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Trump video ai obama

La beffa

Trump pubblica un video Ai con Obama in manette: l’ex presidente dietro le sbarre sulle note di “Ymca”

Arrivano gli agenti federali: "Nessuno è al di sopra della legge". Tulsi Gabbard spera che la scena diventi realtà: "I dem hanno orchestrato una cospirazione per montare il Russiagate. È stato un colpo di Stato contro il presidente eletto dal popolo"

Esteri - di Ginevra Lai - 21 Luglio 2025 alle 19:38

È comparso domenica su Truth Social, la piattaforma ufficiale del presidente Trump, un video della durata di 45 secondi interamente generato con l’Ai. Il protagonista? Barack Obama. Le immagini, inizialmente condivise su TikTok e poi rilanciate dal presidente in carica, mettono in scena un finto colloquio nello Studio Ovale tra Trump e il suo predecessore, presto interrotto da una sequenza surreale quanto simbolica: sulle note della celebre “Ymca” dei Village People — tormentone tanto amato dal tycoon —, Obama viene ammanettato da agenti federali, trascinato via e rinchiuso in una cella. Indossa una tuta arancione, le mani dietro la schiena, lo sguardo abbattuto. E la la scritta fissa: «Nessuno è al di sopra della legge». Stessa frase che l’ex presidente e la sua cerchia gradivano ripetere ad ogni comizio.

Trump si prende beffa di Obama grazie all’Ai

La scena è grottesca solo in superficie. Il messaggio che veicola, invece, è politico fino al midollo. La pubblicazione del video infatti coincide con l’intervento di Tulsi Gabbard a Sunday morning futures, su Fox News. Ex deputata democratica delle Hawaii, oggi capo dell’intelligence nazionale per volere di Trump, Gabbard ha lanciato accuse precise e clamorose: «Le implicazioni sono, francamente, storiche. Oltre cento documenti che abbiamo reso pubblici venerdì forniscono prove dettagliate di come questa cospirazione – che io definisco tradimento – sia stata diretta da Barack Obama poche settimane prima che lasciasse la Casa Bianca, dopo la vittoria di Trump».

Secondo Gabbard, l’amministrazione uscente nel 2016 avrebbe “fabbricato prove di intelligence” per montare lo scandalo del Russiagate. Prima di tali elezioni non esisteva alcuna prova concreta di collusione tra Trump e la Russia. L’intera narrazione, a suo dire, è stata manipolata da figure politicamente motivate con l’obiettivo di danneggiare il presidente eletto.

Non una semplice accusa di interferenze. Ma il racconto di una strategia metodica e premeditata: «Costruire ad arte una finta analisi che affermava l’aiuto della Russia a favore di Trump ha contraddetto ogni valutazione fatta nei mesi precedenti al voto, in cui si diceva chiaramente l’opposto: Mosca non aveva né l’intenzione né la capacità di “hackerare le elezioni americane”».

Un accusa, un imputato, il tavolo ribaltato

Tulsi Gabbard non si è fermata alla ricostruzione storica. Ha annunciato l’intenzione di trasmettere i documenti all’Fbi e al Dipartimento di Giustizia per un rinvio a giudizio penale. La parola “accountability” – responsabilità giudiziaria – è stata ripetuta più volte nei suoi interventi. Ma è l’espressione finale, scandita a chiare lettere, a dare il tono dell’intera operazione: «Quello che Obama e la sua squadra di sicurezza nazionale hanno fatto è stato sovvertire la volontà del popolo americano. Hanno minato la nostra repubblica democratica e messo in atto, nei fatti, un colpo di Stato durato anni contro il presidente Trump, eletto legittimamente dagli elettori». Così Trump non ci pensa due volte e rilancia il tutto in modo beffardo.

Il video – parodia solo nella forma – si chiude con la silhouette digitale di Obama dietro le sbarre e un Trump generato al computer che osserva la scena con un ghigno compiaciuto. È qui il colpo di teatro, dopo anni in cui The Donald è stato il bersaglio del deep State e dei media liberal, ora è lui a riscrivere la sceneggiatura. E lo fa evocando l’estetica dei meme, delle piattaforme giovanili, dei codici della nuova comunicazione.

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di Ginevra Lai - 21 Luglio 2025