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Zanda gela Schlein, basta slogan. Il PD apra a dialogo e dibattito interno

Pd, note di rottamazione

Zanda gela Schlein (e suona la sveglia pure a Conte): cercasi carisma disperatamente, altro che leadership. Più slogan che sostanza

Il "vecchio saggio" del Pd non le manda a dire: il partito si allarghi e apra a un dibattito interno. «Ma la segretaria non se ne occupa». E estende dubbi e critiche anche a Giuseppi: all’opposizione Elly e il quasi alleato «non hanno né la forza politica, né il credito o il carisma per poter aspirare alla guida del centrosinistra»

Politica - di Chiara Volpi - 4 Luglio 2025 alle 09:23

Il Partito democratico continua a fare i conti con se stesso: cambia il calcolatore di turno, ma alla fine, anche invertendo nomi e problemi enumerati, il prodotto non cambia. E il risultato finale segna sempre un meno e le somme non tornano… Così, come spesso accade, è dalle fila dei “vecchi saggi” che giungono le voci più pungenti, quelle che squarciano il velo di una narrazione troppo spesso autoassolutoria (e ultimamente sempre più funestata da voci autocritiche fuori campo). Questa volta, a rimettere i puntini sulle “i” è Luigi Zanda, figura storica del Pd e senatore di lungo corso, che in un’intervista al Corriere della Sera non ha lesinato bacchettate, né alla sua segretaria Elly Schlein, né all’ami-nemico (o presunto alleato) Giuseppe Conte.

Zanda, “il vecchio saggio” del Pd non le manda a dire a Schlein

Le parole di Zanda – uno dei fondatori del Pd che segue il percorso a ostacoli del suo partito tra apprensione e delusione, sembra di dedurre dall’intervista – sono come pietre gettate nello stagno placido di un dibattito interno che, a suo dire, si nutre più di slogan che di vera sostanza politica. «I partiti sono stati trasformati in movimenti comandati da leader che parlano per slogan. Anche il Pd è caduto in questa trappola», rileva amaramente il politico di lungo corso. E la classe dirigente? È presto detto per Zanda: «All’opposizione Schlein e Conte non hanno né la forza politica, né il credito o il carisma per poter aspirare alla leadership del centrosinistra. E si è consumato anche il tradimento dei chierici perché gli intellettuali italiani si sono autoesclusi dal dibattito politico».

Sos alternativa credibile

Voilà: le sentenza pronunciata dal senatore dem sembra davvero escludere appelli, scoperchiando un vaso di Pandora che molti, nel Pd, avrebbero preferito tenere sigillato. Un giudizio severo ma lucido, il suo, che affonda le radici in una constatazione oggettiva: l’attuale dirigenza del centrosinistra stenta a produrre una figura che buchi lo schermo e incarni un’alternativa credibile al governo in carica. Non basta l’idealismo, non basta la retorica della “svolta” se dietro non c’è la capacità di aggregare, di dialogare, di allargare la base.

Pd, “rottamazione” mai avvenuta

E proprio sull’allargamento del partito si concentra il cruccio maggiore di Zanda. Un monito, il suo, che risuona come una preghiera inascoltata. Il Partito Democratico, nella visione del senatore, dovrebbe aprirsi, accogliere nuove energie, nuove idee, superare le vecchie liturgie e le divisioni interne che lo attanagliano da anni. Ma la segretaria, chiosa amaramente Zanda, «non se ne occupa». E ancora. «Le coalizioni tra partiti e partitini possono funzionare soltanto se c’è un partito forte attorno al quale gli altri possano ritrovarsi. Ma per ottenere questo obiettivo bisogna rinforzare e allargare il Pd mentre mi sembra che Schlein non si occupi molto del partito, anzi mi sembra che sia infastidita dal centro del suo partito» .

Zanda a Schlein: una gestione, la sua, che non apre al dibattito interno

A questo punto la domanda dell’intervistatore sorge spontanea: «Ce l’ha con la segretaria?». Tranchant la risposta di Zanda: «Rispetto Schlein ma la verità va detta: lei non era iscritta al Pd e per statuto non era candidabile. Enrico Letta ha modificato le regole ad personam alla vigilia delle primarie e lei ha perso tra gli iscritti ed è stata eletta dai non iscritti. Vista la genesi della sua segreteria, c’era da aspettarsi una gestione unitaria del partito, non di maggioranza. È questo il freno a mano che non apre il dibattito all’interno del Pd».

Un partito avvitato su stesso…

Constatazioni amare, che mettono in luce una presunta miopia politica, un’incapacità di guardare oltre il proprio steccato ideologico per costruire una forza realmente inclusiva, possibilmente maggioritaria, quanto meno in grado di aggregare e capitanare le forze d’opposizione. Utopia allo stato dei fatti, stando alle parole di Zanda: il rischio, paventato tra le righe dell’intervista al Corsera, è quello di un Pd sempre più chiuso e avvitato su se stesso, in una sorta di club esclusivo di “puri e duri” che preferiscono la coerenza ideologica all’efficacia politica. Una deriva che, se non corretta, rischia di condannare il partito a un ruolo marginale, incapace di intercettare le istanze di un Paese complesso e, nel frattempo, in costante evoluzione.

 

 

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di Chiara Volpi - 4 Luglio 2025