
Ritorno alla normalità
Sydney Sweeney in jeans fa impazzire la sinistra woke: il nuovo spot di American Eagle segna la fine del politically correct
Nello spot, l’attrice bionda e acqua e sapone gioca con il doppio senso tra "jeans" e "genes" e scatena l’ira dei progressisti: "Questa è roba nazista. Un inno al patriarcato". Intanto il marchio Usa vola in Borsa e devolve i ricavi a una causa contro la violenza domestica
C’era una Mustang GT350. C’era del fumo. C’era una donna che apriva il cofano, mostrando i suoi jeans blu. Il problema? Era bionda, bianca, con gli occhi azzurri, il viso pulito e l’aria da poster di liceo americano anni Sessanta. Sydney Sweeney, 27 anni, attrice e “bomba sexy” non ancora piegata dal conformismo hollywoodiano, è la protagonista della nuova pubblicità di American Eagle.
Il peccato originale: Sydney Sweeney’s jeans
La campagna, lanciata a fine luglio, ha fatto infuriare TikTok, le redazioni progressiste e l’intero ecosistema woke d’oltreoceano. Il motivo? Un gioco di parole che ha indignato le femministe di mezzo mondo — ma solo su TikTok. Nello spot, Sweeney indossa jeans e giacca in denim mentre afferma, con tono ironico: «My jeans are blue».
Una battuta semplice, che gioca sul doppio senso tra jeans e genes (geni). Geni che, a quanto pare, sono i suoi: occhi chiari, pelle di porcellana, fisico armonioso. Un’offesa, ormai, alla sensibilità collettiva. «Sydney Sweeney has great jeans», recita la voce maschile fuori campo, con sarcasmo calibrato. E tanto è bastato.
La sinistra si strappa i capelli su TikTok
Nel giro di poche ore, i social si sono trasformati in una gabbia di indignazione programmata. Una TikToker in lacrime: «Questa è roba nazista. Roba nazista pura e semplice». Un’altra: «Spot inquietante in modo fascista». Altre ancora lo definiscono «inno al patriarcato». La retorica è sempre la stessa: una donna bianca, bionda e bella che indossa una tuta di jeans rappresenterebbe propaganda ariana. La tuta, secondo costoro, ricorderebbe quella delle SS. Qualcuno ha perfino fatto notare le iniziali dell’attrice, S.S., come le famigerate Schutzstaffel.
Siamo al parossismo, o forse solo all’ennesima puntata di un’ideologia che ha perso la misura delle cose. «Probabilmente la più stupida, controproducente, autolesionista, spropositata reazione liberal nella storia di Internet», ha commentato il giornalista e autore statunitense Robby Soave.
Una colpa reiterata
Il caso Sweeney non nasce oggi. Già lo scorso anno, dopo la sua apparizione a Saturday Night Live in abito scollato, la sinistra si era mobilitata contro le testate repubblicane che avevano celebrato la sua bellezza. Il sito Slate, in un articolo che pare scritto dal comitato centrale del puritanesimo progressista, dichiarava: «La sua ascesa è un’ottima notizia per una certa fascia di popolazione che aspettava da tempo una star del cinema esattamente come lei: bianca, bionda e tutta americana che, a differenza di Taylor Swift, non ha ancora dato alla destra un motivo per considerarla una minaccia».
Tradotto: Sydney Sweeney è colpevole di esistere perché non di sinistra.
La realtà vota diversamente
Mentre TikTok brucia come una Salem digitale, la Borsa festeggia: le azioni di American Eagle sono salite di quasi il 17% nei cinque giorni successivi alla pubblicazione dello spot. Segno che l’America reale — quella che compra, lavora, vota — non ha mai chiesto di vivere nel museo delle identità fluide.
Jeans e farfalle: il gesto concreto
Nel frattempo, mentre i critici gridano all’eugenetica da centro commerciale, l’attrice lancia, insieme al marchio Usa, un’iniziativa concreta: The Sydney Jean, modello in edizione limitata con una farfalla ricamata, simbolo della lotta alla violenza domestica. Il 100% dei ricavi sarà devoluto a Crisis text line, servizio gratuito di supporto psicologico.
Nessuna sovversione, nessuna ideologia: solo un paio di jeans e un gesto concreto.
L’ultima lezione d’agosto
C’è una lezione, forse, in questo piccolo scandalo di luglio: la normalità, oggi, è il vero atto sovversivo. E Sydney Sweeney, senza nemmeno volerlo, è diventata il manifesto di un’America che ha smesso di chiedere scusa per essere se stessa.