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Processo Open Arms, la Procura non ci vuole stare e presenta ricorso in Cassazione contro l’assoluzione di Salvini

Toga e clava

Processo Open Arms, i pm non si rassegnano e impugnano l’assoluzione di Salvini. Meloni: surreale accanimento dopo un fallimentare processo

Il clamoroso ricorso in Cassazione riaccende i riflettori su una parte della giustizia che sembra non voler digerire le decisioni quando contrarie alla determinazione di alcuni togati e favorevoli a un esponente di centrodestra. Un caso che trasuda una ostinazione inarrestabile...

Politica - di Martino Della Costa - 18 Luglio 2025 alle 12:20

Niente, non c’è niente da fare: questa assoluzione netta e limpida non è da digerire… E così, con una ostinazione implacabile, sul processo Open Arms, i pm non mollano la presa e non si arrendono alla sentenza di assoluzione del dicembre scorso: e presentano ricorso in Cassazione contro il verdetto che ha dato ragione a Matteo Salvini. Una implacabilità e una resilienza all’accettazione di una sentenza che francamente destano stupore. La Procura di Palermo ha impugnato la sentenza di assoluzione per il vicepremier della Lega, assolto lo scorso dicembre dall’accusa di sequestro di persone e rifiuto di atti d’ufficio nel celebre dibattimento.

Open Arms, i pm marcano stretto Salvini e impugnano l’assoluzione

I magistrati hanno depositato il ricorso in Corte di Cassazione contro la sentenza.  Si tratta del cosiddetto “ricorso per saltum”, che consente di evitare il giudizio di appello e di ottenere direttamente una pronuncia della Suprema Corte. Perché con questo tipo di impugnativa, presentata direttamente alla Cassazione, si può evitare il giudizio di appello. E uno. Due, il ricorso parte da una assoluzione con formula piena: “Perché il fatto non sussiste”. Una sentenza arrivata il 20 dicembre scorso (2024ndr) dai giudici a Palermo, e al termine del processo di primo grado conclusosi come noto, e dopo otto ore di camera di Consiglio.

Meloni: «Surreale accanimento dopo 3 anni di fallimentare processo»

Oggi, a bocce ferme, arriva la novità, e la premier Meloni commenta ponendo un interrogativo eloquente: «È surreale questo accanimento, dopo un fallimentare processo di tre anni – a un ministro che voleva far rispettare la legge – concluso con un’assoluzione piena. Mi chiedo cosa pensino gli italiani di tutte queste energie e risorse spese così, mentre migliaia di cittadini onesti attendono giustizia», scrive sui social la presidente del Consiglio a proposito della decisione della procura di Palermo di ricorrere direttamente in Cassazione contro l’assoluzione di Matteo Salvini nel processo Open Arms.

Il processo e l’assoluzione

Il leader della Lega, vicepremier e ministro dei Trasporti, era accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per i fatti accaduti nel 2019: da ministro dell’Interno aveva negato lo sbarco per diciannove giorni a 147 migranti, tra cui 27 minori, soccorsi in tre distinte operazioni dalla Ong spagnola Open Arms. L’accusa aveva chiesto una condanna a 6 anni di carcere. La risposta dei giudici abbiamo detto quale sia stata. File archiviabile? Ma neanche per sogno…

Non c’è pace per Salvini…

E così non c’è pace per Matteo Salvini. Nonostante una netta assoluzione, pronunciata lo scorso 20 dicembre 2024 “perché il fatto non sussiste”, nel processo Open Arms, la Procura di Palermo non si arrende e, con un colpo di scena che solleva non poche perplessità, ha deciso di impugnare la sentenza. Un ricorso depositato direttamente in Corte di Cassazione: come anticipato, una mossa che consente di saltare il giudizio d’Appello. E che solleva un certo sconcerto e induce a riflettere sul controverso tema dell’indipendenza e imparzialità di una certa parte della magistratura italiana.

Open Arms, dalla Procura di Palermo una ostinazione inarrestabile

La notizia di queste ore ha il sapore amaro di una ostinazione che non vuole cessare. Dopo un processo di primo grado durato anni, che ha visto il leader della Lega, allora Ministro dell’Interno, sotto accusa per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver negato, nel 2019, lo sbarco a 147 migranti soccorsi dalla ONG spagnola Open Arms, il Tribunale di Palermo aveva pronunciato una sentenza limpida. Otto ore di camera di Consiglio per arrivare a una conclusione che per molti era già evidente fin dall’inizio: il fatto semplicemente non era configurabile come reato.

Una assoluzione piena a fronte di una narrazione mediatica “martellante”

Un’assoluzione piena, che aveva sancito la correttezza dell’operato di Salvini nel difendere i confini e la sovranità nazionale, agendo nel pieno delle sue funzioni ministeriali. Una sentenza che aveva restituito dignità a un’azione politica legittima e aveva rappresentato un duro colpo per chi, sull’onda di una narrazione spesso ideologizzata, aveva cercato di criminalizzare scelte del governo (allora, lo ricordiamo, giallo-verde).

Open Arms e Salvini assolto: la Procura non molla la presa

Eppure, a Palermo, la Procura non sembra minimamente intenzionata a voler accettare il verdetto. E l’impugnazione diretta in Cassazione è un’iniziativa che difficilmente può essere letta come una semplice applicazione del diritto. Appare piuttosto come l’ultimo, disperato tentativo di ribaltare una sentenza “scomoda”, e di tenere in vita un caso che, per molti, avrebbe dovuto concludersi definitivamente con l’assoluzione.

In questo contesto, allora, il ricordo della richiesta di condanna a ben 6 anni di carcere avanzata dall’accusa risuona ancora oggi come una stonatura assordante. Era evidente a molti osservatori come l’intero processo fosse viziato da un’impostazione che andava ben oltre la semplice verifica giudiziaria, sconfinando spesso nel terreno della critica politica all’operato di un ministro che aveva “osato” mettere al primo posto gli interessi italiani.

Pm all’ultima mossa

Questa nuova mossa della Procura di Palermo, a pochi mesi da un’assoluzione così netta, alimenta pertanto il dubbio di una “giustizia a orologeria”, che si attiva o si riattiva a seconda della convenienza del momento politico. È un segnale preoccupante per la democrazia e per la fiducia che i cittadini ripongono nelle istituzioni. Se un ministro, assolto con formula piena per aver svolto il proprio dovere, deve continuare a subire attacchi giudiziari a corrente alternata, allora il confine tra giustizia e intromissione politica si fa davvero sempre più labile.

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di Martino Della Costa - 18 Luglio 2025