
Il giro di visti falsi
Tentarono di corromperlo, lui li mise in trappola: a processo i trafficanti di migranti smascherati da Andrea Di Giuseppe di FdI
Si tratta di due cittadini del Bangladesh e due ex funzionari diplomatici. Cercarono il deputato, lui capì che qualcosa non andava, registrò l'incontro e denunciò, facendo emergere un business criminale milionario e finendo sotto scorta per le minacce
Ha portato al rinvio a giudizio di quattro persone la denuncia sporta dal deputato di FdI Andrea Di Giuseppe su un tentativo di corruzione che aveva subito da parte di una banda dedita al traffico di visti falsi per i migranti. Il processo di aprirà il 14 ottobre e Di Giuseppe è stato ammesso come parte civile, insieme al ministero degli Esteri: due dei quattro imputati sono ex funzionari diplomatici in servizio a Dacca, in Bangladesh, Paese di provenienze degli altri due rinviati a giudizio dal Gup del tribunale di Roma. Per tutti le accuse a vario titolo e in concorso sono di istigazione alla corruzione, corruzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: secondo l’accusa, avevano messo in piedi un giro di visti irregolari per far arrivare in Italia cittadini del Bangladesh.
Andrea Di Giuseppe ammesso come parte civile
«Siamo soddisfatti perché il gup ha riconosciuto l’arroganza con la quale il mio assistito è stato avvicinato, considerandolo facilmente corruttibile», ha commentato Antonio Di Pietro, che oggi svolge la professione di avvocato e assiste Andrea Di Giuseppe, parlando con Il Messaggero, che dà conto della vicenda.
L’intuizione che qualcosa non andava, la registrazione dell’incontro e la denuncia
Nel marzo del 2023 Di Giuseppe fu contattato da un imprenditore bengalese di 60 anni, con la scusa di proporgli un affare. Il deputato, membro della Commissione esteri della Camera, intuì che qualcosa non andava e decise di registrare l’incontro. I suoi sospetti erano fondati: l’uomo cercò di corromperlo con due milioni di euro e una percentuale su ogni visto irregolare per avere un “appoggio” politico a quell’organizzazione criminale che lucrava sui migranti.
L’emersione di un giro d’affari milionario
Di Giuseppe denunciò tutto, dando il via a un’indagine che ha fatto emergere un giro d’affari milionario e il coinvolgimento di due funzionari diplomatici. Ma anche andando incontro a una serie di minacce e attentati da parte di ignoti, che lo hanno portato a vivere sotto scorta. Una situazione che comunque non lo ha mai fatto arretrare.
«L’organizzazione, secondo gli investigatori, intasca da ogni migrante 7.000 euro per un visto turistico e 15.000 euro per quello di lavoro. Poi ci sono i “benefit” ricavati dalla percentuale sugli stipendi che ogni cittadino bengalese deve all’organizzazione negli anni a venire», scrive Il Messaggero, spiegando che le indagini svelano anche «il giro di soldi e regali elargiti» ai due dipendenti della Farnesina di stanza a Dacca, da viaggi e safari, a iPhone, iPad, Playstation e Rolex.
Il gup con il rinvio ha giudizio ha rigettato la richiesta delle difese che puntavano al processo in abbreviato.