di territorio da parte di Kiev, ipotesi che trova forte opposizione in Europa soprattutto tra le file dei volenterosi inglesi, francesi e spagnoli. Trump, in ogni caso rassicura che saranno «alcuni scambi di territori a vantaggio di entrambe le parti».

Zelensky: “Nessuno regalerà la nostra terra”

Il leader ucraino respinge senza esitazioni ogni scambio territoriale: «Gli ucraini non regaleranno la loro terra all’occupante», ha detto in un discorso video. «I confini dell’Ucraina sono sanciti nella Costituzione. Nessuno si discosterà da questo – e nessuno potrà farlo».

Dopo la visita a Mosca dell’inviato di Trump, Steve Witkoff, Zelensky ha rilanciato: «Servono passi concreti, così come la massima coordinazione tra noi e i nostri partner».

Le posizioni in campo

Mosca ha rivendicato quattro regioni ucraine – Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson – oltre alla Crimea, annessa nel 2014. Ma non controlla integralmente tutti i territori reclamati. Kiev, dal canto suo, mantiene una piccola testa di ponte nella regione russa di Kursk, conquistata l’anno scorso per ottenere leva negoziale.

Tatiana Stanovaya, ricercatrice del Carnegie Russia Eurasia Center, intervistata da Reuters definisce questa spinta diplomatica «il primo tentativo più o meno realistico di fermare la guerra».

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Ci sono 3 commenti

  1. Marisa ha detto:

    Se Zelensky non vuole cedere le regioni filorusse, non ci può essere pace. Però non può continuare Zelensky a pretendere soldi e armi e fare morire la sua popolazione. Molto ucraini sono contrari a Zelensky.

  2. Massimo ha detto:

    Il nocciolo della questione è esattamente la definizione del confine orientale dell’Ucraina: quello attuale è il risultato della “dissoluzione sbrigativa” dell’Unione Sovietica” operata da Boris Eltsin. Il risultato è un confine a tutt’oggi non definito da un “protocollo ufficiale” concordato e riconosciuto. Basti considerare il fatto che la regione contesa del Donbass è stata letteralmente “creata” da Mosca nel periodo sovietico e abitata da popolazione russa, ivi “trasferita” secondo la prassi di quel tempo del Soviet Supremo. Riguardo la Crimea, ospitando la Nasa navale militare della Russia, è ragionevole ritenere inaccettabile eh sia territorio di un paese diverso dalla Russia: sarebbe come se le Hawaii fossero territorio giapponese.

  3. vincenzo ha detto:

    Occorrerebbe che al tavolo sedesse pure nostra premier. La sua sensibilità e intelligenza, la visione predisposta alla pace e alla concordia e non solo sui biechi interessi farebbero comodo a entrambe del diplomazie. Comunque sia staremo a vedere, speriamo bene.

di Alice Carrazza - 9 Agosto 2025