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Una battaglia di verità sulle “aree interne”, patrimonio nazionale: dal governo soldi dal Pnnr e una sferzata alle Regioni

L'analisi

Una battaglia di verità sulle “aree interne”, patrimonio nazionale: dal governo soldi dal Pnnr e una sferzata alle Regioni

Economia - di Mario Bozzi Sentieri - 7 Luglio 2025 alle 12:22

Intorno alle cosiddette “Aree interne”, rappresentate dai comuni italiani più periferici, in termini di fruizione dei servizi essenziali (salute, istruzione, mobilità), si è acceso, nelle ultime settimane, un significativo confronto, che, per l’importanza dell’argomento, crediamo vada rilanciato all’attenzione della più vasta opinione pubblica.
Il tema è cruciale, in ragione della vastità e dell’importanza del fenomeno. Le Aree interessano infatti  circa  4.000 Comuni italiani, nei quali abitano oltre 13 milioni di cittadini, il 23% della popolazione nazionale. E’  un’Italia profonda, ricca di risorse materiali ed immateriali (boschi e pascoli, borghi e vestigia storiche) che meritano attenzione e serietà, non certo le demagogiche polemiche di qualche politico “progressista” in cerca di pubblicità, che arriva ad evocare improbabili processi di discriminazione territoriale, connessa ad un’ingiustizia istituzionalizzata e alla rottura del patto fondativo garantito dalla Costituzione. Parole in libertà che hanno costretto  Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, ad un intervento chiarificatore, anche  rispetto ad una sua presunta frase sullo “spopolamento irreversibile” assolutamente inventata dai polemisti per partito preso.
“Nel Piano quella frase non esiste. Si fa riferimento a due studi: uno del Censis e uno del Cnel. Lo studioso del Cnel – nominato tra l’altro dal Presidente della Repubblica – ha elaborato quella tesi. Ma è bene chiarire che tutto il Piano è, in realtà, un inno alle aree interne. Bisognerebbe leggere le sue 196 pagine, non fermarsi a tre righe e fraintenderle” –  ha dichiarato Foti, a margine del convegno Anci svoltosi  a L’Aquila, dal titolo “I Comuni e la sfida del governo di area vasta”.
Chi non è capace di leggere un documento di tale portata, o peggio, chi lo strumentalizza per fini demagogici, dovrebbe avere il pudore di non sollevare inutili gazzarre che danneggiano i beneficiari degli interventi governativi.
A differenza dei precedenti, l’attuale governo sta dedicando energie e risorse concrete al rilancio delle Aree Interne, riconoscendone il ruolo fondamentale per il futuro della Nazione. Peraltro fondi per i Comuni ci sono, anche perché la programmazione 2014-2020 non è mai stata conclusa. Erano stati stanziati 1.200 milioni di euro: ci sono oltre 5.000 progetti per un valore complessivo di 700 milioni, ma ad oggi sono stati spesi solo 450 milioni. Questo riguarda una programmazione che sarebbe dovuta terminare nel 2020. Per quanto riguarda invece la programmazione 2021–2027, le risorse ci sono. L’impostazione, però, è cambiata: visto l’andamento della fase precedente, il Governo ha  deciso di responsabilizzare maggiormente le Regioni, anche nel ruolo di coordinamento, individuando, per ogni area interna, un ente capofila che sarà responsabile dell’intero progetto d’area.
La questione è troppo seria per essere lasciata in balia delle polemiche fini a sé  stesse di certa opposizione. Peraltro lo stesso Governo se ne è fatto carico, proprio attraverso il Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne (PSNAI), approvato all’unanimità il 9 aprile 2025 con il voto favorevole di Regioni, Province, Comuni e Unioni Montane, che hanno concorso all’elaborazione dello stesso piano.  Lo stesso ddl   montagna   all’esame della Camera in questi giorni, gli 800 milioni per il progetto Polis di Poste Italiane nei comuni decentrati, i 100 milioni del PNRR per le farmacie rurali, oltre 1 miliardo per i borghi e la banda larga nelle zone bianche, etc sono  la prova concreta che  questo governo considera tutt’altro che irreversibile lo spopolamento.
Il problema – sia chiaro –  non è certamente  di facile risoluzione. Alla prova dei fatti le risorse sono un fattore importante, ma non esclusivo. Né si tratta solo di conservare l’esistente e di valorizzarlo. Di fronte all’invecchiamento delle popolazioni interessate  occorre intervenire per dinamicizzare la realtà sociale,  favorire il ricambio generazionale, sostenere le comunità locali ed estenderne il valore, trasformandole in realtà “attrattive” dal punto di vista produttivo. Si tratta di un’opera lunga e complessa, che richiede volontà, risorse ed anche molta “fantasia”.
Le normative nazionali debbono integrarsi con le specifiche realtà locali, mettendo a sistema una serie di misure finalizzate a promuovere il reinserimento abitativo nelle vallate, attraverso interventi di rigenerazione urbana, investimenti sull’edilizia scolastica, adeguamenti, in ambito sanitario, dei poliambulatori, riassetto e manutenzione delle aree interne dei parchi, valorizzazione dell’agricoltura e dei prodotti certificati, una strategia turistica differenziata finalizzata ad aumentare i flussi dalla costa all’interno, uno sviluppo delle aree dedicate allo sport.
Altra possibilità quella della cosiddetta “adozione a distanza dei borghi”, che si inserisce nel “Turismo delle radici”, identificabile con gli arrivi   turistici   generati dal ritorno degli emigrati dal luogo dove oggi risiedono, al borgo di origine. Sono moltissimi gli emigrati italiani, sparsi per il mondo, interessati a comprare un “pezzetto” d’Italia, segno di memoria e di affetto nei confronti del Paese d’origine. Da qui l’idea di metterli in condizione di investire nel borgo, creando dei piccoli consorzi a distanza, che abbiano come scopo il recupero del borgo, a cui l’emigrato può aderire.
Al di là delle facili e demagogiche polemiche di parte uno dei metri di riferimento è la qualità, che – in linea con una visione postmoderna – non è, non è solamente un attributo o una proprietà morale.  Il “marchio Italia” riguarda, oggi, gli strumenti normativi necessari a difendere le produzioni nazionali, in un quadro di economia globalizzata, ed insieme sollecita una presa di coscienza culturale, essenziale al fine di dare nuovo senso e tutela ad una tradizione di buon gusto, di stile  e di qualità della vita che appartiene al nostro Paese e che ci viene universalmente riconosciuta. In questo ambito anche le politiche per le Aree interne possono svolgere un ruolo importante, coinvolgendo non solo le realtà interessate.
Volontà nazionale, capacità di governo, integrazione tra i singoli territori, riscoperta di memorie e di radici: in questo mix l’affascinante impegno del ripensamento-cambiamento può diventare un obiettivo concreto e vincente  per tutta l’Italia. A partire proprio dalle piccole realtà territoriali. Per farsi progetto identitario di portata nazionale e risposta allo spopolamento e alla crisi demografica. Per giocare la partita di un riscatto nazionale a misura delle nostre tradizioni e delle aspettative che vengono dai territori.

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