CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

Prodi

Le amnesie del professore

Prodi dà lezione di sovranismo sui dazi ma dimentica di dire che si inchinava ai cinesi e svendeva i “colossi” italiani

L'x premier attacca l'Ue per un atteggiamento poco dignitoso nei confronti di Trump ma la sua storia è fatta di continue sottomissioni e di nessuna tutela degli interessi pubblici italiani e europei e le sue disastrose aperture a Pechino

Politica - di Gianni Giorgi - 30 Luglio 2025 alle 10:17

Romano Prodi torna spesso nel dibattito politico. Oggi è la volta dei dazi, tema sul quale ha impartito l’ennesima lezione di politica alla Commissione europea e alla premier Meloni, dimenticando che è stato uno dei protagonisti, quasi ineguagliati, di una lunga stagione di svendite del nostro patrimonio nazionale e che proprio da presidente della Commissione non ebbe sempre la schiena dritta dinanzi ai potentati stranieri.

Le parole di Prodi

In un’intervista a La Stampa, l’ex presidente del Consiglio e della Commissione Europea ha criticato l’atteggiamento  dell’Europa: “Difficile far politica, se si cede al potente fino ad umiliarsi. Uno degli ultimi atti della Commissione da me presieduta fu la multa di 497,2 milioni di euro ad un’impresa di grande rilevanza come Microsoft per violazione delle leggi europee sulla concorrenza”.

Il proverbio calabrese

Il professore ha poi rispolverato un proverbio calabrese per definire l’atteggiamento di von der Leyen: “Chi pecora si fa lupo lo mangia”, definendo il vertice comunitario come un organismo che ha perso potere e smalto. E che in sostanza non riesce ad essere interlocutore valido e credibile nel mondo globalizzato.

Le amnesie di Prodi, dalla Sme alla Cina

Nel 1985 Romano Prodi alla guida dell’Iri, che era allora una delle più importanti aziende di Stato, aveva perfezionato la vendita della Sme, un ramo strategico, alla Buitoni di Carlo De Benedetti per un prezzo di circa 440 miliardi di lire. Senza avvertire il presidente del Consiglio, Bettino Craxi. Il prezzo concordato con l”allora editore del gruppo Espresso era di 440 miliardi. Craxi bloccò tutto. Arrivarono offerte che sfiorarono i 600 miliardi e il leader socialista, alla fine, diede ordine di non procedere alla (s)vendita decisa dal professore bolognese. Che tornerà 8 anni dopo alla guida dell’Iri vendendo la Sme per oltre duemila miliardi. Anche considerando l’inflazione, era stato perfezionato un regalo a De Benedetti di diverse centinaia di miliardi di lire che fu sventato da Craxi.

La Cina e la Commissione

Nel quinquennio in cui presiedette la Commissione Europea, 1999-2004, Prodi cercò, giustamente, di dialogare con la Cina. Fino ad innamorarsene però, dimenticando che il colosso asiatico, a prescindere anche dal suo regime, ha influito e non poco sull’economia globale. E due anni dopo da presidente del Consiglio aprì le porte a un accordo bilaterale con i cinesi che fu un vero e proprio disastro, soprattutto per il nostro commercio estero.

Lo scorso anno il fondatore dell’Ulivo è tornato a Pechino, ha magnificato l’economia cinese e ha invocato la cessazione di ogni sanzione. Si è preso una cattedra proprio a Pechino,  la “Agnelli Chair of Italian Culture“, istituita dalla Fondazione della famiglia Elkann.

Ha descritto in pratica la Cina come una sorta di presenza salvifica per l’economia mondiale dimenticando che gli squilibri in favore del regime comunista hanno dopato il mercato e provocato duri contraccolpi in Occidente. Le sue solite e proverbiali amnesie di comodo.

Era decisamente più originale quando partecipava alle sedute spiritiche per trovare il corpo di Aldo Moro, altro mistero irrisolto della sua vita politica e personale.

Non ci sono commenti, inizia una discussione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Gianni Giorgi - 30 Luglio 2025