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Simonetta Cesaroni

Delitti italiani/6

Simonetta Cesaroni e il giallo di via Poma: 35 anni senza giustizia e il silenzio degli innocenti

La ragazza romana fu massacrata barbaramente in un pomeriggio di agosto a Roma, a soli 21 anni. Nonostante indiziati e sospetti non fu mai trovato il responsabile dell'omicidio

Cronaca - di Mario Campanella - 10 Luglio 2025 alle 17:28

Se il Paradiso esiste Simonetta Cesaroni nuota tra gli angeli, ricompensata dalla giustizia divina dopo che quella terrena, purtroppo, non le fu clemente. Prima, con un omicidio barbaro, assurdo, e poi con la mancanza di ogni colpevole. Il prossimo 7 agosto saranno passati 35 anni da un assassinio che scosse l’Italia e che rimane uno dei grandi misteri irrisolti.

Simonetta Cesaroni e il 7 agosto del 90

21 anni, Simonetta Cesaroni aveva trovato lavoro come segretaria contabile presso la Reli Sas, studio commerciale sito in zona Casilina. Nei pomeriggi di martedì e giovedì, dalle 15:30 alle 19:30, si recava presso gli uffici A.I.A.G., che si trovavano in via Poma 2. Fino a quel maledetto pomeriggio di agosto.

L’ufficio quel giorno è chiuso al pubblico. Lei usa un mazzo di chiavi che le è stato dato da Salvatore Volponi, uno dei proprietari, per aprire il portone. Alle 17:15 risale l’ultimo indizio che Simonetta Cesaroni sia ancora viva, in quanto fece una telefonata a Luigina Berrettini riguardo informazioni sul lavoro. Alle 18:20 ci dovrebbe essere la telefonata a Volponi per aggiornarlo sullo stato dei lavori, ma Simonetta non lo chiamerà. I familiari l’attendono a casa per le 20:00. Alle 21:30 la sorella Paola si preoccupa e cominciano le ricerche.

Nella stessa scala B abitava Cesare Valle, l’architetto che aveva disegnato l’edificio, ormai anziano e bisognoso di assistenza: ad accudirlo, il portiere dello stabile Pierino Vanacore.

La scoperta

Alle 23,30 del 7 agosto la polizia fa irruzione nell’appartamento e trova il cadavere di Simonetta. L’autopsia stabilirà che le sono state inferte ben 29 coltellate. Sei sono i colpi inferti al viso, all’altezza del sopracciglio destro, nell’occhio destro e poi nell’occhio sinistro; otto lungo tutto il corpo, sul seno e sul ventre; quattordici dal basso ventre al pube, ai lati dei genitali, sopra e sotto. Iniziano le indagini.

Pierino Vanacore

Da ciò che gli psicologi della polizia hanno constatato sulla scena del delitto, presumibilmente l’assassino avrebbe tentato di violentarla, ma all’atto non è riuscito ad avere un’erezione e in questo status di frustrazione ha sfogato con colpi violenti la sua ira. Resosi conto di quanto commesso, ha tentato di pulire tutto, riordinare l’ufficio e far sparire il corpo, ma qualcosa o qualcuno lo hanno interrotto. Il 7 agosto dalle 16 alle 20 ci fu una riunione dei portieri degli stabili collegati ma viene appurato che proprio Pierino Vanacore risultava assente. Le indagini vanno su di lui.

Vanacore viene fermato dalla polizia il 10 agosto: passa 26 giorni in carcere, poi il suo avvocato convincerà i giudici a farlo uscire, nonostante i sospetti che gravavano su di lui prima come possibile responsabile del delitto e poi come favoreggiatore o testimone muto del delitto. Sui suoi pantaloni viene trovato del sangue, ma l’esame stabilirà che era il suo plasma e che derivava dal fatto che l’uomo soffrisse di emorroidi. Vanacore finirà prosciolto ma si toglierà la vita. A 20 anni di distanza dal delitto, la notte tra l’8 e il 9 marzo 2010, Pietrino Vanacore si reca con la sua Citroën AX grigia in località Torre dell’Ovo, a Marina di Maruggio, vicino a Torricella, in provincia di Taranto (l’ex portiere di via Poma risiedeva nel vicino paese di Monacizzo da diversi anni). Si è legato ad un albero attraverso una fune al collo e poi si è lasciato affogare in un corso d’acqua sottostante. Vanacore lasciò una scritta su un cartello: “20 anni di sofferenze e di sospetti ti portano al suicidio”.

L’ex fidanzato, Valle, il figlio di Pierino

Nel tempo saranno indagati il nipote di Valle, Federico, l’ex fidanzato di Simonetta, Ranieri Busco, il figlio di Vanacore, Mario, Francesco Caracciolo, uno dei soci dell’azienda dove lavorava la ragazza. Busco viene condannato in primo grado ma sarà assolto.

Il precedente misterioso e Simonetta Cesaroni

Sei anni prima, il 1984, nello stesso palazzo viene trovata morta Renata Moscatelli, un’anziana donna benestante, soffocata con un cuscino sul viso, nel cui appartamento non era mai stato trovato alcun segno di scasso; l’inchiesta seguita al suo omicidio non riuscì mai ad accertare chi l’avesse uccisa. Una coincidenza? Possibile ma anche inverosimile.

Il serial killer e qualcuno che sapeva

La morte di Simonetta e quella della Moscatelli rimarranno impunite. Alcuni abiti di Simonetta, fuseaux sportivi blu, la giacca e gli slip vengono portati via assieme a molti effetti personali che non saranno mai ritrovati, tra cui orecchini, anello, bracciale e girocollo d’oro, mentre l’orologio le viene lasciato al polso. Perché? Perché le vengono sottratte le chiavi dell’ufficio? Domande irrisolte.

Il caso è sempre aperto. Non potrà mai essere archiviato. Ma forse qualcuno in quel palazzo sapeva e la sorella di Simonetta lo ha detto ancora di recente. Chi sapeva e ha taciuto? Vanacore? Lo stesso architetto Valle? Sono solo ipotesi. Di un giallo romano che nessuno ha mai risolto. E di un’impiegata ragazzina che cerca ancora giustizia. Il comune le ha intitolato una via. Tears in heaven direbbe Clapton, lacrime in Paradiso.

 

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di Mario Campanella - 10 Luglio 2025